Holodomor: la morte per fame dell’Ucraina
Conoscere per comprendere

La maggior parte degli Italiani non conosce la Storia di «oltre cortina di ferro», come si diceva un tempo, quando il mondo era diviso in due blocchi. Ancora di meno conoscono che cosa sia l’Holodomor, il genocidio ucraino di 8 milioni di persone a opera del comunismo. Lo chiedo spesso alle persone che incontro e nessuno sa dirmi nulla. Ciò è dovuto al mito dell’URSS, della collettivizzazione e dell’ideologia che andava in contrasto agli interessi dei contadini ucraini. Fu Robert Conquest nel 1986 pubblicando The Harvest of sorrow (Raccolto di dolore), che fece aprire gli occhi sulla grande fame in Ucraina, la cui documentazione era stata raccolta dall’autore nell’archivio della città di Smolensk, presa dai Tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale e conservata ora all’Università di Harvard.

Lo svuotamento delle campagne e delle città, specie delle zone orientali e del Sud dell’Ucraina, che allora erano ben più vaste dei confini del 1991, permisero a Stalin di colonizzare quelle terre, sostituendo la popolazione morta, o per fame, o in guerra, con la popolazione russa, perciò non di lingua ucraina. Donbas, Kursk, Voronezh, Belgorod, erano «oblast», o regioni, dove la lingua era ucraina e la sua popolazione aveva grande concentrazione di contadini e proprietari terrieri.

Torno sull’argomento come lo scorso anno per il Giorno della Memoria per una breve analisi storica, una delle cause dell’attuale invasione dell’Ucraina iniziata nel 2014 e pensata molto prima del 2008, anno dell’invasione della Georgia.

Tutto ebbe inizio nel 1918 quando Lenin tentò di scatenare la guerra di classe tra i contadini dividendoli tra i più ricchi Kulaky, i medi Serednjaki e i poveri Bednjaki. In ucraino si chiamano Kurkuli, solo i Russi chiamano i contadini Kulaky.

Ma del mondo rurale ucraino e dei veri rapporti sociali di quel mondo, Lenin e i suoi sapevano poco. Il tentativo di quella contrapposizione fallì, facendosi nemica la stragrande maggioranza dei contadini, cominciando una guerra che si concluse nel 1921 dopo il primo dei tre Holodomor, la grave carestia che colpì in quell’anno non solo l’Ucraina, con il compromesso della «nuova politica economica», il NEP.

La collettivizzazione dell’agricoltura causò enormi tragedie. Ai Sovkoz, le aziende statali, furono aggiunti e creati i Kolkoz, le aziende collettive che dovevano eliminare i piccoli e medi proprietari e agricoltori ucraini.

Il XV Congresso del partito comunista del 1927 confermò la volontà dell’indirizzo preso. Stalin nell’articolo «L’anno della grande svolta», apparso sulla «Pravda» il 7 novembre 1929 dichiarava l’«offensiva del socialismo contro gli elementi capitalistici della città e della campagna». Fu allora, nel plenum dal 10 al 17 novembre 1929, che si decise l’invio nelle campagne di non meno di 25.000 attivisti per coordinare la trasformazione dell’agricoltura, obbligando i contadini alla collettivizzazione, riducendoli a servi della gleba, o alla morte.

La guerra cominciata contro i kurkuli ucraini in quell’anno 1929, coincise con l’apparizione dell’OUN, organizzazione patriottica ucraina, capeggiata da Ievghen Konovalez e dove Bandera era già nel 1933 alla testa dell’oblast galiziano prima di essere arrestato nell’aprile del 1934, accusato dell’assassinio di un Ministro del Governo della Polonia sotto la dittatura del Maresciallo Pilsudski.

Negli anni dal ’29 a seguire avvenne la spaventosa ecatombe del secondo e più vasto Holodomor. La tragedia ucraina non passò inosservata al mondo, ma nel complesso fu taciuta. Nel romanzo Tutto scorre di Vasilij Grosman si rievoca quegli anni del 1932-1933: «E l’ordine era: uccidere per fame i contadini dell’Ucraina, del Don, del Kuban (Ucraino), ucciderli assieme ai loro bambini». Chi riuscì a fuggire al blocco imposto dalla milizia, al sequestro di tutte le derrate alimentari e degli animali, in casa e nei magazzini, arrivò nelle città per morirci, stremato dall’aver attraversato paludi e boschi. Lo strazio nelle isbe si manifestò presto e nessuno più dette aiuto a chi piangeva e moriva di fame.

