Banche d’affari
Vicende poco note
Tutti conosciamo almeno per nome alcuni tra i più celebri Istituti d’affari internazionali quali i Rothschild, i Belmont e in ambito italiano i Montefiore e i Franchetti. Ma non conosciamo spesso vizi privati e pubbliche virtù che possono essere illuminanti non tanto per comprendere meglio le vicende pubbliche delle persone coinvolte quanto perché, operando questi Istituti in ambito internazionale, illuminanti proprio sul piano geopolitico ed economico.
I Belmont sono una costola della famiglia Rothschild, almeno in origine. Entrambi provenienti da Francoforte sul Reno, il fondatore della dinastia Belmont era stato uno dei principali amministratori e collaboratori all’interno dell’allora colosso Rotschild; siamo nel Settecento e i Belmont presero a scalare mettendosi in proprio e facendo degli Stati Uniti emergenti la loro patria elettiva. Sicuramente figurano tra i principali ideatori e collaboratori della nascente Wall Street a New York. I Montefiore e i Franchetti viceversa sono Italiani. Entrambi con radici livornesi. E in effetti essendo queste tutte Casate di origine ebraica, sappiamo che sia a Francoforte in Germania che a Livorno in Italia, si erano insediate tra Seicento e Settecento nutrite comunità con tali origini.
I Montefiore e i Franchetti, così come in Germania i Rothschild e i Belmont, furono per l’Italia in particolare determinanti nel finanziare la costituzione del neonato Stato unitario e nel cacciare gli Austriaci dalla Penisola nel corso del Risorgimento.
In particolare Moses Montefiore si stabilì a Londra e lì fece non solo le sue fortune ma anche quelle della Penisola. I Franchetti rimasero più insediati nel Bel Paese. I Rothschild e i Belmont, colossi presenti sia a Londra che negli Stati Uniti, da questi luoghi «atlantici» fecero le fortune, ripeto, delle vicende rivoluzionarie italiane. Soffermarmi troppo sulle questioni conosciute credo sia poco produttivo: tutti possono tranquillamente leggersi le loro celebrate vicende.
Intendo qui descrivere quanto ho incontrato di non conosciuto, o meglio, pubblicato, grazie ai miei studi risorgimentali.
Dapprima ho incontrato i Rothschild. Questo perché studiando un personaggio risorgimentale di stampo cattolico liberale, Ermete Pierotti, ho trovato in nota in una sua pubblicazione del 1870 per l’editore Pellas di Genova dal titolo Il Potere temporale dei Papi al cospetto del tribunale della verità, titolo piuttosto emblematico peraltro, che egli finanziava le sue opere o comunque riceveva sostegno dalla celebre famiglia Rothschild in quel di Parigi. L’opera fu pubblicata in Francia col concorso della tipografia Rothschild, con tanto di indirizzo di riferimento indicato in nota.
La cosa non mi ha stupito molto, visto che i Rothschild finanziarono ampiamente Napoleone III, all’epoca al potere in Francia, e l’ingegnere Ermete, nativo di Pieve Fosciana, in provincia di Lucca, aveva comunione con gli omonimi patrioti della Media Valle del Serchio che «ospitarono» nel 1837 lo stesso Luigi Napoleone Bonaparte quando questi era un rifugiato e ricercato mazziniano, come appare nelle carte rinvenute.[1] Le vicende singolari poi del personaggio Ermete, che i Tedeschi descrivono come spia russa e che aveva nella Royal Society britannica agganci importanti, lasciano presagire singolari situazioni che forse gli stessi protettori parigini avrebbero potuto conoscere o quantomeno ventilare.
Ma proseguirei con i Belmont, stanziatisi a New York. Qui troviamo nello stesso periodo un caro amico e interprete della politica italiana del tempo, l’ex agente murattiano Giuseppe Binda divenuto Joseph Agamemnon Binda, sposando la figlia del Generale Sumter. Ora Binda era in piena sintonia con quei luoghi e quelle situazioni finanziarie citate ed era un caro amico dello stesso Leonetto Cipriani, bonapartista e murattiano della prima ora (un ramo familiare dei Cipriani peraltro ubicato in Calabria).
Leonetto Cipriani all’epoca per un breve periodo fu anche lui negli Stati Uniti, e precisamente a Belmont, ridente località nella baia di San Francisco, di cui divenne il boss indiscusso. Wikipedia indica il nome Belmont come una italianizzazione, preludio a Bel Monte. Ma viene da pensare a qualche legame con la celebre Casata ormai newyorkese dei Belmont, visto che poi il Cipriani vendette prima di far rientro in Italia le sue proprietà in Belmont al fondatore della Bank of California, che aveva origini in Ohio e che non era estraneo agli ambienti finanziari newyorkesi. Potevano i Belmont disinteressarsi delle questioni italiane se le vicende di Joseph Agamemnon Binda sono quelle che ho pubblicato? Sicuramente no. E tantomeno quelle situazioni potevano essere disconnesse dalle questioni di Leonetto Cipriani, le cui vicende politiche si intrecciano con quelle di Joseph Agamemnon Binda e dei suoi accoliti toscani. Basta leggere le carte.
