Gli Stati Uniti delle Isole Ionie
Il Duca «Mazziniano». Repubblicani a Corte

Scrive il dottor James Hansen, ex Vice Console Americano in Italia, nel 2015: «Il racconto è un pochino complicato. Questi particolari Stati Uniti [le Isole Ioniche] furono una Nazione esistente nel Mar Ionio tra il 1815 e il 1864 nominalmente indipendente, ma con lo “status” di protettorato del Regno Unito. Comprendevano le sette isole di Corfù, Cefalonia, Citèra, Itaca, Passo, Leucade e Zante. Il Paese aveva una pasticciata bandiera, che faceva riferimento sia all’Inghilterra sia a Venezia, tralasciando completamente la Grecia, ancora possedimento ottomano. La capitale era Corfù, le lingue ufficiali l’inglese, il greco e, dopo quattro secoli di dominio veneziano, l’italiano. Venezia però era uscita di scena con la sconfitta nelle guerre rivoluzionarie francesi, quando le Isole vennero annesse alla nuova République Francaise. Poi, tra il 1798 e il 1799, i Francesi vennero cacciati da una spedizione congiunta russo-turca, appoggiata dagli Inglesi. Le forze occupanti fondarono una Repubblica delle Sette Isole Unite (la Repubblica Septinsulare), che esistette dal 1800 al 1807. Vennero in seguito riannesse alla Francia, che le inquadrò all’interno delle province illogiche. Il 2 ottobre 1809 la Gran Bretagna sconfisse la flotta francese al largo di Zante. I Britannici presero Leucade nel 1810. Corfù rimase dominio francese fino al 1814. Con il Congresso di Vienna, le Isole Ionie furono poste sotto la protezione del Regno Unito. Nel 1817 la nuova Repubblica si dotò di una Costituzione, redatta in italiano, inglese e greco. Si andò avanti così, sotto il controllo di una serie di alti commissari inglesi e in condizioni di tensione sempre crescenti, specie dopo l’inizio della rivoluzione greca, che finì per ottenere l’indipendenza dalla Turchia Ottomana. Finalmente, nel 1864, il Regno Unito cedette le isole alla Grecia come una sorta di dote per il nuovo Re del Paese, Giorgio I, un principe danese imposto da Londra dopo che i Greci avevano confuso la questione, offrendo il trono a sorpresa a uno dei figli della Regina Vittoria, il principe Alberto. Alla Regina l’idea di mandare un figlio nella lontana capitale greca non piacque neanche un po’.

Con gli Inglesi le Isole erano diventate più ricche di tutte le altre province del Regno della Grecia, ma non provavano gratitudine. Il settimanale britannico “Saturday Review”, così riassunse la reazione locale: “Agli occhi degli Ionici, niente del nostro Protettorato è piaciuto quanto la sua dipartita”».[1]

Ma davvero la Regina Vittoria non apprezzò il ruolo decisivo delle Isole Ioniche nel Mediterraneo prima e dopo il 1848?