Alcuni giornalisti dell’epoca si fecero sentire sulle pagine dei quotidiani occidentali, specie negli USA e in Inghilterra. In Italia l’Ambasciatore Italiano a Mosca, Bernardo Attolico, comunicò a Mussolini la tragedia che si stava compiendo in Ucraina. Monsignor Neveu, in Russia, fece sapere all’Ambasciatore che il Pontefice Pio XI era propenso a mandare soccorsi ma che lui lo aveva sconsigliato per ragioni politiche. Grazie al silenzio delle diplomazie straniere fu agevole per Stalin occultare la tremenda carestia indotta che provocò la morte dai 6 agli 8 milioni di persone completando il genocidio in brevissimo tempo con la deportazione delle popolazioni caucasiche, dei Tartari di Crimea nel 1944, in piena guerra. Ma fu soprattutto nel periodo postbellico, quando l’esaltazione della vittoria sul nazismo oscurò la verità, che la carestia e la morte per inedia in Ucraina, in parte della Russia e nel Kazakistan, furono negate da tutti i vertici sovietici succeduti nel tempo e addirittura obliate. Nessuno ne poteva parlare, pena il lager. Sulla carestia, nel 1947, Victor Kravcenko aveva cercato di denunciare l’orrore ma i comunisti francesi e italiani condussero una furiosa battaglia denigratoria del libro I chose Freedom, resoconto memorialistico degli anni ’20 e ’30 dell’Holodomor. Di questa tragedia erano sicuramente a conoscenza anche importanti uomini politici come Gramsci e Togliatti che addirittura scelse la cittadinanza sovietica rinunciando a quella italiana.

Sul finire del 1930 Stalin scriveva a Molotov sull’urgenza dell’esportazione di grano per salvare la difficile situazione valutaria dell’Unione Sovietica. Alcuni giorni prima Mickojan lo aveva informato sulla situazione in Ucraina e nel Caucaso della riduzione di milioni di Pudy (un Pudy = 16,38 chilogrammi), circa la metà, rispetto ai 90 milioni degli anni precedenti. Nel settembre Stalin scrisse a Molotov che «un atteggiamento passivo e attendista fiaccava l’offensiva contro i Kulaki». La tragedia si fece eccesso dall’autunno seguente fino a raggiungere nella primavera del ’31 il suo apice. Nel gennaio 1932 Molotov inviò una lettera minacciosa al Primo Segretario Kosir, per chiedere chi era il responsabile della riduzione di produzione considerata inaccettabile e intollerabile.

La politica agraria di Kosir fu un tentativo di rivolgere alle autorità centrali una tregua che a un certo punto prospettò a Stalin la preoccupazione per i raccolti successivi a causa della disordinata fuga dai Kolkoz. Nell’estate del ’32 si registrarono significativi aumenti della protesta contadina che in Ucraina, in particolar modo, era viva con insurrezioni come nella regione di Vinnycja dove furono trucidate circa 10.000 persone gettate nelle fosse comuni, ritrovate dai Tedeschi durante la ritirata del 1943.

Ad Andrucsevka i ribelli con a capo il contadino povero Parivka ebbero la forza della rivolta con richieste economiche di pane, libertà di commercio, diritto alla piccola proprietà, salario in prodotti cerealicoli e giornata di lavoro di 8 ore. Audaci furono anche le richieste successive di libertà di parola, di riunione, come ai tempi della Repubblica Popolare Ucraina del 1917. In Ucraina le agitazioni generate dalla fame e organizzate dalle donne proseguirono come in Donbas, portando via dai Kolkoz bestiame, prodotti agricoli, con assalti ai depositi di grano. Nell’estate del 1932 la popolazione non aveva nulla da mangiare, in alcune regioni erano spariti gatti, cani, uccelli, e si era arrivati al punto di divorare le cortecce degli alberi, le erbe spontanee, lo sterco dei cavalli e non di rado ci furono casi di cannibalismo causato dalla feroce fame che rendeva folli questi disperati prima di una lenta e atroce morte.

La situazione a un certo punto fu riconosciuta anche da Stalin, ma per una serie di circostanze contraddittorie tra Molotov e il Presidente del Soviet Ucraino, Petrovskij e il Capo del Governo Cubar, ossequiosi al capo del Cremlino, non si riuscì a colmare l’allarmante situazione della grande carestia. In un messaggio a Kaganovic, a causa della riduzione del raccolto, Stalin incolpò della rovinosa situazione i capi locali. A cavallo del «Grande Terrore», cioè dal 1932 al 1936, dall’affare Rjutin fortemente critico con il potere centrale, al processo contro Zinov’ev e Kamenev, la legge delle cinque spighe completò la tragedia ucraina del genocidio o eliminazione sistemica di intere famiglie trucidate, o morte per fame. I tre massimi artefici della carestia che coinvolse l’Ucraina, il Caucaso e il Kazakistan, furono fondamentali per la crisi degli ammassi e provocarono deportazioni, fucilazioni, arresti, dalla regione del Volga all’Ucraina. Lo strumento giuridico per punire i contadini fu la legge del 7 agosto 1932 che combinava lunghe pene detentive, lager a chi fosse visto a rubare derrate alimentari di proprietà pubblica.

