Ausiliarie cadute nelle zone del confine
orientale
Una pagina di storia che vive nel segno
dell’onore (1943-1947)
La tragedia italiana che ebbe luogo con la Seconda Guerra Mondiale fu particolarmente dura nelle zone del confine orientale, anche per quanto riguarda il numero delle vittime e la loro incidenza sulle cifre globali, notevolmente più alta della media. Le storie individuali e quelle collettive, con particolare riguardo alle forze in campo, non fanno eccezione: un esempio probante, fra i tanti, è quello delle Ausiliarie che operarono a favore della Repubblica Sociale Italiana durante lo scorcio conclusivo del conflitto, e più precisamente nel periodo compreso fra la primavera del 1944 e quella del 1945.
La maggior parte delle Ausiliarie cadute, in numero che è rimasto indefinito ma che si colloca in parecchie centinaia di unità – molte delle quali scomparse dopo la fine del conflitto nella plumbea stagione di sangue voluta dal vincitore – apparteneva al SAF (Servizio Ausiliario Femminile) agli ordini della Generalessa Piera Gatteschi Fondelli, unica donna ad avere rivestito tale massimo grado della gerarchia militare nel corso della storia italiana. Non mancarono, peraltro, diverse formazioni autonome in armi, al servizio di singoli reparti, nella misura di circa due quinti rispetto al totale, e nell’ordine complessivo – ivi comprese le unità in forza al predetto Servizio – delle 10.000 arruolate[1].
Nei distretti prossimi al confine orientale le Ausiliarie cadute furono almeno 40, come emerge dai dati storiografici essenziali[2], con un’incidenza nettamente superiore a quella di altre Regioni, pur dovendosi considerare che il sacrificio dei loro reparti sarebbe andato a consumarsi nel solo territorio dell’Italia Settentrionale, vale a dire nelle zone controllate dalla Repubblica Sociale Italiana.
Alcuni dati emergono con tutta chiarezza dalle semplici notizie anagrafiche disponibili per ciascuna vittima: anzitutto, un’età media di circa 27 anni, con punte minime riferite alle minori, come le diciannovenni Domenica De Giorgio, Regina Peresson e Gina Maria Sabottig, la diciottenne Rina Massarin e la giovanissima Romea (Roma) Rioli, appena quindicenne. Dal canto loro, sono poche le Ausiliarie più mature, come Lea Romano Luppi di 40 anni, Celeste Bledig di 46, Lucia Serra di 48, e Angela Baroni Prizzon di 56. Per quanto riguarda le origini, la maggior parte era di provenienza locale, ma non mancano donne venute dal lontano Mezzogiorno, come Amabile Di Giovanni da Altavilla Irpina e Anna Cosentino da Foggia, per non dire di Jeanne Bonnet di nascita francese, quasi ad attestare l’ampiezza di un «richiamo» in primo luogo etico.
I metodi criminali più ricorrenti, adottati per «eliminare» le vittime, furono gli agguati e le fucilazioni indiscriminate. Accanto a questi, non mancano i casi di donne infoibate, del resto tipici del territorio, come quelli di Luigia Del Frari e Lucia Serra, martiri del Fous Balancetta in agro di Travesio (Spilimbergo) e quelli di Vida Carli/Kralj, Rossanda Kral e Milka Modarc, che conobbero l’infame destino della foiba in zone carsiche, in agro di Ternovizza (Monfalcone) per le prime due, e di Corgnale (Trieste) per la terza. Aggiungere che molte vittime furono seviziate e oltraggiate nella propria femminilità prima della morte liberatrice è quasi pleonastico, visto il comportamento assunto dagli aguzzini nei confronti delle donne, con riguardo prioritario alle più giovani. In altri termini, il «trattamento» riservato a quelle più note come Norma Cossetto o Dora Ciok era tutt’altro che una tragica esclusiva.
Esistono anche casi quasi paradossali come quello di Caterina Prizzon, caduta in un attentato presso Buia (Udine), e della zia Angela Baroni Prizzon che aveva avuto il triste compito di recuperarne le spoglie mortali per avviarla a onorata sepoltura, ma per essere a sua volta freddata dai partigiani in occasione dei funerali della medesima Caterina, quando gli assassini non si fecero scrupoli di sorta, anche per manifestare un’evidente padronanza del territorio che la dice lunga circa le condizioni in cui le Ausiliarie, e non soltanto loro, dovevano operare.
