Un mondo ebraico non così visibile
Da Villa Oliva a Lucca, assurta alle
cronache per il recente matrimonio di Gianluigi Buffon, al
centro in passato di intrighi internazionali, alla Calabria
del bandito Musolino e di Pasquale Galluppi
Qualche giorno fa leggevo riferimenti a un noto cantante baritono, vissuto nella mia città, Lucca, tra XIX e XX secolo. Si chiamava Enrico delle Sedie, nato a Livorno e nipote dell’ingegnere Rodolfo Pierotti di Lucca, eroe quest’ultimo di Goito (Terza Guerra d’Indipendenza), sepolto nel paesino di Benabbio nel comune di Bagni di Lucca. Il Pierotti era stato anche deputato per sei legislature nel neonato Parlamento Italiano dello Stato Unitario, vicino alle posizioni di Toniolo.
Mi interessavano le vicende di Enrico delle Sedie perché amico intimo di Giuseppe Verdi nonché perché deceduto a Parigi, sull’Ile de France, esattamente a La Garenne-Colombes, non lontano dal centro bancario importante della famiglia Rothschild. La cosa non mi aveva stupito, il baritono aveva avuto una sua carriera europea. E poi mi sono detta che, se davvero l’ingegner Rodolfo era legato ai Pierotti di Castelnuovo Garfagnana e Pieve Fosciana, in provincia di Lucca, come alcuni documenti rintracciati tendono a definire, una loro dimensione europea tutti quanti dovevano pure averla. Infatti Giuseppe Pierotti pressoché nei medesimi anni fu noto pittore e scultore in Europa e in America, e la stessa cosa possiamo asserire del cugino Ermete, che visse a Parigi, Losanna, Londra, San Pietroburgo e soprattutto in Palestina. E che proprio a Parigi era in comunione con Napoleone III e la tipografia dove anche il Sovrano si serviva, quella appartenuta alla famiglia Rothschild che finanziava anche, da documento rintracciato, le pubblicazioni di Ermete.
Oltretutto la baronessa Germaine de Rothschild ha avuto una particolare affinità con Luigi Ridolfo Boccherini, il musicista lucchese cugino del «mio» Padre Gioacchino Prosperi (personaggio della mia tesi di laurea), musicista che certamente anche il baritono Enrico delle Sedie non poteva non avere a cuore. Sin qui tutto chiaro ma non proprio prevedibile. Perché scopro che Enrico delle Sedie era amico caro del principe Poniatowski. I Poniatowski tenevano casa a Lucca in quel di San Pancrazio, nella celebre Villa Oliva. Celebre perché vi si celebrano convegni e matrimoni. Ultimo nella lista quello di Gianluigi Buffon. Qui è sepolto proprio Carlo Poniatowski, un avo del Poniatowski amico di Enrico delle Sedie. Giuseppe Luci Poniatowski, questo l’amico del baritono lucchese, era infatti figlio del principe Stanislao Poniatowski e di Cassandra Luci. Detto così può sembrare solo un dovere di cronaca. Ma non stiamo parlando di personaggi qualsiasi.
Intanto per restare in tema di matrimoni celebri Giuseppe Luci Poniatowski era nato da Cassandra Luci, fuori dal matrimonio (per questo riconosciuto solo nel 1822 grazie all’intervento del Granduca Ferdinando III di Asburgo-Lorena. Con le proprietà e quanto conseguiva per poter vivere nel bel mondo).
I principi Poniatowski erano una delle casate polacche più prestigiose. Si erano persino avvicinati in modo esponenziale ai Bonaparte già ai tempi delle campagne di Napoleone I. Al seguito dello stesso, di fatto trasferitisi in Italia, si legheranno ai Montecatini, quelli della Montecatini Edison, anche per via parentale. Come del resto gli stessi Bonaparte. I Montecatini Edison erano Ebrei.
