Giarabub, l’ultimo avamposto
Una pagina di autentico eroismo, presto entrata nella leggenda

Nella primavera-estate 1941 il tragico evento della caduta della piazzaforte per mano degli Inglesi. Vi era una canzone che risuonava dai microfoni dell’EIAR da un capo all’altro dell’Italia e dalle sue parole traspariva la caduta di Giarabub nel deserto libico.

«Colonnello non voglio pane, voglio piombo pel mio moschetto, ho la terra del mio sacchetto che per oggi mi basterà». Quanti ragazzini delle scuole, balilla e piccole italiane cantavano con dolore questa canzone e pensavano ai nostri soldati, laggiù, in un deserto infocato.

L’oasi di Giarabub si trova in Libia, quasi al confine con l’Egitto, a centinaia di chilometri nell’interno e fu abitata dal 1856 da una confraternita religiosa, la Senussia, che la bonificò e la trasformò in un ridente giardino con migliaia di palme da dattero, culture di orzo, di grano, di riso e le arricchì di parecchi edifici tra i quali moschee, conventi e la tomba di Mohammed es-Senussi, il fondatore. Nel 1926, durante la riconquista della Libia diretta dal generale Graziani, una colonia italiana occupò l’oasi e vi costruì un fortino dove si stabilì una guarnigione a controllo di un sistema di piste che portavano sia verso l’interno che verso il mare e dall’oasi si diramava verso Nord una serie di posti fortificati a guardia del confine: Ridotta Maddalena, Scegga, Sceferzen, Sidi Omar, Ridotta Capuzzo sino a giungere al mare a Bardia. Compito della guarnigione, impedire l’ingresso di contrabbandieri ed elementi ostili. Con l’entrata in guerra dell’Italia, il 10 giugno 1940, il presidio fu rinforzato con truppe nazionali e libiche dotate di poca artiglieria leggera e di automezzi per formare colonne celeri, dato che l’oasi aveva un’importanza strategica in quanto bloccava anche una pista che passando per Gialo ed El-Agheila portava al Golfo della Sirte tagliando fuori la Cirenaica.

Giarabub

Veduta aerea di Giarabub

Sin dai primi giorni di guerra reparti britannici del Long Range Desert Group con le loro ottime camionette armate, cominciarono a sondare le difese dell’oasi impegnando sporadici combattimenti con i difensori ed effettuando qualche bombardamento aereo. Il presidio rimase ben presto isolato e i rifornimenti aerei avvenivano saltuariamente ma, con l’arrivo di reparti di Guardia alla Frontiera, con artiglierie leggere e medie, la situazione si stabilizzò.

Il 10 dicembre 1940 scattò l’offensiva inglese e in breve furono travolti il Raggruppamento Maletti, due Divisioni Libiche, altre dell’esercito e delle Camicie Nere, il nemico dilagò in Cirenaica mettendo fuori combattimento un’intera Armata che ebbe migliaia di morti, 130.000 prigionieri e perse ingenti quantità d’armi. Le truppe italiane si batterono con coraggio contro un nemico inferiore di numero ma appoggiato da numerosi e potenti carri armati e furono rigettate al confine della Tripolitania dove l’avanzata si arrestò.

L’oasi fu nuovamente isolata e fu investita da truppe australiane ed iniziarono così attacchi e contrattacchi con i quali il presidio rispondeva, ma rifiutando ogni intimazione di resa anche se, ogni giorno, si faceva più grave la mancanza di viveri e armi, nonostante il coraggio dei piloti della Regia Aeronautica che tentavano atterraggi rischiosissimi. Il Comandante, Tenente Colonnello Castagna fu l’animatore della resistenza infondendo la volontà di continuare a combattere sebbene condannati all’annientamento. Ma i valorosi Italiani si misero a cantare: «Colonnello non voglio il cambio, qui nessuno ritorna indietro, non si cede neppure un metro finché morte non passerà».

Nella seconda metà di marzo gli Australiani portarono una serie di assalti ed i singoli gruppi di difensori si battevano disperati e isolati.

Il 21 marzo 1941 la guarnigione, senza più viveri e munizioni cessò la resistenza e contò un centinaio di morti e 500 feriti.

Fu un episodio bellico di valore in cui Italiani e Libici combatterono con coraggio, tenacia e dignità, meritando anche l’ammirazione del nemico.

«Colonnello non voglio encomi, sono morto per la mia terra e la fine dell’Inghilterra incomincia da Giarabub», e i piccoli balilla e le piccole italiane terminavano con: «Inghilterra, Inghilterra, la tua fin segnata è già».

Non si può, né si deve dimenticare il grande sacrificio del glorioso soldato italiano!

(luglio 2010)

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