Un altro dettaglio importante riguarda la tempistica delle esecuzioni. A questo riguardo, conviene porre in evidenza che in 16 casi su 40 le vittime furono «giustiziate» a guerra finita (due volte nei tristemente noti «campi» sloveni come accadde per Linda Lucia Benaglia, deceduta a Lubiana nel 1946 durante la prigionia, e per Lea Romano Luppi, anch’essa scomparsa in Slovenia dopo un’allucinante detenzione di oltre due anni e mezzo, con quali angherie è facile immaginare). Diversamente da quanto accadde nelle altre zone dell’Italia Settentrionale, dove la maggior parte delle Ausiliarie cadute scomparve a guerra terminata, nel caso di specie accadde il contrario, per l’esattezza in tre quinti dei casi: ecco un altro segno della maggiore opportunità di azione che le bande partigiane ebbero in Venezia Giulia e Friuli, anche per la disponibilità di supporti «popolari» d’oltre confine[3].
Oggi la storia delle Ausiliarie è quasi dimenticata, ma questo è un buon motivo in più per onorarne la memoria: in primo luogo di coloro che, operando nelle zone del confine orientale, si batterono per un impegno di fede, anche nei confronti degli avi che avevano versato il proprio sangue per completare l’Unità della Patria, e per un convinto rifiuto della prassi di chi, promuovendo l’ateismo di Stato e il collettivismo forzoso, si poneva agli antipodi della civiltà cristiana, cui quelle donne vollero testimoniare l’appartenenza, fino all’estremo sacrificio.
Le Ausiliarie non sono state condannate soltanto all’oblio, ma nello stesso tempo, anche alla discriminazione, tanto da potersi affermare che almeno in qualche caso sono state uccise due volte. Ad esempio, per Caterina Prizzon è stata rifiutata la concessione della Medaglia (di semplice valore morale) statuita dalla Legge 30 marzo 2004 numero 92, istitutiva del Ricordo, con la paradossale pronuncia negazionista secondo cui il suo assassinio a opera partigiana sarebbe stato un’azione civile di guerra, quasi a voler dimostrare che le motivazioni di conferimento delle onorificenze costituiscono una variabile indipendente.
A ogni buon conto, sta di fatto che le Ausiliarie sono cadute sul campo dell’onore. Se non altro come tali, hanno diritto al comune rispetto e, quindi, a non essere oggetto di un ostracismo senza dubbio anacronistico, tanto più che la nobiltà del loro sacrificio è corroborata dal fatto che si arruolarono tutte volontariamente quando le sorti del conflitto volgevano, per tutta evidenza, verso un esito infausto (spesso per la loro stessa vita) che, lungi da ogni valutazione opportunistica, ne avrebbe esaltato il profondo significato etico.
1 La maggioranza assoluta delle Ausiliarie fu operante nell’ambito del SAF, ed è stimabile in almeno 6.000 unità, anche se il numero esatto non è conosciuto perché alla vigilia della resa (aprile 1945) la Comandante Gatteschi Fondelli, d’intesa con Alessandro Pavolini e altre Autorità della Repubblica Sociale, decise di bruciare gli archivi nell’intento, riuscito soltanto in parte, di sottrarre le Ausiliarie stesse alle prevedibili vessazioni e vendette partigiane. Per quanto riguarda le altre, il gruppo di maggiore rilievo numerico fu quello delle donne inquadrate nelle Brigate combattenti, e come tali, abilitate all’utilizzo delle armi; nondimeno, nel caso di Venezia Giulia e Friuli, dove la sovranità della Repubblica Sociale Italiana era affievolita dalla presenza militarmente decisiva delle Forze Armate del Reich, quasi tutte le Ausiliarie, con la sola eccezione conosciuta di Amabile Di Giovanni (testimoniata dallo storico Marco Pirina), appartennero al SAF e in quanto tali non ebbero porto d’armi.
