Madame de Pompadour
La consigliera di fiducia del Re Luigi XV

Jeanne Antoinette Poisson nacque a Parigi il 29 dicembre 1721 da una ricca famiglia borghese, il cui capo era François Poisson (sulla cui paternità ci furono tanti dubbi, di cui di seguito si diranno le ragioni) e la sua consorte era Luise Madeleine de La Motte, una ricca ereditiera. François era nato a Provenchères sur Marne, un villaggio presso Langres, figlio di un tessitore. Era al servizio dell’intendente reale di Amiens, Monsieur de Bernage, che gli procurò un lavoro presso i fratelli Pâris, importanti fornitori dell’esercito francese. Così, andò a Parigi, dove sposò la ricca figlia del commissario della Zecca di Laon ed essendo rimasto vedovo, si risposò con l’avvenente Luise Madeleine, pure lei molto ricca, figlia di un grande fornitore della Corte, e ottenendo, con questo, il titolo di «furiere del duca di Orléans». Jeanne Antoinette viveva in un ambiente sereno, con un buon padre, e con una madre affettuosa ma generosa con le amicizie maschili.

Purtroppo, nel 1726 avvenne un fatto che scombussolò la vita dei Poisson. Infatti, ci furono radicali mutamenti ai vertici del Governo, che portarono alla destituzione del Ministro delle Finanze Charles-Gaspard Dodun, ammanigliato con gli appaltatori Pâris; ciò mise in difficoltà Poisson, quando si scoprì, per giunta, che egli si era impossessato della bella somma di 232.430 lire dell’epoca, ai danni dello Stato. Questa appropriazione indebita gli procurò il sequestro di tutti i beni e la condanna a morte, che evitò dandosi precipitosamente alla fuga e riparandosi ad Amburgo, in Germania. Qui continuò a lavorare per i suoi «angeli custodi», restando in contatto con la famiglia.

Durante l’assenza del padre, la madre continuava a trattenersi con diversi amanti, fra i quali vi fu il Ministro della Guerra Claude Le Blanc e l’intendente generale delle Poste, Charles François Paul Le Normant de Tournehmen. Del resto, furono molti i dubbi sulla paternità che accompagnarono la nascita della bimba Jeanne Antoinette, che giustificherebbero la ragione per la quale Tournehemen se ne prese cura. Quest’ultimo le fornì un’istruzione improntata sulla conoscenza della letteratura, del disegno, della danza, della recitazione, che lei apprese con successo; e la sua vita fu come quella di gente nobile e facoltosa, con un’educazione di buon livello ottenuta prima presso un convento, pagato da Tournehmem, e successivamente con la sua crescita, partecipando alla vita dei salotti frequentati da gente di cultura, artisti, filosofi, letterati.

Per inciso, si può ricordare che, quando Jeanne aveva l’età di nove anni, un’indovina le predisse che sarebbe diventata «poco meno che Regina». Questo responso, al quale fu dato credito in famiglia, rallegrò tanto i genitori che iniziarono a chiamarla «Reinette», cioè «Reginetta», un soprannome che si dimostrò profetico.

Nel 1736 François Poisson, grazie agli interventi da parte delle persone giuste e dell’esborso di tanto denaro, poté rientrare, pulito, in Francia. Jeanne, quando il padre ritornò, non ebbe mai contatti con lui. E fra l’altro lei decise che era giunto il momento di pensare a come muoversi per entrare nell’alta società: la conclusione fu che la soluzione più semplice e sicura sarebbe stata quella di arrivarci attraverso un matrimonio combinato «ad hoc». E, con l’intervento di Tournehmen, quasi un «deus ex machina» della commedia umana, il 9 marzo 1741 la quindicenne ragazza si procurò un marito nella persona del nipote di Tournehmen stesso, il venticinquenne Charles Guillaume Le Normant d’Étiolles, figlio del tesoriere della Zecca, Hervé Guillaume, un giovane di buon carattere e ricco finanziere; questi e i suoi familiari non apprezzarono molto questa proposta, ma una ricca dote, una casa a disposizione e la garanzia di una vita agiata furono tutte ragioni che capovolsero il parere negativo alle nozze. Dopo la nascita di un figlio, vissuto solamente pochi mesi, fu la volta di quella di Alexandrine, il 10 agosto 1744.

