Olocausto istriano a Laurana
Ricordo dei caduti italiani (1943-1946)

La storia del Secondo Conflitto Mondiale gronda di sangue incolpevole in tutta la Venezia Giulia, dalle città maggiori agli abitati di minore dimensione, dove l’odio slavo ha colpito con particolare virulenza, in specie a guerra finita, come nel caso di Laurana (Golfo del Quarnaro / Provincia di Fiume) che si distingue per la notevole incidenza dei caduti sulla cifra della popolazione residente, e che può essere assunta quale paradigma di riferimento avente validità sostanzialmente generale.

Alla luce della rilevazione specifica più dettagliata – di cui alla cospicua opera di Arturo Conti che si avvale di oltre 50.000 riferimenti personalizzati a caduti della Repubblica Sociale Italiana dal settembre 1943 fino a conflitto largamente concluso – le vittime italiane di Laurana nel quadriennio intercorso dall’armistizio dell’8 settembre in poi furono 67, con una maggioranza assoluta registrata dopo fine guerra, pari a circa tre quinti del totale: si tratta di un fatto che ricorre anche altrove, a testimonianza della maggior propensione a uccidere quando le armi avevano taciuto, e l’impunità garantita dalla vittoria partigiana costituiva una singolare sorta di diritto acquisito.

Coloro che caddero in tempo di guerra (formalmente fino al 25 aprile 1945) persero la vita per fatti attribuibili agli Slavi in una misura superiore al 90%, con poche eccezioni dovute ai mitragliamenti aerei o navali degli Alleati. Anche questo è un dato importante ai fini di un giusto accertamento delle responsabilità, almeno dal punto di vista storico, che non lascia alcun dubbio circa quelle assolutamente prioritarie della parte slava, e dei suoi corifei italiani, sempre proni e pronti a tristi ubbidienze.

Come spesso accadeva, caddero a Laurana anche sette donne, pari a circa il 10%, fra cui le infermiere della Croce Rossa Michela Chersi, Renata Lembo e Lidia Maurel, l’assistente sociale Valeria Martincich, le sorelle Anna e Maria Vischich, e la casalinga Enza Ghersancich unitamente al coniuge Matteo Gianetich. Non serve aggiungere che, a più forte ragione perché donne, e perché generalmente dedite a servizi di evidente rilevanza umanitaria e sociale, non avevano colpe, all’infuori della propria nazionalità: pagarono tutte con la vita il fatto di appartenere al popolo italiano, vittima incolpevole di una pulizia etnica senza precedenti.

Per quanto riguarda gli uomini, giova premettere che, in una ventina di casi, si trattava di militari provenienti da altre Regioni Italiane (nell’ordine numerico: Toscana, Friuli, Liguria, Puglie, Sardegna, Sicilia, Basilicata, Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto) che ebbero il solo torto di trovarsi nel luogo sbagliato al momento giusto per finire preda degli assassini, assieme a un’altra ventina di commilitoni che avevano origini locali.

La maggioranza assoluta dei caduti militari apparteneva alla Decima Flottiglia MAS che vide l’estremo sacrificio di 22 suoi uomini, seguiti da cinque della Guardia Nazionale Repubblicana, da quattro della Marina Militare, e con incidenze progressivamente minori, da appartenenti all’Esercito, al Partito Fascista Repubblicano, all’Organizzazione Todt, alla Polizia di Stato, all’Opera Nazionale Dopolavoro e alla Wehrmacht.

Alcuni erano giovanissimi, come Gennaro Creanza, Mario Gaetano Fré e Boris Lenzi, tutti diciottenni in forza alla Decima, mentre altri si trovavano in età avanzata, come il sessantanovenne assicuratore Mario Grandi Grossmann, Segretario del locale Partito Fascista Repubblicano, assassinato nel carcere di Fiume agli inizi del 1946, e il coetaneo Giovanni Rubini, industriale e volontario Opera Nazionale Dopolavoro, ucciso nella contigua Moschiena durante l’ultima settimana di guerra. A cadere, ci fu persino il cinquantaduenne Umberto Flego, giardiniere del Vescovado Fiumano, e momentaneamente aggregato alla Guardia Nazionale Repubblicana.

Nel caso dei civili, pari a circa un terzo del totale, si trattava quasi esclusivamente di lavoratori, con riguardo prioritario a dirigenti, funzionari, impiegati e addetti ai servizi, politicamente non impegnati ed esenti da ogni colpa. Nondimeno, non mancano uno spazzacamino nella persona di Luigi Fuchs, ucciso il 5 maggio 1945, anch’egli a Laurana, per non dire dei due fruttivendoli pugliesi accomunati nel nome di Raffaele Paiano («junior» e «senior») assassinati nella medesima località il precedente 29 aprile.

Un destino particolarmente amaro di 15 caduti, sempre lauranesi, fra cui sette infoibati nelle prossime cavità del Monte Maggiore, fu quello di essere rimasti senza tomba e «abbandonati alle ortiche di deserta gleba» come da celebre indicazione del Poeta. Altri ebbero in sorte la pena aggiuntiva di una lunga prigionia, come accadde al marinaio Vladimiro Camsa, scomparso dopo circa due anni di detenzione nel carcere di Fiume il 28 novembre 1946, a seguito di quali angherie è facile immaginare. Taluni andarono incontro all’estremo sacrificio assieme a propri familiari, come accadde per Simeone Cottiero, ucciso il 30 giugno 1944 con il fratello Francesco, e per il già menzionato Matteo Gianetich ucciso assieme alla moglie.

