Mazzini in Ucraina: da Dragomanov a Franko,
alla Repubblica
Dagli anni Settanta del XIX secolo
all’indipendenza
«Kobzar» è lo strumento simile alla bandura. Entrambi strumenti musicali a molteplici corde ma con forme differenti. Ucraini, non moscoviti. Come per noi il cantastorie, in Ucraina i vecchi, i ciechi, gli invalidi tra i Cosacchi, che da giovani furono valorosi soldati, raccontavano accompagnati da un fanciullo orfano per i paesi dell’Ucraina, gli eventi e la storia degli anni e dei secoli trascorsi. In cambio tutti concedevano ospitalità, ristoro e riposo. Le donne accompagnavano al giaciglio questi uomini per il loro conforto, che richiamava il popolo minuto e borghese al canto dei racconti. E non c’era altra lingua che l’ucraino; non il russo, non il Surgik; invenzione posteriore, sovietica, cioè una sorta di dialetto nemmeno troppo diffuso tra i dialetti popolari degli «oblast» ucraini, imposto dopo l’Holodomor.
Kobzar, dunque, era la raccolta di poesie, racconti del grande Taras Shevchenko, cantore dei banduristi, poeta, valido pittore, ex schiavo, coevo di Mazzini. Uomo ammirato, rispettato da Dragomanov, questo, famoso esponente della lotta risorgimentale, dotto, letterato, che in Mazzini credeva e su cui aveva impostato il suo pensiero rivoluzionario. L’unità d’Italia lo influenzò, lui che visse alcuni anni a Firenze ed ebbe esperienze dirette nel vedere a compimento lo Stato Italiano. Fu però per una sua visita in Germania nel 1871 che Dragomanov replicò in versi alle pubblicazioni tedesche. Nel Canto slavo Kyjiviano, o Appello ai fratelli slavi scrivendo in favore dell’unità del suo Paese:
«Ehi! L’Ucraino chiede poco,
Di libertà per popolo e lingua.
Ma non perde l’amore
Verso tutta la Rus’ e tutti gli Slavi! […]
Si radunino, i fratelli, a famiglia paritaria
E gridiamo sul banchetto fraterno: Vogliamo per noi e per
tutto il mondo
Solo libertà, cultura e pace».
Così Dragomanov seguì i suoi precursori della Fratellanza Cirillo-Metodiana.
Nel corso del suo impegno, il dotto e libertario affermò la lotta per il diritto alla lingua materna, alla cultura, all’indipendenza, credendo nell’Europa e nelle forze progressiste. Lo testimonia un grande pensatore e letterato che aveva sempre scritto nella sua lingua ucraina, Ivan Franko. Nel 1885 questi scrisse: «Vediamo che bestia è la propaganda dragomanoviana? È, né più, né meno che la propaganda dell’idea dell’indipendenza nazionale dell’Ucraina e della necessità che gli intellettuali ucraini scrivano per il loro popolo ucraino per l’appunto con intellettualità», e cioè con raziocinio, con scienza. Da questa sola idea sono permeati tutti i suoi lavori pubblicati a Kyiv, L’Viv, Vienna, Ginevra, Firenze, Pietroburgo, Mosca.
Negli anni fiorentini 1871-1873 Dragomanov sottolinea nella sua corrispondenza il ruolo dei capi, tra loro: Mazzini, Ledru-Rollin e Kossuth come «vette alpine» secondo l’espressione di Herzen.
Anni dopo, nel 1881 pubblicò un saggio dove sottolinea la lotta per la conquista delle libertà politiche. Infine, spiegò la differenza tra socialisti ucraini e russi. I primi erano per l’interpretazione mazziniana, per l’indipendenza politica della Nazione, mentre per i russi si trattava di organizzare anche oltre i propri confini in tutta l’Europa Orientale l’unità sulle basi che presentava lo Stato degli Zar. Dragomanov individuava, quindi, «il partito d’azione» per l’organizzazione politica, una federazione morale dei popoli slavi ma niente «unità politica» tra essi, come in un articolo di Mazzini ristampato diversi anni prima dal «Kolokol» di Herzen a Ginevra.
Negli anni Novanta, il Professore si trovò a confrontarsi con nuove generazioni che avvertivano la debolezza, secondo loro, del moto ucraino. Sulla stampa di Galizia e Bucovina si svolsero ampi dibattiti con il giovane Boris Grincenko. Nella forma mazziniana, Dragomanov concludeva che senza opera di educazione non ci sarà né liberalismo, né democrazia e che il movimento ucraino non era ancora sviluppato in tal modo da poter realizzare l’ordinamento statale dell’Ucraina. Criticando, così, gli ucrainofili galiziani, osservava: «Non vediamo in nessun luogo i Mazzini, i Manin, i Garibaldi Austro-Ucraini, ma solo due o tre maschere che qualche volta brandiscono spade di carta sui giornali galiziani contro la Russia».
Il futuro preparava nuove generazioni pronte a seguire l’idea unitaria. Tra le più celebri, videro in scena la nipote di Dragomanov, la grande poetessa Lesja Ukrainka che espressamente fu in favore della lotta armata. Nel 1903 da San Remo, scriverà al professore dell’Università di Roma Angelo De Gubernatis:
«Il paraît que mon Pays qui – hélas! – il est “non racheté” dans son ensemble, maintenant proche du début de son “grand Risorgimento”. Entre l’histoire et la littérature de l’Ukraine et celles de l’Italie, je vois plus d’une analogie» («Sembra che il mio Paese che – ahimè! – è “irredento” nel suo insieme, ormai prossimo all’inizio del suo “grande Risorgimento”. Tra la storia e la letteratura dell’Ucraina e quelle dell’Italia, vedo più di un’analogia»).
Ormai entrati nel nuovo secolo oltre alla poetessa nazionale, altri giovani intendevano raggiungere l’unità e l’indipendenza. Karmans’kyj scriverà in ucraino un volumetto su Mazzini. Ivan Franko scrivendo per l’indipendenza, sarà l’esponente più prestigioso e apprezzato nel mondo. Franko si espresse sempre per il popolo ucraino che gli tributò il nome della città di Stanislaviv e di un’intera regione («oblast»). La prima Repubblica di Ucraina stava per nascere, ma il prestigioso intellettuale scomparve nel 1916, poco prima del suo compimento. Fu così che, anticipando il tempo dell’armistizio di Brest Litovsk del 3 marzo 1918, nel febbraio 1917 con la caduta dello zarismo, l’Ucraina divenne Repubblica; ma fu una tribolata e sanguinosa esperienza piena di colpi di scena. Si entra in un altro argomento, non di nostra competenza al momento. I confini politici dell’Ucraina del 1917-1921 furono molto vasti, più degli attuali, e comprendevano le terre fino al fiume Don e oltre, verso Est, il Mar d’Azov, la Crimea e le terre nere, il Kuban, fino alla Georgia a Sud, mentre a Nord, Galizia compresa, gran parte dei monti Carpazi fino in Cechia furono ucraini.