Con il prestigioso matrimonio, Madame d’Étiolles ebbe davanti a sé aperte le porte dei più prestigiosi salotti, punti d’incontro degli appartenenti all’aristocrazia che frequentava la Corte, fra i quali si possono ricordare la contessa Elisabeth d’Estrades e la marchesa Marie-Thérèse de La Ferté-Imbault. Jeanne, inoltre, offriva le sue capacità artistiche nelle rappresentazioni nei teatri dove erano le presenze importanti dei duchi de Duras, de Nivernais, de Richelieu, per esempio. Però, tenuto conto che la giovane aveva origini non aristocratiche, erano pochi coloro che partecipavano alla vita del castello d’Étiolles, pur essendo un bel luogo, ricco di vigneti, prati e boschi. Ma lei, imperterrita, aprì le porte a tutti, fra cui letterati, filosofi, artisti, fra i quali erano Montesquieu e Voltaire. Tutto ciò non la soddisfaceva fino in fondo, perché desiderava salire ancora più in alto.

La sua presenza nel castello d’Étiolles giocò a tutto vantaggio per Jeanne, la quale si trovò vicina sia al castello di Choisy, di proprietà del Re Luigi XV, sia a quello di Brunoy della famiglia Pâris, molto abili a fare denaro nello sfruttamento delle occasioni affaristiche favorevoli, come del resto era vezzo di Normant de Tournehmen. Infatti, tale vicinanza favorì l’incontro fra il Sovrano, amante della caccia, e Madame d’Étiolles nelle foreste dei dintorni, soprattutto in quella di Sènalt, ricca di selvaggina.

Altra versione dei fatti, molto più lineare, è orientata verso l’individuazione di una futura amante del Re, giacché, a partire dall’8 dicembre 1744, cominciarono a circolare voci, poi confermate, che si diffusero ovunque nella reggia, secondo le quali era venuta improvvisamente a mancare Madame de Châteauroux, l’amante ufficiale del Re, che così si trovò del tutto solo. Sì, in effetti c’era ancora la Regina, Maria Leszczyńska, figlia dell’ex Re di Polonia, Stanislao Leszczyński, sposata dopo vari negoziati nel settembre 1725, più anziana di sette anni, ma il Re Luigi XV da tempo non si ricordava che fosse sua moglie.

Poteva il Re rassegnarsi a restare solo a 34 anni? Naturalmente era un’ipotesi impensabile. Una situazione che, più favorevole di questa, era impossibile che potesse ripetersi, per cui un ricambio, e non certo in peggio, era urgente.

Così capitò quello che fu il momento giusto da parte del barone Georges René Binet de Marchais, valletto di camera del Delfino, amico dei Pâris e cugino degli Étiolles, per decantare qualità e pregi di Jeanne: questo diede modo al Re di desiderare di approfondirne la conoscenza. Difatti, quando furono celebrate le nozze del figlio Ferdinando di Borbone con Maria Teresa Raffaella di Spagna il 25 febbraio 1745, il de Tournehmen inserì fra gli invitati anche Madame Étiolles; e i festeggiamenti durarono alcune settimane. Nella serata del 27, fu organizzato un ballo in maschera, durante il quale un partecipante era travestito da tasso e corteggiava una giovane e bella cacciatrice. Poi, nella domenica successiva, il Re trascorse la serata nell’abitazione di Jeanne e se ne andò per tornare a Versailles solamente il mattino successivo.

Alla fine, il Re invitò Jeanne a trasferirsi a Versailles e quando il marito ritornò in Francia non trovò la moglie, che aveva portato con sé tutti i suoi beni, ma la richiesta di separazione ufficiale. Il poveretto fu consolato dallo zio che lo fece nominare Fermier Général, carica estremamente redditizia.

Nel frattempo il Re, contento per essere uscito vincitore dalla battaglia di Fontenoy, l’11 luglio 1745, acquistò per Jeanne il castello di Arnac Pompadour, le conferì il titolo nobiliare di Marchesa de Pompadour e, successivamente, quello di duchessa, facendola diventare nell’ambito della Corte, e naturalmente anche fra il popolo, «maîtresse en titre», vale a dire amante ufficiale, «coram populo» e non clandestina. Nel contempo, diede l’incarico a due gentiluomini di Corte, il duca di Gontaut e il giovane abate non per vocazione, ma per freddo calcolo, François de Pierre Permis, accademico di Francia di fresca nomina e futuro Cardinale, di dare alla giovane consigli, di impartirle insegnamenti in merito all’etichetta, ai comportamenti da tenere, all’applicazione delle buone maniere alla reggia: insomma, le furono maestri e l’aiutarono a imparare e applicare le norme del galateo.

