Papa Leone XIV sulle orme del predecessore
Leone XIII
I Padri Cristiano-Sociali
In questi giorni, dopo l’elezione a Pontefice di Robert Prevost, un filmato storico del 1896 ha iniziato a girare sui media. Il filmato è il primo con pellicola lumiere che ritrae un Pontefice benedicente e che si accompagna a suoi collaboratori. Uno di loro è il Cardinale Maestro dei Sacri Palazzi, il Cardinale Raffaele Pierotti, all’epoca generale dei Padri Domenicani, che ricopriva quell’incarico di teologo ufficiale del Pontefice. Era cugino di mio padre e conosceva da sempre Papa Pecci, alias Leone XIII, che lo aveva elevato al soglio cardinalizio. Si frequentavano certamente dai tempi in cui il Cardinale Raffaele viveva a Firenze in Santa Maria Novella e l’allora Vescovo di Perugia Gioacchino Pecci in Umbria.
Intendo condividere alcuni studi intrapresi sui cristiano-sociali, ossia su coloro che sempre difesero gli ultimi, vittime spesso di cambiamenti sociali repentini.
L’Enciclica Leonina Rerum Novarum fu il tassello conclusivo di un processo che partiva da lontano. È questo lontano che proverò a condividere, visti gli studi che mi sono trovata a intraprendere.
Prima di finire di redigere la tesi di laurea, mi sono recata all’Archivio di Stato di Siena a cercare una lettera del 1869 che il protagonista della mia tesi, Padre Gioacchino Prosperi, aveva inviato a Siena a Padre Bernardino Donati, canonico del duomo di Siena e rosminiano. Anche il protagonista della mia tesi, Padre Francescano, aveva abbracciato i valori rosminiani. Rosmini fu di fatto un cristiano-sociale, intendeva supportare e fare propri i bisogni di chi già in quell’epoca così remota soffriva di privazioni e difficoltà di inserimento sociale. La rivoluzione industriale in Italia era agli albori, eppure soprattutto nel Nord Italia la stessa proto industrializzazione e quanto emergeva dai primi insediamenti industriali ponevano l’accento sul bisogno di includere gli ultimi, i derelitti, identificati in Francia da Victor Hugo nei «Miserabili».
Padre Gioacchino Prosperi aveva a Torino nei primi anni del XIX secolo militato nelle Amicizie Cristiane del marchese Cesare d’Azeglio, padre di Prospero, Roberto e Massimo, noti cattolico-liberali gli ultimi due e noto Padre Gesuita moderato il primo.
Proprio Prospero d’Azeglio aveva studiato in Sant’Andrea al Quirinale a Roma con Padre Prosperi che lì nel 1815 era divenuto Padre Gesuita, abbandonando poi l’Ordine nel 1826 per sopravvenuti contrasti col generale Fortis, e abbracciando l’Ordine Francescano, più vicino in quegli anni a valori condivisi di carità cristiana cristiano-sociale. Anche se, come ebbe a dire lo stesso Padre Prosperi dopo aver abbandonato l’Ordine, esistevano Gesuiti sani di mente (come era stato lui, più moderati) e Padri Gesuiti non sani di mente (che perseguirono i valori dell’antico regime), sicuramente l’aspetto sociale fu determinante per l’uscita di Padre Prosperi dall’Ordine Gesuita del tempo. Le Amicizie Cristiane furono una fucina di idee che vennero condivise anche da uomini poi avvicinatisi a quei valori cristiano-sociali che nella seconda metà del XIX secolo ebbero il sopravvento. Prosperi fu uno di loro. Nel 1869 Padre Prosperi descriveva a Padre Bernardino Donati il suo viaggio in Vaticano per i lavori preparatori del Concilio Vaticano I. Siamo nell’ottobre di quell’anno. Nella lettera confidenziale Padre Prosperi descrive l’incontro nei giardini vaticani suo e del suo accompagnatore, che non definisce se non come grande amico del Cardinale Doupanloup (allora Nunzio Apostolico a Parigi e noto cattolico-liberale) con Papa Pio IX che sorrise a entrambi. Questo Pontefice è sempre stato classificato, a parte i primi momenti di condivisione delle lotte comuni per cacciare lo straniero austriaco dall’Italia, come l’ultimo vero Papa Re e al contempo come un intransigente. Certo, rispecchiava la complessiva Chiesa del momento in quanto Pontefice. Però Papa Pio IX, come Padre Prosperi, militava nell’Ordine Francescano e il sorriso che riservò a un prete rivoluzionario come Prosperi (che nelle carte dell’Archivio di Stato di Lucca appare come Fra’ Massone) e all’accompagnatore dello stesso, è come un qualcosa che va ben oltre questa descrizione comune alla storiografia tradizionale sull’intransigenza di Pio IX.
