Adriano Visconti, l’Asso dimenticato
Il miglior pilota dell’Aviazione Italiana
durante la Seconda Guerra Mondiale, celebrato negli Stati
Uniti, in patria è un personaggio tabù
Una sana ricerca storiografica deve innanzitutto prescindere dalle personali convinzioni dello studioso che la compie: quando esse prendono il sopravvento, la ricerca diviene non studio ma bieca divulgazione ideologica, spesso notevolmente distante dalla realtà che si pretende descrivere.
La figura del maggiore pilota Adriano Visconti di Lampugnano, comandante del 1° Gruppo Caccia «Asso di bastoni» e il migliore Asso Italiano della Seconda Guerra Mondiale, è emblematica: a 70 anni dai fatti, viltà, grettezza d’animo, opportunismo politico l’hanno portata ad essere quasi completamente ignorata in patria. L’erede fedele dei vari Baracca, Ruffo di Calabria, Scaroni (soldati che diedero lustro all’Italia, con dedizione ed immenso valore), non ha avuto onori, ma la voluta dimenticanza del suo nome e delle sue gesta da parte di chi dopo la guerra stava ai vertici dell’Arma azzurra, e che si è sempre ben guardato dal citarlo in ogni occasione ufficiale, forse nel timore di danneggiare la propria carriera. Egli non è neppure citato nella poderosa Seconda Guerra Mondiale di Enzo Biagi, in 8 volumi di grande formato, oppure nelle varie ristampe dell’Enciclopedia Italiana edite da Treccani. Né compare nella graduatoria italiana; come se non fosse mai esistito. Una vicenda surreale, che sembra scaturita da un incubo orwelliano.
Potremmo allora chiederci, con espressione manzoniana, chi era costui?
Foto di Adriano Visconti
Adriano Visconti di Lampugnano nacque a Tripoli l’11 novembre 1915, figlio di Galeazzo Visconti e Cecilia Dall’Aglio, emigrati in Libia in seguito alla colonizzazione italiana. Si arruolò nella Regia Aeronautica, come allievo del corso «Rex» dell’Accademia Aeronautica, il 21 ottobre 1936 e conseguì il brevetto di pilota militare presso la scuola d’aviazione di Caserta. Nel 1939 fu assegnato alla 159a Squadriglia del 50° Stormo d’Assalto. Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu trasferito con il suo reparto in Africa, presso l’aeroporto di Tobruk, dove continuò a combattere sui Breda Ba.65 e sui Caproni Ca.310. Venne poi trasferito alla 76a Squadriglia del 54° Stormo Caccia Terrestre, dove imparò a volare sui caccia Macchi M.C.200. In seguito, dopo essere stato promosso capitano, divenne comandante della 310a Squadriglia Caccia Aerofotografica. Abilissimo sia nei combattimenti aerei sia nelle azioni a volo radente per mitragliare e spezzare forti masse meccanizzate nemiche, contribuiva a distruggere velivoli e ad immobilizzare autoblindo e carri armati avversari, più volte rientrando alla base con l’apparecchio colpito dalla violenta reazione contraerea. Alcune sue imprese hanno un sapore quasi leggendario: il 29 aprile 1943, per esempio, guidò 12 Macchi M.C.202 del 7º Gruppo all’attacco di oltre 60 tra Supermarine Spitfire e Curtiss P-40, ne sconvolse la formazione ed abbatté un P-40, aiutando poi i suoi compagni ad abbatterne altri, fino a conseguire la vittoria. Si batté sempre con onore e grande valore, come un uomo d’altri tempi, amato dai suoi soldati, sempre fedele al suo motto: «Piuttosto morire, per mantenere una parola, che morire da traditore».
Questa sua linea di pensiero fu quella che lo portò, dopo l’8 settembre 1943 e l’assurdo schierarsi del Re a fianco degli Alleati, ad aderire alla Repubblica Sociale Italiana, partecipando alla formazione dell’Aeronautica Repubblicana, al comando dapprima della 1a Squadriglia ed in seguito, dopo la sua nomina a maggiore, del 1° Gruppo Caccia «Asso di bastoni».
1.400 ore di volo consumate in attività belliche, 591 missioni di guerra, 72 combattimenti con 26 vittorie accreditate (19 aerei abbattuti nella Regia Aeronautica e 7 nella Aeronautica Repubblicana) e 18 probabili, secondo le graduatorie straniere, sono le cifre che – pur nella loro arida schematicità – mostrano il valore di Visconti. Il suo record di vittorie, a prima vista non eccezionale se rapportato a quello dei più famosi assi tedeschi, rifulge di più alta luce se si considera che fu conseguito con aerei obsoleti e quasi disarmati, trattandosi anche di M.C.202, terribilmente inferiori rispetto ai più veloci e meglio corazzati Spitfire, Mustang, Zero, Messerschmitt, Yakovlev dei piloti stranieri. Due volte venne abbattuto in battaglia, e fu menomato fisicamente dai postumi delle ferite. L’ultima missione fu il 19 aprile 1945, quando abbatté il B-24 del capitano Walter Sutton; catturato illeso insieme a tutto il suo equipaggio, Sutton ebbe parole di alta ammirazione per il coraggio degli aviatori avversari. Adriano Visconti si guadagnò 2 Medaglie di Bronzo, 6 d’Argento, 3 Croci di Ferro, 1 promozione per merito di guerra e a soli 30 anni di età, sempre al comando del 1° Gruppo Caccia, ebbe il meritato titolo di Asso dell’Aviazione Italiana.