Il 14 settembre fu presentata a Corte, e ciò le diede il diritto di partecipare alla vita che in questa si svolgeva, dai pranzi ai balli, però doveva darsi da fare per far comprendere che lei era la favorita del Sovrano, sì, ma anche una valida collaboratrice. E l’occasione giusta capitò quando, il 4 dicembre 1745, in occasione del licenziamento del Ministro delle Finanze, Philipert Orly, si prodigò per la nomina di Normant de Tournehmen, con il diritto di passarla al fratello di Jeanne, Abel Poisson, che era diventato il marchese di Vandières.

Sembra patto fatto: quando una persona raggiunge un certo livello (forse in questo caso sarebbe più esatto dire quando diventa una favorita), attorno a lei si formano sempre due fazioni, di cui una è formata da coloro che la approvano adulandola per trarne profitto, e l’altra è costituita da quelli che la disprezzano. La fazione contraria a Jeanne era rappresentata dai due fratelli conte e marchese d’Argenson, Ministri della Guerra e degli Esteri rispettivamente, e dal conte de Maurepas, Ministro di Casa Reale, che si opponevano alla presenza a Corte della giovane Jeanne perché, secondo loro, metteva a rischio l’autorevolezza e il carisma della classe gentilizia nobiliare e del patriziato.

Per la Pompadour fu necessario appoggiarsi a uno di questi e scelse il partito militare, adoperandosi per fare promuovere il principe de Conti a Generalissimo e il conte Maurizio di Sassonia a Maresciallo di Francia; non solo, ma riuscì a combinare le nozze fra il Delfino, che era rimasto vedovo anzitempo, con la figlia del fratellastro di Maurizio di Sassonia, Augusto III di Polonia; in tal modo, Maurizio di Sassonia vide soddisfatto il suo desiderio di legarsi alla Corona. L’interessamento dimostrato da Jeanne per la scelta di Maria Giuseppina per il matrimonio fu ricordato alla Delfina dal barone Loss, Ambasciatore di Sassonia, procurandole la sua gratitudine. Lei non divenne mai Regina, ma ebbe la grande soddisfazione di mettere al mondo tre maschi che divennero tutti Re: Luigi XVI, Luigi XVIII e Carlo X. Alla sera delle nozze, celebrate il 9 febbraio 1747, dopo i festeggiamenti di rito, durante i quali la Pompadour dimostrò la sua solita grazia, ella partecipò al rito previsto per assicurarsi, per ben due volte, che sul talamo benedetto dal cerimoniere di Corte il matrimonio fosse consumato, essendo tale atto fondamentale per il futuro dello Stato.

Insomma, la presenza costante di Jeanne Antoinette alla Corte Francese fu una ventata di freschezza, anche se non piacque a tutti e scatenò le chiacchiere dei cortigiani. In quell’ambiente non si bisbigliava di altro, con la convinzione, da parte della maggior parte della gente di Corte, che si trattasse di un capriccio passeggero del Re, anche perché a tutti sembrava che la sua nuova favorita si trovasse lì come un pesce fuor d’acqua, con modi che ritenevano non certo da nobildonna: in effetti, secondo loro il linguaggio, lei avrebbe meritato una «ripulita», il suo comportamento non era certo da Corte Reale, per cui necessitava di una «sistemata», mentre gli errori in cui incappava non erano certamente facilmente perdonabili.

Comunque Jeanne era bella e intelligente, si faceva perdonare gli errori e il suo comportamento nei saloni della reggia era tale da attirare l’attenzione e l’ammirazione di tutti, e non solo del Re. Aveva buone qualità canore e ballava divinamente il minuetto (introdotto alla Corte di Luigi XIV da Jean-Baptiste Lully e in breve tempo inserito nei più svariati generi musicali, dal balletto all’opera lirica). Inoltre, una felice scelta da parte di lei fu l’introduzione a Corte del teatro, partecipando spesso personalmente quale interprete alle rappresentazioni delle opere, fra le quali ce n’era pure una scritta da lei, insieme con nobili della Corte.

Così, oltre a essere sempre pronta a soddisfare tutti i «desiderata» del Re, era divenuta pure maestra di cerimonia, riuscendo a dare alla Corte un aspetto di vitalità e di esuberanza giovanile che si sostituiva al grigiore crepuscolare della Corte dei tempi di Luigi XIV. Inoltre, lei era speciale nell’intrattenere gli ospiti nelle cene e nei banchetti organizzati con personaggi illustri adeguatamente scelti, ai quali partecipava pure il Re, che vi trovava un ambiente nel quale rilassarsi, dimenticando per un momento i problemi della Corte e della sua famiglia.

