Resistenza e Comunismo
Analisi di un luogo comune troppo spesso ricorrente

La Resistenza al Nazifascismo rappresenta l’elemento portante nella nascita dello Stato Italiano sorto nel secondo dopoguerra. Nonostante questo, negli ultimi tempi sono sorte diverse critiche contro questo movimento, non solo dal punto di vista della sua utilità militare[1] ma anche da quello ideologico. Vi è infatti chi vede la Resistenza come un fenomeno sostanzialmente comunista in cui i partigiani avrebbero lottato per instaurare una dittatura simile a quella avvenuta in Russia. In realtà, simile affermazione è errata per due motivi.

In primo luogo, seppur è vero che una gran parte dei combattenti partigiani (circa il 50%) fosse di estrazione comunista, sarebbe tuttavia estremamente falso dipingere quel movimento come sostanzialmente tale. Basta dire che al vertice politico e militare delle organizzazioni resistenziali vi erano due personalità non comuniste: Alfredo Pizzoni, Presidente del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI); e Raffaele Cadorna, Generale a capo del Corpo Volontari della Libertà (CVL). Non va tra l’altro dimenticato che tra i partigiani vi furono anche non poche persone che si dichiararono apertamente anticomuniste, come il colonnello Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, esponente di maggior rilievo della Resistenza Romana, o il maggiore Enrico Martini (nome di battaglia «Mauri»), comandante delle forze partigiane della provincia di Cuneo.[2]

In secondo luogo, nonostante sia indubitabile che il Partito Comunista Italiano avesse un orientamento dichiaratamente filo sovietico, l’obiettivo immediato dei partigiani comunisti non era quello di «fare la rivoluzione», ma quello di combattere i nazisti assieme alle altre forze antifasciste, coerentemente con le istruzioni date da Stalin a Togliatti. Il leader sovietico era infatti intenzionato primariamente a sconfiggere i nazisti contro cui stava combattendo una durissima guerra, e inoltre era cosciente che non avrebbe potuto avere successo alcuna rivoluzione in una zona controllata dagli eserciti americani. La Resistenza Italiana fu quindi una lotta unitaria di vari partiti, e se è vero che vi furono casi di uccisioni di partigiani da parte di altri partigiani, essi però non raggiunsero mai il livello di guerra civile come si verificò invece nella vicina Jugoslavia tra i partigiani cetnici di Draža Mihailović e i partigiani comunisti del Maresciallo Tito.[3]

L’equazione «partigiano=comunista» si dovette probabilmente al mito della cosiddetta «Resistenza tradita» che, come ricorda lo storico Ernesto Galli della Loggia, è servito soprattutto «al Partito Comunista Italiano all’indomani del 1947-1948 in particolare, come arma polemica per mettere sotto accusa la Democrazia Cristiana e tutti i Governi a maggioranza democristiana, perlomeno fino al 1976, imputando all’una e agli altri di rappresentare un virtuale ripudio, magari parziale e se non altro potenziale, degli ideali della lotta di liberazione». Ciò dunque presupponeva la rivendicazione da parte del Partito Comunista Italiano del «ruolo di solo erede legittimo dei valori alla base dell’evento fondativo stesso, cioè della Resistenza».[4]

Eppure questa rivendicazione probabilmente ha contribuito a danneggiare la Resistenza: il fatto che i comunisti italiani tenessero un «legame di ferro» con l’Unione Sovietica ha messo in ombra il loro sforzo nel combattere il Fascismo. Difficilmente, del resto, si poteva ignorare l’incongruenza che, mentre da un lato questi avevano coraggiosamente combattuto contro la dittatura di Mussolini, dall’altro tendevano a esaltare, almeno finché fu al potere, la dittatura di Stalin.

Eppure, nonostante questi aspetti controversi, non si possono ignorare i meriti di chi partecipò alla Resistenza, e l’eredità positiva che tramandaò al Paese. Questa risiede soprattutto nel fatto che diversi movimenti politici aventi obiettivi diversi (comunisti, azionisti, cattolici, monarchici…) collaborarono tra loro per uno scopo comune, ossia la lotta contro i nazisti e i fascisti. Una lotta che ebbe le sue luci e le sue ombre, ma che grazie al sacrificio di chi la combatté e la supportò, ebbe il grandissimo pregio di costruire un’Italia libera e democratica.


Note

1 Sebbene dal punto di vista strettamente militare abbia avuto scarsa rilevanza poiché non aveva le forze per cacciare da solo i Tedeschi, l’apporto partigiano non può essere sottovalutato: Gaetano Salvemini ha infatti calcolato che la guerra per bande costrinse i nazisti a impegnare contro di loro circa 10 divisioni, rendendole così inutilizzabili su altri fronti. Senza il loro aiuto, la salita in Italia degli Angloamericani avrebbe quindi comportato un numero ben maggiore di perdite di uomini e mezzi. Sandro Fontana, Le grandi menzogne della storia contemporanea, Dal mito della vittoria mutilata alla strage di Marzabotto, Edizioni Ares, Milano 2009, pagina 78.

2 Per queste e altre storie si veda Ugo Finetti, La Resistenza cancellata. Controstoria della liberazione, Il Giornale, Biblioteca Storica, Milano, 2013.

3 A esempio, Paolo Emilio Taviani, che diresse la lotta di liberazione nel Genovesato, affermò che «negli anni della Resistenza ci furono sì dei contrasti fra i partigiani, ma i morti fra noi furono meno di 50. Una cifra che non scandalizza, se la si confronta con quanto accaduto nelle altre Resistenze Europee e Asiatiche». Diverse furono le motivazioni che portarono formazioni diverse di partigiani allo scontro: i conflitti ideologici, la disputa sul territorio da presidiare, la rivalità fra capi, la scelta della strategia da seguire e sul metodo di lotta da attuare. In questo clima vi furono dei partigiani comunisti che uccisero altri combattenti di diverse formazioni, ma a volte erano invece i partigiani comunisti a essere vittima di esponenti di altre ideologie. Confronta Angelo Del Boca, Italiani, brava gente?, Neri Pozza Editore 2005, pagine 282-284.

4 Si veda Ernesto Galli della Loggia, La Resistenza tradita, in Miti e storia dell’Italia Unita, Il Mulino, Bologna 1999, pagine 157-165.

(dicembre 2024)

Tag: Mattia Ferrari, Resistenza, Comunismo, Fascismo, partigiani, Nazismo, Alfredo Pizzoni, Raffaele Cadorna, Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo, Enrico Martini, Stalin, Togliatti, Draža Mihailović, Maresciallo Tito, Ernesto Galli della Loggia, Benito Mussolini, Gaetano Salvemini, Paolo Emilio Tavani.