Quando lessi la lettera ricordo che trasalii. Non solo per queste riflessioni ma soprattutto per aver certamente identificato l’accompagnatore non citato in modo diretto da Padre Prosperi. Il viaggio di ritorno degli stessi (Prosperi prima di ripartire da Roma aspettò che fosse terminata la riunione dei Cardinali) verso Nord smascherava l’accompagnatore.
Destinazione: Spoleto, poi Loreto, poi Bologna (per Prosperi) e poi Lucca. Trasalii perché Spoleto e Loreto erano due luoghi privilegiati per il Vescovo di Perugia Gioacchino Pecci. In particolare, la Madonna di Loreto fu sempre nelle sue corde. Fece costruire, quando divenne Papa, in Vaticano una cappella dedicata alla Madonna di Loreto dove spesso si recava. E in Lucca, nella chiesetta dell’Alba, un’effige ricorda proprio l’allora Vescovo di Perugia Gioacchino Pecci, che visitò sempre Lucca prima di divenire Pontefice.
Ancora in Lucca c’è una perfetta riproduzione della Madonna di Loreto in Santa Maria Nera (Santa Maria Corte Orlandini) speculare in città a Santa Maria Bianca (sede dei Frati Agostiniani). Ho associato sul momento la mamma di Padre Gioacchino Pecci a Padre Prosperi in quanto ella si chiamava Anna Prosperi Buzzi. Qualche affinità?
Padre Prosperi aveva rapporti di parentela coi miei nonni. Ecco perché, mi sono detta, il futuro Cardinale Raffaele (al secolo Antonio Pierotti) fu sempre in corrispondenza epistolare, come appare dalle carte, con Gioacchino Pecci che poi ne fece il suo Cardinale teologo. Ecco perché Pecci frequentò sempre Lucca prima di divenire Papa. Ecco perché sua nipote Donatella Pecci Blunt fece di Lucca e di Villa Reale la sua dimora, dove recò molti cimeli dello zio Papa. Con ogni probabilità la persona che si accompagnava nei giardini vaticani a Padre Prosperi era dunque proprio Gioacchino Pecci, il futuro Pontefice, amico giustappunto del Cardinale Doupanloup.
Gioacchino Pecci per un certo periodo rimase anche in Belgio.
Tutto ciò può sembrare una curiosità ma non lo è.
Già in quel periodo (1869) stiamo parlando di frange della Chiesa che potevano apparire minoritarie ma che di fatto lottavano e lavoravano per quei valori che ne faranno lo specchio del loro tempo. Seconde a nessuno nella lotta per i diritti degli ultimi.
Il legame con gli Agostiniani (l’attuale Papa Leone XIV è uno di loro) c’era anche all’epoca. Padre Gioacchino Prosperi, che lottò durante il Risorgimento per valori da «prete di Montanelli» come veniva definito dagli avversari politici, era in Lucca molto amico di due Frati Agostiniani (presumo Scalzi visto che gli Agostiniani Scalzi furono spesso non refrattari al cambiamento). Mi riferisco ai fratelli Alipio e Francesco Giambastiani. Il primo con Padre Prosperi in Lucca scampanò le campane delle chiese lucchesi quando l’allora Duca Lucchese Carlo Ludovico di Borbone-Parma abolì nel 1847 la pena di morte (Padre Prosperi era curato in Lucca della chiesa di Sant’Anna Fuori le Mura).
