Mazzini in Ucraina: da Kostomarov a
Dragomanov
Dagli anni Quaranta agli anni Sessanta del
XIX secolo
Scrive Mikula Varvarcev: «Nella diffusione delle idee del “risveglio” slavo ebbero un grande ruolo le opere dei letterati ucraini», tra tutti Taras Shevchenko che per primo cominciò la traduzione della Divina Commedia di Dante Alighieri. Il poeta ucraino era la nuova espressione letteraria del Paese, i suoi scritti, le poesie sono in lingua ucraina. Celebri sono il Testamento, L’eretico del 1845 dedicato al risvegliatore ceco Safarik. Come altri intellettuali, Shevchenko apparteneva alla società segreta «Cirillo e Metodio» che sarà sciolta nel 1847 e i suoi membri imprigionati o deportati in Siberia. Il rigido sistema giuridico e di polizia zarista, come per Taras, aveva però commutato le pene di morte nell’esilio, nel servizio militare verso le più remote province dell’Impero per almeno 10 anni. In questo breve periodo, tra il 1845 e il 1847, il professor Kostomarov cercò di spostare la questione ucraina dal campo letterario a quello politico seguendo le impostazioni di Mazzini, Mickiewicz e altri pensatori come Lefevre, Tocqueville e Cyprien Robert. Ma ancora siamo lontani dall’azione militare e insurrezionale che altri Paesi, come l’Italia, avevano già più volte tentato. Il Libro della genesi del popolo ucraino era il programma stesso di Kostomarov che gli costò la prigione, con riferimenti alla Rivoluzione Francese, ai Decabristi, ai moti polacchi e al pensiero di Mazzini. Al suo fianco i nomi di importanti personaggi come lo storico Kulis e Bilozers’kyj. «Ne’ Zar, né Zarevic» si affermava nella parte finale del Libro della genesi del popolo ucraino che elencava tutti i luoghi degli Slavi. Sarà l’assorbimento del messianismo rivoluzionario mazziniano, che Kostomarov riportò nella novella Panic Natalic, proponendo Kyiv come centro di libertà nazionale del Risorgimento Panslavo, a dare un ulteriore slancio alla coscienza nazionale.
Tra gli uomini che diffusero le idee di Mazzini è giusto citare il possidente della provincia di Poltava, il confratello Mykola Savic che partì per l’Europa Occidentale, in Germania, Francia, Belgio e Italia, dove a Firenze e a Roma incontrò proprio Fjodor Cizov, in stretto contatto con la società «Cirillo e Metodio». L’anima repubblicana toccò importanti centri urbani come Kyiv, Nemyriv, Vinnytsa, Rivne, Zytomir, Clevan’. Ma anche le università prestigiose di Kharkiv. Di questi anni sono le divulgazioni dei libri di Silvio Pellico, Le mie prigioni, le poesie di Adam Mickiewicz e I doveri dell’Uomo di Mazzini che l’esule italiano includeva nel suo progetto di «Bibliothèque du Proscrit». Ovviamente tutto questo fenomeno letterario e non ancora armato, militare, era attentamente sotto controllo delle autorità zariste e del loro sistema di spionaggio: l’Okrana. Il colonnello del corpo dei gendarmi Radiscev, arrestò il suddito toscano Antonio Contesini per l’amicizia con Mlodecki, il negoziante e confratello della «Società Democratica» di Odessa che aveva diffuso attraverso i due giornali «Odesskij Vestnik» e «Journal d’Odesse», l’epopea della Repubblica Romana del 1849 con Armellini e Saffi, che fu il più grande successo politico di Mazzini, e la Repubblica Toscana formata a Livorno da Montanelli e Guerrazzi.
Fino agli anni Cinquanta e Sessanta del XIX secolo il panorama rivoluzionario non si modificò in Ucraina dal piano puramente teorico, non perché il popolo non fosse cosciente di un anelito di libertà, ma piuttosto perché il braccio armato, cioè i Cosacchi e in particolare quelli del Sic («Fortezza») di Zaporizhzhya erano stati smembrati dalla Zarina Caterina II, che dove poté impose a macchia di leopardo la schiavitù nella Piccola Russia (Malorussia).
Lo stesso Shevchenko era nato schiavo e poi riscattato dai suoi benefattori, come a esempio il pittore Brulov, che ne apprezzarono il genio. Sono gli anni delle guerre d’indipendenza in Italia del 1859 che ispirarono un altro personaggio, il colonnello Andrij Krasov’kyi della città di Kyiv, che fu testimone di alcuni avvenimenti del Risorgimento Italiano. Su Krasov’kyi, una nota del kammer-junker della Corte Imperiale Russa Muhanov del 27 agosto 1862, riportò che «il colonnello Krasov’kyi si recò all’estero dove aveva visitato Garibaldi, Mazzini e altri esuli, si impregnò dei loro principi». Il colonnello prima dell’arresto ebbe modo di diffondere le sue idee tra i soldati. Nuove parole, nuovi disegni si arricchirono in quegli anni per merito di quest’uomo che propagandava obiettivi di liberazione che influenzarono anche gli ambienti scientifici. Un esempio fu il professore di diritto internazionale Kacenovskyj che ebbe contatti con emergenti figure a Torino del neonato Regno d’Italia.
A lui seguì l’alunno universitario Becman che dalla cattedra kharkiviana ebbe un ruolo da leader ideologico degli ideali repubblicani. Il problema nazionale era al centro del suo pensiero, come per Mazzini e i mazziniani. Fu anche ammiratore di Shevchenko, il cantore della libertà ucraina, e del di lui Kobzar. Negli anni Sessanta le vicende italiane si rifletterono sulla stampa ucraina non solo per le battaglie ma anche con citazioni dello stesso Mazzini. Il «Kievskij Telegraf» pubblicò, dopo l’arresto di Becman, brani di un articolo di Mazzini uscito sull’inglese «Scotsman». Nell’aprile del 1861 sul medesimo giornale ucraino fu ristampato l’appello dell’«apostolo» agli Italiani «a richiedere di sgombrare Roma e attaccare l’Austria nelle Venezie». Si continuò a parlare di Mazzini anche nel 1863 citandolo per un articolo: Le forze militari in Italia e in Austria. Questo argomento interessò molto gli Ucraini perché buona parte delle terre era inglobata nell’Impero Austro-Ungarico. La censura ebbe sempre meno efficacia nonostante i tagli imposti sui giornali. È impressionante il fatto che l’Impero Zarista abbia cercato sempre di ostacolare i contatti con l’Occidente e abbia perseguitato coloro che ne riportavano lo spirito. Nulla, però, a confronto con il divieto di contatto con l’Occidente imposto dal regime sovietico. In confronto quello zarista era roba da tolleranza alla Voltaire. Il principe Vasil’cikov, a esempio, scriverà al provveditore scolastico di Kyiv, Pirogov, sulle manifestazioni nazionali tra gli studenti, parole prudenti e attente sui «Pensieri agitati e sogni di riforme».
L’unificazione dell’Italia risultò, dunque, importante per la comprensione dei compiti futuri degli Ucraini. Il dotto letterato Myhailo Dragomanov, divenuto in quegli anni il massimo esponente risorgimentale dell’Ucraina, segnalò appunto i motivi analoghi per l’unificazione del Paese di quanto accaduto in Occidente e in Italia, in particolare riconoscendosi nell’esperienza mazziniana.