Le successive istruzioni del 16 settembre resero la «legge delle cinque spighe», come la chiamavano i contadini, addirittura retroattiva. Bastavano cinque spighe di grano colte a terra per essere puniti, o con la fucilazione, o con la deportazione, anche se era un fanciullo a compiere il gesto. Nel gennaio ’33, ci furono 54.000 condanne di cui «soltanto» 2.110 alla pena di morte. In poco più di un anno furono 200.000 le persone condannate. Alla fine del dicembre 1932 furono introdotti i passaporti interni, di fatto creando la servitù della gleba, in vigore fino ai tempi di Breznev. Ma anche le città non se la passavano bene, la malnutrizione aveva deturpato molti lavoratori nel fisico. Nella stessa città di Kyiv, venivano raccolti decine di cadaveri al giorno. Un rapporto del GUP concludeva: «A gennaio sono stati raccolti 400 cadaveri, a febbraio 518 e a marzo 248 in 8 giorni». La grande carestia fu, dunque, abilmente e crudelmente utilizzata per dare una memorabile lezione non solo ai contadini e rivoltosi ucraini che consideravano un loro diritto la libera proprietà, ma a tutti coloro che osavano porsi contro la volontà del capo del Cremlino. Un altro motivo di distinzione della guerra ai contadini ucraini era stata la differenza della protesta che in Ucraina aveva obiettivi sociali e politici nazionalisti di indipendenza. Molti erano reduci del disciolto esercito contadino dell’anarchico Machno e dei seguaci di Petljura, ucciso in esilio a Parigi nel 1926.

I sentimenti patriottici, come all’inizio detto, erano vivi in quella parte di Ucraina sotto la dittatura polacca di Pilsudski, che aveva mire di invasione, forse esagerate da Stalin. Di fatto la rivalsa dal giogo moscovita di molti patrioti ucraini, in buona parte dislocati in Polonia, avrebbe voluto la libertà. Ma ormai la conclusione della «guerra ai Kulaki» aveva reso Stalin vincitore, e sconfitti i suoi oppositori interni. Jagoda stava facendo il suo lavoro e chi non fu ucciso abiurò con umilianti lettere al partito sul giornale «Izvestija» («Notizie»). Ci fu anche la completa obbedienza e rassegnazione dei contadini che avevano perso tutto a vantaggio dei Kolkhoz . La decimazione della fame fu un colpo durissimo e abilmente nascosto al mondo di cui Kaganovic era fiero nelle sue lettere sullo sterminio scientemente compiuto di 4 milioni di Ucraini per il secondo dei tre Holodomor. È dunque genocidio, quando c’è la brama di eliminare totalmente un popolo, o un vasto gruppo di popolazione con la volontà di cambiarne l’identità. Dagli Holodomor, gli Ucraini uscirono straziati nel corpo e nell’anima. Le deportazioni dei primi anni Venti nell’arcipelago delle Solovky di un migliaio tra intellettuali e insegnanti, segnarono il tentativo di oblio della lingua. Il genocidio per fame, fucilazione e deportazione, si completò col terzo e meno conosciuto Holodomor del 1946-1947 dove le città furono più colpite che le campagne. C’era la volontà politica e sociale di svuotare l’Ucraina, non solo fisicamente ma anche della sua cultura e lingua millenarie. Questa è una delle ragioni per cui gli Ucraini non comunisti speravano nell’arrivo dei Tedeschi nel 1941, salvo poi ricredersi nel prosieguo della Guerra Mondiale, dopo aver combattuto prima i Polacchi, poi i Tedeschi e i Sovietici dal 1918 al 1954 con la fine dell’OUN e dell’esercito di liberazione nazionale.

L’epilogo di questo spaventoso periodo, che fu accompagnato dalla guerra e da altri tragici eventi interni all’Unione Sovietica, costituì il genocidio e il tentativo di ridurre l’Ucraina e il suo popolo alla completa sottomissione già cominciata ai tempi degli Zar. Assieme all’Ucraina la carestia coinvolse altre terre, altri popoli, ma resta certo che la parte più ampia di questa tragedia fu subita sul proscenio ucraino.


Ringraziamenti per documentazione e testimonianze

Ettore Cinnella

Iryna Protsenko

Yaroslava Liryka.


Testi

E. Cinnella, Ucraina il genocidio dimenticato

Danilo Sbrana, L’orrore come ideale

Ralph Shoen, L’ Europa tra le due guerre 1919-1939.

(novembre 2025)

Tag: Enrico Martelloni, Holodomor, morte per fame dell’Ucraina, cortina di ferro, Robert Conquest, The Harvest of sorrow, grande fame in Ucraina, Lenin, guerra di classe, Kulaky, Serednjaki, Bednjaki, Kurkuli, nuova politica economica, NEP, collettivizzazione dell’agricoltura, Sovkoz, Kolkoz, XV Congresso del partito comunista, Stalin, OUN, Ievghen Konovalez, Bandera, Pilsudski, Tutto scorre, Vasilij Grosman, Bernardo Attolico, Pio XI, Victor Kravcenko, I chose Freedom, Molotov, politica agraria di Kosir, Parivka, legge delle cinque spighe, Unione Sovietica.