Partendo da questa pubblicazione, sembra opportuno chiarire meglio le vicende delle Isole Ioniche di quegli anni, e una ulteriore pubblicazione ci consente di farlo: «Nel 1848, sulla turbolenta isola mediterranea di Cefalonia, scoppiò l’insurrezione. In mezzo a un’ondata di rivoluzioni in Europa, i cittadini degli Stati Uniti delle Isole Ionie si sono dichiarati Greci. Nel mezzo di questa mischia c’era Charles Sebright, il Barone d’Everton, la cui collezione di libri è attualmente esposta presso McGill’s Rare Books and special Collections. Dal 1815, come uno dei bottini delle guerre napoleoniche, la Gran Bretagna aveva governato queste sette isole come protettorato. Prima di Napoleone, erano appartenute alla Repubblica di Venezia per quasi cinque secoli. L’italiano persisteva come lingua della legge, degli affari e dell’amministrazione, ma gli Inglesi concessero agli isolani una Costituzione, una legislatura bicamerale e una propria bandiera. Sono stati anche concessi governatori britannici, che sono stati chiamati Residenti. Al momento dell’insurrezione del 1848, Charles Sebright, nato in Scozia, era Residente a Cefalonia da sei anni. Con i vigneti bruciati e le navi distrutte, il Lord High Commissioner John Colborne, primo Barone di Seaton, decise di intervenire. Avendo in precedenza guidato la sconfitta della ribellione del Basso Canada, Seaton punì gli isolani con fustigazioni ed esecuzioni pubbliche. Per un po’ sospettò persino che Sebright avesse cospirato con il popolo. Sebbene queste accuse non fossero mai state provate, Sebright fu comunque retrocesso a governare una delle isole minori. Fu qui, a Santa Maura, che avrebbe incontrato la sua futura moglie, la pioniera scrittrice di viaggi Georgina Muir MacKenzie, che aveva girato i Balcani. Di Sebright, il racconto più diretto che abbiamo è del Visconte Kirkwall (Quattro anni nelle Isole Ionie, 1864), che dichiarò: “Forse solo tra tutti i Residenti, era veramente l’uomo giusto al posto giusto; sia nella sua veste pubblica che privata ha mantenuto un carattere molto elevato”. Gran parte di quel personaggio sopravvive nella sua collezione di libri, che fu originariamente donata da suo fratello al Presbyterian College di Montreal nel 1886. In due adesioni (1987 e 2014) fu trasferita, insieme a un’impressionante collezione di libri teologici, a McGill’s Rare Books and special Collections, dove ora è in restauro. La collezione di Sebright ebbe probabilmente inizio nel Ducato di Lucca, dove lavorò come scudiero e segretario del Duca almeno dal 1835. “Il Duca” era Carlo Ludovico di Borbone-Parma, che in precedenza aveva governato come Re dell’Etruria all’età di tre anni. In questi ultimi anni dell’aristocrazia italiana, al ribollire del Risorgimento, Carlo Ludovico governa con uno stile particolare. La contessa di Boigne lo ha descritto come “così stranamente educato che piangeva se era obbligato a montare a cavallo, si ammalava alla vista di una pistola e quando un giorno fu costretto ad attraversare con un traghetto ebbe un attacco di nervi”. Eppure: “Se come Sovrano si dimostrava meno abile dei suoi fratelli tiranni, e notevolmente meno del Duca di Modena con cui era sempre paragonato e contrastato, era certamente più colto di loro. Era un abile linguista, un amante dei libri, e un po’ uno studioso di argomenti biblici e liturgici, pronto a divertirsi con la trascrizione e la traduzione dei testi. Ci sono frequenti riferimenti nelle sue carte al suo lavoro nelle biblioteche, ai suoi progressi in arabo e ad argomenti simili”».[2]

Il Duca era un grande collezionista, sia di libri che di dipinti, e un corrispondente di lunga data con Antonio Panizzi, che era fuggito dal Ducato di Modena come sospetto carbonaro per diventare alla fine il controverso custode dei libri stampati al British Museum. Il Duca riscosse anche i debiti, che aumentarono notevolmente dopo aver finanziato una delle prime ferrovie internazionali (da Lucca a Pisa). Quando i soldi finivano, metteva all’asta le sue collezioni. Alla fine avrebbe anche barattato il Ducato di Lucca per solvibilità, non volendo governare in base a una Costituzione. Intorno al 1842, prima che iniziassero le turbolenze a Lucca, il Duca creò Sebright come «Barone d’Everton», in onore del luogo di nascita di Sebright vicino ad Aberdeen. Sebright era ora libero di avventurarsi a Sud per intraprendere una carriera con la Corona Britannica come Residente Ionico. Dopo 22 anni di servizio, con il protettorato finalmente ceduto alla Grecia, il Barone fu nominato Cavaliere come Sir Charles Sebright, KCMG, dalla Regina Vittoria e nominato Console a Cefalonia. Nel 1870 fu promosso Console Generale per tutte e sette le Isole e si trasferì, un’ultima volta, a Corfù.[3]

Corrispondono le date. Se nel 1842 Charles Sebright fu nominato Barone e lavorava per il Duca Borbonico Carlo Ludovico almeno a partire dal 1835, sicuramente la tempistica non mancò né al Duca Borbonico, né al neo nobilitato Sebright. A questo punto, vista la lettera che pubblicherò, neppure alla Regina Vittoria d’Inghilterra.