Quello che mi ha particolarmente colpito è stato il passaggio di proprietà di Villa Oliva. I Poniatowski l’avevano acquistata da Chiara Prosperi Ghivizzani. Sono i cugini del «mio» Padre Gioacchino Prosperi cui ho fatto cenno. Che avevano lì le loro proprietà. Non distante da San Pancrazio, sul confine troviamo in Marlia la celebre Villa Reale che proprio Elisa Bonaparte, ai tempi in cui era duchessa di Lucca, fece ampliare, acquisendo dalla famiglia Prosperi che risiedeva in Ferrara parte degli attuali giardini. Sempre agli inizi del XIX secolo. I Ghivizzani a Lucca erano invece dei nobili dediti ai principi repubblicani, vicini ai Bonaparte e successivamente alle frange mazziniane durante il Risorgimento. Antonio Ghivizzani divenne Senatore del neonato Stato Unitario Italiano. Aveva posizioni marcatamente mazziniane e scrisse un’Ode nel 1872 dedicata proprio a Giuseppe Mazzini.
Del resto lo stesso Giuseppe Poniatowski era stato educato dai Padri Scolopi, gli stessi che educarono Giuseppe Mazzini.
Sono sempre rimasta colpita dalle parole di Padre Gioacchino Prosperi quando ai tempi del neonato Stato Unitario Italiano, voce del tutto controcorrente, scriveva e pubblicava sermoni dedicati al popolo ebraico, e nello specifico ai matrimoni misti tra Cattolici ed Ebrei, favorevole a che questi ultimi divenissero la norma e non l’eccezione. Si scagliava contro i Lucchesi che a suo dire non erano così favorevoli a tali rapporti. E lo faceva in modo colorito, asserendo che non si sarebbero potuti mettere a vivere sulle mura cittadine lucchesi e avrebbero dovuto, anche all’epoca, far buon viso accettando e santificando tali unioni. Mi chiedevo sempre il perché di tanto fervore nel religioso senza comprenderne del tutto le ragioni. Ma i Prosperi, come del resto i Poniatowski, sostenevano in maniera chiara, senza indugi, questa possibilità ben 200 anni fa. Quando ancora a New York nel Duemila il celebre film Ti presento i miei metteva in evidenza come ancora la classe media americana avesse difficoltà ad accettare certe situazioni.
Precorrevano i tempi? Qualcosa di più.
Mi sono resa conto che l’ingegner Rodolfo aveva scritto sempre nel XIX secolo su una eredità, quella dei Mamiani della Rovere di Donoratico. E ho trovato che nel Cinquecento i Della Gherardesca, che hanno le loro principali proprietà proprio a Donoratico, avevano organizzato un matrimonio con i Mamiani della Rovere. Sì, Terenzio Mamiani in effetti a Lucca era di casa nel XIX secolo. Riprendendo la tradizione, e ampliandola, di Romualdo Volpi. Ma i Mamiani della Rovere, Casata nobiliare marchigiana prestigiosa, che dette i natali anche a Papa Giulio II, ha qualcosa a che fare con quanto asserisco? Col mondo ebraico, con queste vicende? Pare proprio di sì. Per la storiografia Terenzio Mamiani fu il penultimo erede della prestigiosa Casata. Suo nipote Giulio Cesare Mamiani della Rovere, considerato l’ultimo erede, in realtà nel 1911 adottò Tullio Cantoni. Questi erediterà il titolo nobiliare e tutte le proprietà, famiglia peraltro coinvolta durante la Seconda Guerra Mondiale nelle atrocità delle leggi razziali e nelle persecuzioni naziste.
I Cantoni a Lucca erano di casa. Quelli di Milano, visto che nel 1904 fu qui fondata la celebre Cantoni Cucirini. Azienda che è sopravvissuta fin quasi ai nostri giorni e che ha dato lavoro a moltissimi Lucchesi. Una semplice casualità? Pare che in Milano i Cantoni fossero di umili origini, in realtà vantavano rapporti di parentela persino con gli Sforza Milanesi. E nella seconda metà dell’Ottocento Giovanni Sforza, degli Sforza di Montignoso, ramo cadetto degli Sforza di Milano, sposerà Elisabetta Pierantoni, cugina dell’ingegner Rodolfo Pierotti cui ho fatto cenno. Anche qui casualità o matrimoni combinati che portavano alla realizzazione di tali casualità?
I Montecatini Edison erano anch’essi nella cerchia dei Ghivizzani.