Il Re era veramente soddisfatto del comportamento della sua favorita, tanto che non solo le fece il regalo del castello di Crécy, ma per di più rimise in sesto il padre di Jeanne, sia riabilitandolo sia conferendogli il titolo nobiliare di marchese di Martigny, trasferibile al figlio Abel che per il momento si dovette accontentare – si fa per dire – di avere la Capitaneria di Grenelle (settore di Parigi), che gli fruttò 100.000 lire più un vitalizio di 40.000 lire.

E, mentre il tempo passava, la ventiquattrenne non solo non perdeva terreno, ma il suo influsso sul Sovrano prendeva sempre più piede: infatti il Re ne era tanto ammaliato, incantato, innamorato che non pensò nemmeno per un attimo di mollarla. Proprio per questo fatto, qualche Ministro e qualche dignitario, che si permisero di esprimere il loro deprezzamento nei confronti della giovane, persero il loro posto.

La presenza costante di Madame de Pompadour alla Corte Francese scatenò le chiacchiere dei cortigiani. Intanto, lei si era circondata da famosi illuministi, cioè da quegli studiosi appartenenti al movimento di diversa natura (politica, culturale e altro ancora) che aveva come motto «Sapere aude», ossia si deve osare per giungere alla conoscenza, e che portarono un vento nuovo nella cultura francese. Fra questi era il famoso Voltaire, al secolo François-Marie Arouet. Inoltre lei fece in modo che l’Encicolpédie continuasse a essere stampata.

Era una persona intelligente e, con l’aiuto dell’abate Bernis, si mise sulla giusta strada. Mossa importantissima e azzeccata, fu il suo comportamento con la Regina: infatti ne cercava la compagnia, finché non riuscì ad averne la fiducia, anche se fra sé e sé quest’ultima la disprezzava; molto più apertamente si manifestava il disgusto provato dai figli del Re per la presenza a Versailles di Joanne, che la reputavano «maman-putain»; ma c’è da pensare che lei non se ne sia preoccupata più di tanto, perché continuò a vivere la sua vita a Corte serenamente.

Nel 1748 avvenne un fatto che mise in agitazione i detrattori di Jeanne, che speravano, finalmente, di farla scomparire dalla Corte: infatti era stato nominato Maresciallo di Francia il duca di Richelieu, pronipote del grande Cardinale che tanto aveva scombussolato la Corte Francese, e quei signori speravano che si sarebbe comportato come lui. Ma questi era di tutt’altra stoffa e quando, poi, si scoprì che frequentava Madame de La Poplinière all’insaputa del marito di lei intrufolandosi attraverso il caminetto, si coprì di ridicolo e ogni carriera politica gli fu inesorabilmente preclusa. Pertanto non ci fu nessun cambiamento e tutto rimase come prima.

Però la salute della Pompadour era cagionevole e, con il trascorrere del tempo, rapidamente peggiorava, tanto che il rapporto con il Re divenne solo platonico a partire dal 1750. Divenne di dominio pubblico che lei non era più amante del Re, per cui si credeva, a Corte, che per lei questa faccenda sarebbe finita male: ma avvenne tutt’altra cosa, veramente inaspettata; invero, lei era diventata amica, confidente e consigliera di Luigi XV, il quale la trasferì in un appartamento vicino al suo, con incarichi sempre più importanti. Fra questi fece molto parlare di sé il tentativo, riuscito, di cambiare le alleanze della Francia, che fece connubio con il Sacro Romano Impero, patto che sarebbe stato suggellato nel 1770 con il matrimonio fra il Delfino Luigi Augusto e l’arciduchessa Maria Antonietta d’Austria. Purtroppo Madame de Pompadour non ebbe modo di vedere il risultato della sua opera, perché lasciò questo mondo nel 1764, ancora giovane, essendo solamente quarantatreenne, nel palazzo reale, luogo di dipartita consentito solo ai familiari del Sovrano.

Jeanne-Antoinette fu sepolta a Parigi, nella cappella del Convento dei Cappuccini.

(giugno 2025)

Tag: Mario Zaniboni, Madame de Pompadour, Luigi XV, Jeanne Antoinette Poisson, François Poisson, Luise Madeleine de La Motte, Provenchères sur Marne, Monsieur de Bernage, fratelli Pâris, Charles-Gaspard Dodun, Claude Le Blanc, Charles François Paul Le Normant de Tournehmen, Reinette, Charles Guillaume Le Normant d’Étiolles, Alexandrine, Montesquieu, Voltaire, Madame de Châteauroux, Georges René Binet de Marchais, Maria Teresa Raffaella di Spagna, François de Pierre Permis, Abel Poisson, Jean-Baptiste Lully, duca di Richelieu, Convento dei Cappuccini.