Il nostro brillante Charles Sebrigth, plebeo nobilitato, a partire dal 1842 è dunque il nuovo Governatore in Cefalonia. Ma oltre a svolgere tale funzione per conto del Governo Inglese, Sebrigth è il Presidente della locale Società Agraria. E accoglie nel suo seno patrioti lucchesi che sono al soldo di Paolo Fabrizi, il mazziniano che fondò con i suoi fratelli la Lega Italica. Questo sta scritto in una lettera che è fonte certa.[4]

Come se non bastasse, colui che scrive è in codice Ant. M., ossia Antonio Mordini, con ogni evidenza, visto che è di origini lucchesi come il suo interlocutore, Alipio Giambastiani.

C’è lo zampino di questo Duca, timido, colto, ma al tempo stesso così operoso, come Ann Marie Holland vuol cogliere e descrivere? Nobilitare un plebeo da offrire direttamente a Sua Maestà Britannica in qualità di Governatore di Cefalonia, questo era accaduto, visto che il nostro Sebright non poteva in quel frangente vantare un titolo nobiliare.

Perché il Duca avrebbe dovuto agevolare Sebrigth e di conseguenza la Corona Britannica, che tanto si prese a ben volere questo plebeo nobilitato? Che agiva per conto di Giuseppe Mazzini e dei suoi adepti? Perché il nostro timido Duca, quasi certamente, aveva avuto rassicurazioni da Sua Maestà Britannica, date le carte.

Il Barone Sebright, nonostante le accuse, non provate, nel 1848, di aver cospirato contro gli Inglesi, rimase in sella comunque, divenendo addirittura prima Sir e poi Console Onorario delle Isole Ionie.

Evidentemente sapeva ciò che in quel momento Sua Maestà Britannica non avrebbe voluto e/o potuto rivelare.

La carriera di Charles Sebrigth fiorì dunque in pompa magna. Non altrettanto accadde al «povero» Duca Borbonico che, andato in bancarotta, dovette anticipatamente lasciare il suo Ducato e a Parma subire una sorte dinastica certamente non fulgida e assai controversa.

Mi limito perciò a leggere e osservare. La lettera di Ant. M. appare chiara alla luce delle osservazioni delle due pubblicazioni che ho trascritto.

Secondo quanto riferisce Ant. M. nella lettera, avrebbe contattato il Barone d’Everton (siamo nel 1843 e da un anno il Barone è non solo Governatore in Cefalonia ma Presidente della locale Società Agraria) per far venire quanto prima Pietro Giambastiani a fare l’agronomo (e il Giambastiani era un ingegnere) a Cefalonia, passando per Malta al seguito di Paolo Fabrizi, in quanto più sicuro che non passare per Ancora. Il Barone d’Everton avrebbe chiesto per l’occasione al Massei (Carlo, altro mazziniano lucchese, caro al Duca Borbonico, che lo monitorava ma al tempo stesso, a partire già dal 1832, lo incaricava di complessi incarichi).[5]

È del tutto evidente che particolari erano gli scopi di questi complicati viaggi. Perché il Barone d’Everton aveva una sinergia così spiccata, stando alle parole di Ant. M., per il Massei? Non sarà mica stato per le sue idee politiche, alquanto patriottiche?

I nostri patrioti paiono particolarmente colti e desiderosi di non farsi mancare appassionate letture. Così Ant. M. raccomanda a Pietro Giambastiani che metta tra le sue cose, per raggiungere Cefalonia (ripeto siamo nel 1843 e il Barone d’Everton è ufficialmente il Governatore di Cefalonia per conto di Sua Maestà Britannica) il Sallustio dell’Alfieri (vale a dire in valigia il caro Principe di Carignano Vittorio Emanuele di Savoia, futuro Re d’Italia, visto il riferimento) e le Orazioni di Cicerone con la traduzione del Dolce. Un Ottimate, Cicerone, in contrapposizione al partito dei non nobili come la leggenda vuole essere Vittorio Emanuele II, nato popolano da un macellaio fiorentino e poi scambiato in culla. E l’Ottimate in questo caso che finisce in valigia non può che essere Carlo Ludovico di Borbone-Parma, cugino del Savoia, poiché la traduzione richiesta è quella di Domenico Dolce, il riformato veneziano, riformato come in quel momento era il Duca Borbonico. Ma la cosa più interessante è che a raccogliere il testimone è un frate agostiniano, Alipio Giambastiani, fratello di Pietro, Lucchese come il precedente e il cui fratello Francesco, anche lui frate agostiniano, morirà proprio in Corfù nel 1848 durante i tumulti della rivolta ionica, ufficialmente suicida, in realtà in vicende mai del tutto chiarite. Quanto Roma e Londra furono in quel momento coinvolte? E il Duca Borbonico il tramite di questi passaggi, in cui anche i cugini Savoia erano particolarmente invischiati?