Non è difficile comprendere che si tratta di storie personali, generalmente umili, fatto logicamente presumibile in base alle caratteristiche demografiche e sociali del Comune di Laurana che ancor oggi, dopo l’esodo plebiscitario dei suoi abitanti, esprime una presenza di circa 4.000 residenti, in gran parte immigrati, mentre l’incidenza degli italiani rimasti arriva al 2%, con un ruolo esclusivamente simbolico. Ebbene, sono proprio questi caratteri di modestia e di umiltà a porre in evidenza, a più forte ragione incontestabile, che anche a Laurana – come nel resto della Venezia Giulia – fu perpetrato un gravissimo delitto contro l’umanità.

Anche dal caso di un centro abitato di modeste dimensioni demografiche come quello in esame, emerge la dura e perversa realtà di un ostracismo indiscriminato nei confronti della popolazione italiana, privo di ogni giustificazione. Nella fattispecie, non emerge nemmeno quella che possa essere attribuibile a una guerra d’aggressione, essendo ormai accreditato anche in sede storiografica che il colpo di Stato di Belgrado avvenuto in Jugoslavia nel marzo 1941 fu decisivo ai fini dell’improvviso cambiamento di scelta politica e militare a danno della Germania, dell’Italia e dei loro alleati, inducendo la conseguente necessità strategica e tattica di scendere in campo. Nell’immediato, il conflitto si risolse a brevissimo termine con la piena vittoria dell’Asse, cui fece seguito, peraltro, una lunga guerriglia partigiana ampiamente supportata dalle forze anglo-americane, fino al pieno successo di Tito e all’avvento della sua Repubblica Federativa (1945).

Sono trascorsi circa quattro quinti di secolo, ma il comune rimpianto – suffragato dalla Legge 30 marzo 2004 numero 92 istitutiva del Ricordo dell’esodo, delle foibe, e delle «complesse vicende del confine orientale» – vive nel cuore dei superstiti, dei discendenti e degli Italiani migliori, unitamente al commosso omaggio dovuto a chi fece olocausto della vita, affermando il proprio encomiabile patriottismo e la sua altissima fede.


Sessantasette caduti italiani di Laurana (1943-1946)

Aliotta Gioacchino, Bellugi Enzo, Calabria Renato, Camsa Vladimiro, Cellini Armando, Chersi Michela, Cherubini Tullio, Cociani Giovanni, Cottiero Francesco, Cottiero Simeone, Creanza Gennaro, Cristofoli Severino, Dazzara Armando, Degli Angioli Mario, Dall’Olio Bartolomeo, Di Todaro Giuseppe, Dobrez Giuseppe, Ferretti Domenico, Flego Umberto, Franchini Franchino, Fré Mario Gaetano, Frigerio Cecilio, Fuchs Luigi, Garavaglia Marco, Gardi Luigi, Gatto Giovanni Settimo, Geletti Enea, Ghersancich Enza, Ghersancich Giovanni, Giacovassich Carolina, Giacovassich Giuseppe, Gianetich Matteo Antonio, Gianetich Michele, Gianporcaro Ignazio, Giassi Nicolò, Grandi Grossmann Mario, Iori Eliseo Paolo, La Rossa Salvatore, Lembo Renata, Lenzi Boris, Lucatti Claudio, Malesi Gualtiero, Martincich Valeria, Maurel Lidia, Meintz Alessandro, Montemaggi Pio, Paiano Raffaele «senior», Paiano Raffaele «junior», Pappalardo Vittorio, Pescatori Giuseppe, Poli Giovanni, Pusceddu Angelo, Ricciardi Vincenzo, Riva Celso, Rubini Giovanni, Rubino Antonio, Sacchi Giovanni, Scantamburlo Daniele, Scaramuccia Osvaldo, Stagno Gabriele, Tenaglia Lamberto, Tortorici Ettore, Vianello Vinicio, Vigiack Francesco, Vischich Anna, Vischich Maria, Zmarich Manfredi.

(Fonte: Elaborazione da Albo Caduti e Dispersi della Repubblica Sociale Italiana a cura di Arturo Conti, Istituto Storico Onlus, Bologna 2003, 750 pagine).

(dicembre 2024)

Tag: Carlo Cesare Montani, olocausto a Laurana, Arturo Conti, Michela Chersi, Renata Lembo, Lidia Maurel, Valeria Martincich, Anna Vischich, Maria Vischich, Enza Ghersancich, Matteo Gianetich, Gennaro Creanza, Mario Gaetano Fré, Boris Lenzi, Mario Grandi Grossmann, Giovanni Rubini, Umberto Flego, Luigi Fuchs, Raffaele Paiano, Vladimiro Camsa, Simone Cottiero, Francesco Cottiero, Maresciallo Tito, Laurana, Venezia Giulia, Quarnaro, Fiume, Toscana, Friuli, Liguria, Puglie, Sardegna, Sicilia, Basilicata, Campania, Lazio, strage di Laurana, Lombardia, Piemonte, Veneto, Moschiena, Monte Maggiore, Belgrado, Jugoslavia, Germania, Italia, Repubblica Sociale Italiana, Decima Flottiglia MAS, Guardia Nazionale Repubblicana, Marina Militare Repubblicana, Esercito Repubblicano, Partito Fascista Repubblicano, Organizzazione Todt, Polizia di Stato, Opera Nazionale Dopolavoro, Wehrmacht, Laurana, Forze dell’Asse, Legge 30 marzo 2004 numero 92.