La sua immeritata fine non avvenne nel cielo, in uno scontro epico, ma nel tetro cortile di una caserma milanese vicino all’aeroporto di Malpensa, alle 2 del pomeriggio del 29 aprile 1945, dopo la fine del conflitto, nei giorni in cui si scatenava la mattanza contro chiunque avesse fatto parte del passato Regime (ed anche contro chi fascista non lo era né lo era mai stato). Adriano Visconti aveva firmato il giorno prima la resa del suo reparto (circa 1.000 uomini) con la garanzia della libertà ai sottufficiali ed agli avieri del Gruppo, l’incolumità personale di tutti gli ufficiali e l’impegno di consegnarli alle autorità militari italiane o alleate come prigionieri di guerra; l’accordo era stato controfirmato da rappresentanti della Regia Aeronautica, del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, del Comitato di Liberazione Nazionale e da 4 capi partigiani. Ma questo non ebbe alcun valore. Con la scusa di condurlo ad un colloquio di routine, Visconti fu prelevato da alcuni partigiani comunisti e mentre veniva accompagnato, insieme al suo aiutante sottotenente Stefanini, attraverso il cortile della caserma del «Savoia Cavalleria» nella quale si trovava prigioniero delle brigate garibaldine «Redi» e «Rocco», gli fu sparata alle spalle una raffica di mitra. Cadde in ginocchio e venne finito da due colpi di pistola, sparati da distanza ravvicinata alla testa. Il partigiano che aveva sparato fu incriminato e subito prosciolto, in quanto l’omicidio di un uomo prigioniero e disarmato fu considerato legittimo atto di guerra! Alcuni degli altri suoi assassini sono in seguito divenuti rappresentanti del popolo (come, ad esempio, Aldo Aniasi «Iso», poi sindaco di Milano e quindi deputato e Ministro). Visconti fu sepolto nel cimitero di Musocco a Milano nel campo 10, detto Campo dell’Onore, insieme a centinaia di altri aderenti alla Repubblica Sociale Italiana massacrati in quei tragici giorni. A questo punto, si cercò di cancellarne persino il ricordo.
Ma la Storia ha una sua giustizia che spesso prescinde da quella degli uomini. Il pilota che tanto aveva fatto per sconfiggere gli Alleati, ricevette il giusto onore proprio dal nemico. Al «Mall Memorial Lincoln» di Washington, un’ampia sala è dedicata al settore aeronautico, e vi compaiono gli Assi conclamati della Seconda Guerra Mondiale, divisi per nazione: a fianco di ciascuna foto è riportato il numero degli abbattimenti e le necessarie indicazioni biografiche. Gli aviatori presentati in rappresentanza delle varie nazioni sono stati scelti da una commissione internazionale di piloti di cui non faceva parte nessun Italiano: eppure, la scelta fatta dagli aviatori stranieri non fu offuscata da alcun dubbio, quando scelsero per l’Italia Adriano Visconti e Franco Bordoni Bisleri (24 vittorie). Fa male, molto male vedere quanto sia conosciuto e stimato all’estero un ufficiale italiano che in patria è invece negletto ed emarginato per una antistorica viltà, che non può dimenticare un odio innaturale perpetuato ormai da troppi decenni[1]. Il «Mall Memorial Lincoln» è visitato ogni anno da milioni di persone che ammirano gli uomini che, con grande valore, si sono battuti nei cieli. Insieme a loro, il giusto tributo viene offerto anche ad Adriano Visconti, il maggiore degli Assi Italiani della Seconda Guerra Mondiale.
1 Sempre negli Stati Uniti, nel «National Air
and Space Museum» di Washington è stata sistemata una foto di
Visconti come Asso dell’Aeronautica Italiana. Un’altra
fotografia di Visconti, definito Asso della Caccia Italiana, è
sistemata nel museo di Ellis Island (New York).
Inoltre compare come personaggio, assieme ad altri celebri
aviatori italiani quali Francesco Baracca e Arturo Ferrarin,
nel film d’animazione giapponese Porco
Rosso (1992) di Hayao Miyazaki.
In Italia, presso il «Museo Storico Aeronautico Scientifico e
Tecnologico Forze Armate» a Fiume Veneto è presente un
monumento dedicato ad Adriano Visconti e agli uomini che
servirono sotto il suo comando nell’Aeronautica Nazionale
Repubblicana, mentre all’interno del «Museo Storico
Aeronautico» del Friuli Venezia Giulia è conservata la divisa
originale del Maggiore Adriano Visconti. Inoltre il regista
Claudio Costa ha parlato di lui in quattro film documentari, Volando con Visconti
(2010), Aquile senza corona
e Il cacciatore del cielo
(2011), Dai pulcini di
Quarantotti alle comete di Visconti (2012).