2 La storiografia di riferimento, di cui all’acclusa nota bibliografica, è piuttosto circoscritta, e in molti casi necessita di utilizzazioni prudenti e di conseguenti verifiche incrociate. La fonte quantitativamente più consistente, da integrare con le altre, è quella di Marco Pirina, con oltre 400 nomi di Ausiliarie cadute, mentre quella, pur giornalisticamente ragguardevole, di Luciano Garibaldi non supera il centinaio. Oltre 350 nomi femminili di vittime degli Slavi, peraltro non riferiti ad Ausiliarie definite tali (con la sola eccezione di Lea Romano), è reperibile nella silloge di Giuseppina Mellace (la cifra qui riportata si riferisce al netto da nomi di condannate a pene detentive o fiscali, da cadute in altri comprensori extra regionali, e da frequenti duplicazioni di cognomi).
3 Giova aggiungere che fra le 40 Ausiliarie cadute in Friuli e Venezia Giulia ne figurano due scomparse ancor prima della costituzione ufficiale del SAF. Si tratta di Maria Jeuscek in Baron e di Milka Modarc, uccise rispettivamente a Comeno e Corgnale: in entrambi i casi, sull’Altipiano Carsico. Entrambe conobbero il proprio orribile destino alla fine del 1943, quando la costituzione del Corpo era già in programma, ma soprattutto quando le condizioni della zona, già contraddistinta da forti presenze partigiane, avevano indotto un primo apporto di volontariato, anche femminile.
ANTONEL VITTORIA (1927-1945) di anni 18, uccisa a guerra terminata a Brugnera (PN) il 30.04. 1945 .
BARONI ANGELA PRIZZON (1889-1944) di anni 55, uccisa a Buia (UD) il 7.11.1944.
BENAGLIA LINDA LUCIA (1922-1946) di anni 24, uccisa a guerra terminata a Lubiana (Slovenia) nel 1946.
BLEDIG CELESTE (1898-1944) di anni 46, uccisa a Stregna (UD) il 24.05.1944.
BLEDIG GIOVANNA (1920-1945) di anni 25, uccisa a Drenchia (UD) il 10.04.1945.
BONNET JEANNE (1920-1944) di anni 24, uccisa a Castelnuovo (PN) il 30.11.1944.
CARLI/KRALJ VIDA (1919-1945) di anni 26, uccisa in foiba a guerra terminata ad Aurisina (TS) il 5.05.1945.
CONCINA MARIA (1918-1945) di anni 27, uccisa a guerra terminata a Meduno (PN) il 13.05.1945.
COSENTINO ANNA (1918-1945) di anni 27, uccisa a Brugnera (PN) il 23.04.1945.
COSMO ITALIA ANNA (1909-1944) di anni 35, uccisa a Brugnera (PN) il 1°.12.1944.
DEGANO GINA (1920-1945) di anni 25, uccisa a Udine il 15.04. 1945.
DEGANO JOLANDA BIANCHI (1915-1945) di anni 30, uccisa a Ronchi dei Legionari (GO) il 10.01.1945.
DE GIORGIO DOMENICA (1926-1945) di anni 19, uccisa a guerra terminata a Forgaria (UD) il 28.08.1945.
DEL FRARI LUIGIA (1921-1944) di anni 23, uccisa in foiba a Travesio (PN) il 20.08.1944.
DESSÌ EUGENIA (1922-1945) di anni 23, uccisa a guerra terminata a Gorizia il 7.05.1945.
DI GIOVANNI AMABILE (1910-1945) di anni 35, uccisa a guerra terminata a Trieste il 3.05.1945.
DI NINNO IDA, uccisa a guerra terminata a Trieste il 1°.05.1945.
GIORDANI ANNA MARIA, uccisa a guerra terminata a Gorizia il 15.05.1945.
JEUSCEK MARIA BARON (1915-1943) di anni 28, uccisa a Comeno (TS) il 6.11.1943.
KRAL ROSSANDA (1923-1945) di anni 22, uccisa in foiba a guerra terminata a Trieste il 5.05.1945.
LIUSSI NELLA (1921-1945) di anni 24, uccisa a Tarcento (UD) il 26.01.1945.