Perché Lucca avrebbe dovuto avere tante assonanze con la realtà ebraica, e dunque palestinese?
Ho provato a descriverlo in precedenti articoli apparsi sul sito www.storico.org e più diffusamente in rete. Riconducendo tutto ciò ai celebri cavalierati medievali. Avendo queste famiglie assonanze dirette con i cavalierati in oggetto, di matildica memoria, evidentemente mai si erano dissociati e distaccati da tale tradizione. E da rapporti ancestrali, personali e politici. Non solo il celebre Ermete Pierotti dunque, di Pieve Fosciana, che divenne una sorta di nume tutelare palestinese, inoltrandosi nei cunicoli del Tempio, costruendo l’attuale acquedotto di Gerusalemme, ma anche ogni forma di rapporto possibile che nei secoli ha continuato a produrre i suoi frutti. Ai tempi di Padre Bernardino Pierotti, nel Seicento, rettore dei Chierici Regolari in Lucca, poi Padri Scolopi, il religioso convertiva con le buone e con le cattive i pochi Musulmani che transitavano in città. Ma c’è da giurarci che con gli Ebrei, sicuramente anche loro invitati più o meno sentitamente alla conversione, avrebbe potuto mantenere maggiore affinità, quella affinità che portò la città a tollerare, seppur a malincuore, le numerose presenze ivi segnalate. Il ghetto in Lucca era ubicato in Piazza San Francesco. La stessa che occupa la celebre chiesa dove i Padri Francescani dimoravano; Padri vicini alla realtà palestinese e, come afferma lo storico Mencacci in Templari a Lucca, vicini a quell’Ordine così mistificato, ma anche tanto agognato e studiato che era l’Ordine Templare. Padre Gioacchino Prosperi «non si metteva mai le mani a cintola» essendo egli un Padre Francescano. Coincidenza di interessi, affinità elettive.
Se spostiamo la nostra attenzione alla lontana Calabria ci accorgiamo paradossalmente che le vicende mazziniane e rivoluzionarie ivi presenti nel Primo Risorgimento si legano alla questione lucchese.
Il Padre Prosperi citato, che era definito all’epoca il «Predicatore della Corsica» e che aveva affinità elettive col bonapartismo mazziniano, cita il 29 marzo 1846 i patrioti convenuti sul sagrato della chiesa di San Rocco in Ajaccio che piangono le cattive notizie, al momento ricevute, sull’occupazione di Cracovia. Prosperi ben conosceva la realtà polacca e la sua famiglia aveva avuto rapporti stretti col Poniatowski, l’amico a Roma di Gioacchino Belli. Padre Prosperi però dalle carte risulta in comunione con Pasquale Galluppi, che da moderato aveva tuttavia abbracciato queste frange mazziniane d’estrazione cattolica ma assolutamente inclini a moti insurrezionali e rivoluzionari. Galluppi fu in comunione con Luigi Settembrini che a sua volta non disdegnò il pensiero rivoluzionario di un bandito come Musolino, in Calabria. Ora sappiamo bene come quest’ultimo non disdegnasse neppure la cacciata dei Francesi dalla Corsica, abbracciando in pieno il pensiero dei rivoluzionari bonapartisti mazziniani córsi. Murat era pochi anni prima sbarcato a Pizzo, in Calabria, dove aveva trovato sì la morte, ma anche frange disposte ad accoglierlo. Il Sud rappresentava per questo ex Sovrano la sua terra acquisita, un mondo che lo riconduceva a una visione di Italia unita «ante litteram». E mai si perse questa eredità, che anche Pasquale Galluppi e Luigi Settembrini, ma anche a suo modo il bandito Musolino, incarnarono. Qui, in Calabria, c’era una nutrita tradizione ebraica, da non sottovalutare, visti i legami dello stesso Mazzini col mondo ebraico. Benedetto Musolino aveva scritto circa la formazione di uno Stato Palestinese, che aveva a cuore. L’Ebraismo, qui come in altre parti d’Italia, faceva da sottofondo comune alla ricerca delle magnifiche sorti e progressive italiane. Inesorabilmente queste realtà si legano e si fondono tra loro, alla ricerca di una Patria comune.