La condizione degli altri banchieri, questa volta di origine italiana, ossia Montefiore e Franchetti, tende del tutto a confermare tale ipotesi.
Moses Montefiore fece la sua fortuna in Inghilterra pur essendo livornese di nascita. Un uomo che riuscì sul suolo britannico a costruire un vero e proprio colosso finanziario. Nella mia città, Lucca, e precisamente in una località chiamata Gattaiola, non distante dalla cinta muraria cittadina, troviamo tutt’ora una villa a lui dedicata. Adesso è luogo di vacanza per turisti ma nel XIX secolo appartenne al celebre uomo d’affari: Villa Montefiore. Segno evidente dei legami forti con la compagine cittadina cui ho fatto cenno. Qui, sempre a Lucca, troviamo anche i banchieri Franchetti. Uno di loro si legò, dopo aver abbandonato la legittima consorte, a una donna di non nobili natali, che apparteneva alla borghesia cittadina, una Bellandi, e fu richiamato per questo all’ordine. La madre del Franchetti era una Rothschild. Un loro figlio legittimato fu costretto a fuggire a New York perché non si perdonava lo scandalo. Vicenda che in città tutti conoscevano. Un concentrato dunque, in una sola città, di forze in campo legate tutte al mondo finanziario nazionale e internazionale. Legame che non venne mai meno, anche quando Germaine de Rothschild, sempre ai primi del Novecento, si legò indissolubilmente alla città anche da Parigi, dove risiedeva e, appassionata della musica del celebre musicista lucchese Luigi Rodolfo Boccherini, scrisse e raccolse cimeli su di lui, poi donati alla Fondazione Boccherini. Recentemente il sindaco nella nostra città ha omaggiato chi si è fatto interprete sempre a Parigi di tale eredità.
Avevano un nome questi patrioti cittadini coinvolti, oltre i già citati? Leonetto Cipriani, abbiamo visto, non era estraneo a tali movimenti. Una volta stabilitosi a Livorno, chiamò alcuni suoi appezzamenti in loco «La California», in ricordo dei suoi trascorsi a Belmont, nella baia di San Francisco. La stessa cosa fece un suo caro amico, il Lucchese Carlo Massei, mazziniano, di madre un Burlamacchi. Parte della famiglia riformata lucchese che dal Cinquecento risiede a Ginevra.
Anche Carlo Massei, in Lucca, in località Massa Macinaia, chiamò parte di una sua proprietà col nome de «La California». Quasi a suggellare il legame col Cipriani. Non mi risulta infatti che il Massei abbia mai raggiunto il Nuovo Mondo. Una targa in una piazzetta nel paesino di San Giusto di Compito suggella questi ricordi.
I nomi dei patrioti coinvolti sono assolutamente di rilevo e una lettera che ho descritto ampiamente in un articolo in rete lo dimostra.[2] Si tratta di Antonio Mordini, poi prodittatore della Sicilia ai tempi della spedizione dei Mille; del patriota mazziniano Ghilardi, amico e collaboratore di Giuseppe Garibaldi, morto in Sud America; degli Allegrini, gli editori fiorentini trapiantati anche a Lucca e nel Livornese; dei Casali, altro celebre nome della borghesia cittadina lucchese; dei Simi, anche questi celebri in loco. Ma ancor più dei fratelli Fabrizi, i fondatori della Lega Italica, che avevano nazionalità modenese ma in realtà erano originari di Sassi Eglio, nel comune di Molazzana, in provincia di Lucca ed erano cugini dei Pierotti citati, anche loro coinvolti nelle vicende. Situazioni che sono facilmente rinvenibili e classificabili. A monte il riformato Duca Lucchese Carlo Ludovico di Borbone-Parma, anche lui all’epoca finanziato dai Rothschild, con cui si indebitò. Evidentemente i rapporti, viste le carte, non si fermarono al 1848, segno evidente che fino all’unità nazionale del 1861 tutti i giochi erano assolutamente aperti. Sono trascorsi circa 200 anni da tali avvenimenti e credo che la storiografia ufficiale farebbe il suo dovere se pubblicasse e «aggiornasse» in modo chiaro l’intera complessiva questione italiana, che vedeva cattolici liberali e mazziniani assolutamente collaborativi e con gli stessi agganci politici, cosa che non è mai stata suggellata sin qui.
1 Nicola Laganà, Da Menabbio a Benabbio, Bagni di Lucca 2007. Egli riferisce che qui il Duca Borbonico Carlo Ludovico ospitava i Bonaparte ma Benabbio, paesino minuscolo, aveva all’epoca come principali personaggi patriotticamente di rilievo presenti proprio personaggi afferenti agli stessi ambienti familiari di Ermete.
2 www.storico.org e «A viva Voce», quest’ultima rivista online córsa ma in lingua italiana. L’articolo pubblicato ha titolo: Risorgimento in penombra. Da un’angolazione defilata fotografiamo un’epoca.