MARASIN MARIA, uccisa a guerra terminata a Monfalcone (GO) il 6.05.1945.
MASSARIN RINA (1926-1944) di anni 18, uccisa a Monfalcone (GO) il 29.12.1944.
MAURUTTO NELLA (1924-1945) di anni 21, uccisa a guerra terminata a Staranzano (GO) il 23.05.1945.
MAZZARIOL LUCINA CHIARA (1923-1945) di anni 22, uccisa a Caneva (PN) il 7.04.1945.
MODARC MILKA (1920-1943) di anni 23, uccisa in foiba a Corgnale (TS) il 18.12.1943.
MOREALE INES (1925-1945) di anni 20, uccisa a Stregna (UD) il 31.03.1945.
MORETTI NORMA (1922-1945) di anni 23, uccisa a Sacile (PN) il 22.04.1945.
PACCO MARIA (1914-1945) di anni 31, uccisa a Trieste il 17.02.1945.
PALUDETTO ADRIANA (1922-1945) di anni 23, uccisa a guerra terminata a Trieste il 4.05.1945.
PECHIAR NERINA, uccisa a Salcano (GO) il 16.01.1945.
PERESSON REGINA (1926-1945) di anni 19, uccisa a guerra terminata a Gorizia il 2.05.1945.
PREDAZ TERESA PREGARZ, uccisa a guerra terminata a Trieste il 2.05.1945.
PRIZZON CATERINA (1923-1944) di anni 21, uccisa a Buia (UD) il 31.10.1944.
RIOLI ROMEA (1930-1945) di anni 15, uccisa a Gorizia il 22.03.1945.
ROMANO LEA LUPPI (1907-1947) di anni 40, uccisa a guerra terminata a Lubiana (Slovenia) il 30.10.1947.
SABOTTIG GINA MARIA (1926-1945) di anni 19, uccisa a Drenchia (UD) il 10.04.1945.
SALERNO LILIANA MOLINAR (1923-1945) di anni 22, uccisa a San Dorligo della Valle (TS) il 28.04.1945.
SERRA LUCIA (1896-1944) di anni 48, uccisa in foiba a Travesio (PN) il 18.08.1944.
ZAMPAN ROMANA, uccisa a Monfalcone (GO) il 5.01.1945.
Informazioni d’interesse prioritario, a carattere ufficiale, provenienti dalle fonti di riferimento che si elencano di seguito, a supporto generalmente incrociato per controllo.
Archivio storico «on-line» Lino Valentini – Caduti@laltraverita, ultima edizione aggiornata
Bartoli Gianni, Le deportazioni nella Venezia Giulia, Fiume e Dalmazia, Edizione Tipografia Moderna, Trieste 1961, 248 pagine
Fondazione Istituto Storico Repubblica Sociale Italiana, Albo Caduti e Dispersi della Repubblica Sociale Italiana, a cura di Arturo Conti, Edizione TDM, Cicogna / Terranova Bracciolini (Arezzo) 2005, 750 pagine
Garibaldi Luciano, Le soldatesse di Mussolini, con il memoriale inedito di Piera Gatteschi Fondelli, Edizioni Mursia, Milano 1997, 140 pagine (con omissioni di molti nomi)
La Perna Gaetano, Pola Istria Fiume (1939-1945). L’agonia di un lembo d’Italia e la tragedia delle foibe, Edizioni Mursia, Milano 1999, 450 pagine
Mellace Giuseppina, Una grande tragedia dimenticata: la vera storia delle foibe, Edizioni Newton Compton, Milano 2018, 330 pagine (con elenco di vittime femminili ma con molti errori e omissioni)
Papo de Montona Luigi, Albo d’Oro: la Venezia Giulia e la Dalmazia nell’ultimo conflitto mondiale, seconda edizione, Unione degli Istriani, Trieste 1989, 760 pagine
Pirina Marco, 1943-1945: Donne nella Guerra civile italiana, Centro Studi e Ricerche «Silentes Loquimur», Pordenone 2008, pagine 1-127
Società di Studi Fiumani-Hrvatski Institut zu Povijest, Le Vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni (1939-1947), Edizioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Roma 2002, 702 pagine.