La lettera di Ant. M. lo annuncia inesorabilmente, così come annuncia inesorabilmente che la Lega Italica era l’organizzazione cui questi patrioti, appartenenti oppure no alla stessa, facevano riferimento.

La lettera del 1839 inviata da Pietro Rolandi,[6] l’editore piemontese trapiantato a Londra e lui stesso mazziniano, a Lucca, a Pier Angelo Sarti, il mazziniano del British Museum appena rientrato da Londra, mette bene in luce, col suo riferimento ai saluti ad Alessandro Carina e al Duca Borbonico, quanto stava accadendo.

La citazione dell’Ottimo Duca riferito a Carlo Ludovico evidenzia l’appartenenza dello stesso agli Ottimati. Il riferimento è direttamente al Duca Borbonico, conosciuto da Rolandi verosimilmente a Londra, visto che il Duca spesso frequentò la capitale inglese. Qui però il Rolandi fa riferimento a un suo viaggio a Dresda e all’amicizia instaurata qui col Dottor Alessandro Carina.[7]

La citazione è analoga a quella di Ant. M. nella lettera quattro anni dopo.[8] Leggo testualmente dalla lettera di Pietro Rolandi: «Ho avuto l’onore di vedere qui [a Dresda a seguito di un viaggio del Rolandi, anche se il Duca frequentò a lungo Londra] parecchie volte il vostro Ottimo sovrano e di entrare in amicizia col garbatissimo e veramente degno Dottor Carina. Avendo spedito un mese fa una cassa a Sua Maestà Reale vi unii un pacco per voi che contiene i quattro volumi per completare il Villani e due copie dello Spirito del Repetti legate come mi dicevate. L’altra opera di Repetti non è ancora pubblicata. Per il vostro passo indirizzatevi al Dottor Carina: quando arriverà la cassa ve lo dirà, non deve tardar molto. Poiché veniamo alle commissioni eccone un’altra che forse nessuno meglio di voi al mondo potrebbe dar corso. Una persona mi invita d’informarmi quanto costerebbero 16 vasi di marmo di Carrara». In apparenza sono frasi legate a uno scambio di libri o d’altro materiale, in verità poco credibile che trattasi esclusivamente di commissioni, così come appare nella lettera del 1843 di Ant. M. Si tratta di fuoriusciti mazziniani che vivono e operano a Londra, in sinergia con un Sovrano d’Antico Regime e il suo medico di fiducia dove Ottimo sta sicuramente per Ottimate, segno distintivo di appartenenza.[9]


Note

1 VNY La voce di New York, testata on line, articolo del 26 settembre 2015.

2 Jesse Myers, Baron Ward e il Duca di Parma.

3 Ann Marie Holland, Pubblicato in McGill’s Rare Books, 13 novembre 2015.

4 Lettera di proprietà dell’Ingegnere Enrico Marchi di Lucca (appartenuta alla sua famiglia).

5 Il Duca nel 1832 inviò Carlo Massei in Corsica come agronomo, lui che era giurista.

6 Archivio di Stato di Lucca, Legato Cerù, volume 18, lettera di Pietro Rolandi e a seguire di Gabriele Rossetti, nel fascicolo alfabetico alla voce Rossetti.

7 Alessandro Carina era medito di fiducia del Duca Borbonico Carlo Ludovico.

8 Legato Cerù, riferimento 18.

9 Gli Ottimati, partito dell’antica Roma cui appartenne Marco Tullio Cicerone, uomo d’ampia cultura come il Duca Borbonico Carlo Ludovico di Borbone-Parma.

(maggio 2021)

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