Il secondo, Francesco, divenne un rivoluzionario che finì a Corfù e qui decedette, a detta dei biografi, per suicidio. Ma tale suicidio non è mai stato provato e i familiari stessi da sempre, visti i documenti, sono convinti che si trattò (siamo nel 1848) di omicidio.
Lottavano, questi religiosi, per valori condivisi da frange della Chiesa sì minoritarie ma combattive e tenaci.
La chiesa di Sant’Agostino in Lucca ha sede nella cinta muraria romana dove riposa Santa Elena Guerra che due Papi simbolo, Giovanni XXIII e Papa Francesco, hanno rispettivamente canonizzato come Beata il primo e come Santa il secondo.
Una donna, Elena Guerra, che fece della modernità in ambito cattolico un punto fermo. Lasciando convivere nella donna tradizione e innovazione.
Suo fratello, Monsignor Almerigo Guerra, era stato grande amico di Don Bosco, che Padre Prosperi, come appare dalle carte, frequentò a Torino e che con Lucca ebbe sempre affinità.
L’Ordine Agostiniano ritorna nella Regola di Sant’Agostino che venne diffusa sin dall’Alto Medioevo grazie in particolare a San Benedetto, poi ai Cistercensi e agli ordini cavallereschi che a loro volta la condivisero.
Papa Leone XIII, sulla scia di questi valori, ordinò negli anni del suo Pontificato proprio il riordino dei monasteri benedettini, molto nutriti in tutta Europa, in particolare tra Germania e Svizzera, in due città che portano lo stesso nome, ossia le due Friburgo.
Una in Germania in un territorio, la Bresgovia, che appartenne al famoso Federico Barbarossa; e l’altra a soli 50 chilometri, nella Svizzera Tedesca con venature romande.
«Aqua curanda est». A partire dal Medioevo, Bresgovia e Catania si affratellarono grazie a Federico II, nipote del Barbarossa, nella ricerca di un percorso economico, diremmo noi oggi, comune. Così ancora nel XIX secolo, se Papa Pecci a Friburgo volle nel 1885 la nascita dell’Unione di Friburgo, allo scopo di riunire annualmente a Friburgo studiosi di problemi sociali.
In Sicilia, e precisamente a Catania, all’indomani della crisi dei fasci dei lavoratori, si ebbero i primi passi del movimento cattolico legato al richiamo all’Enciclica Rerum Novarum. Scrive Cataldo Caro che prima dell’Enciclica il movimento cattolico nell’Isola aveva mosso pochi e incerti passi: la Chiesa non si era ripresa dall’isolamento e dall’umiliazione seguiti all’incameramento dei beni ecclesiastici e derivati anche dall’ostilità della borghesia anticlericale. La Sicilia divenne il luogo nel Mezzogiorno d’Italia dove si ebbe una più vasta organizzazione cattolica. Basti pensare alla figura di Don Luigi Sturzo.
Catania dunque, e il suo retroterra, come apripista nel recepire il nuovo messaggio romano. È Filippo Meda a chiarire il tutto. Il senso della modernità viene ripreso nel breve periodo rispettando quel nascente e affermato positivismo che indubitabilmente ha fatto la differenza. Obiettivo prioritario era costruire un mondo nuovo, dove trovare risposte, anche sociali. Un filo conduttore unico unisce così situazioni in apparenza complesse. Queste istanze di modernità furono, anche durante il Primo Risorgimento, portate avanti con entusiasmo e dedizione. Rappresentando un «unicum» inscindibile. Tra passato e presente.
I richiami di Papa Leone XIV vogliono costruire un futuro di nuove sfide coraggiose e importanti.