Il ghetto di Theresienstadt
La prigionia degli Ebrei Tedeschi nella Germania nazista

Nell’Europa del 1941, quasi del tutto occupata dalla Wermacht, il mondo non stava solo assistendo allo scontro tra Germania nazista e URSS ma anche all’inizio della lotta spietata intrapresa dalla Germania contro gli Ebrei.

Non a caso, fu proprio nell’estate del 1941 che la Germania, nei territori sovietici occupati, iniziò a far fucilare e sterminare ogni singolo Ebreo caduto nelle mani delle speciali unità operative delle SS («Einsanztgruppen»), donna, uomo o bambino che fosse.

Tale strategia fu possibile unicamente perché, al Tedesco medio, importava poco della fucilazione degli Ebrei Orientali. Al contrario di quanto invece pensava per la condanna a morte di un Ebreo Tedesco.

I civili tedeschi, per quanto gli Ebrei in generale fossero da loro ritenuti dei parassiti e delle sanguisughe, non riuscivano a concepire l’idea che un loro vicino di casa, un loro connazionale venisse messo a morte. Sentimento che veniva rafforzato in particolare verso quegli Ebrei Tedeschi che avevano combattuto nell’esercito imperiale tedesco durante la Prima Guerra Mondiale; la logica di tale pensiero era semplice: «Sarà anche di fede ebraica ma è pur sempre un Tedesco e ha combattuto per il Reich nel 1914-1918».

Per tale motivo gli architetti della soluzione finale della questione ebraica, Heinrich Himmler e il suo vice, Reinhard Heydrich, crearono dentro il Protettorato di Boemia e Moravia, precisamente nella vecchia fortezza asburgica di Theresienstadt, l’omonimo ghetto, il quale imprigionava tutti quegli Ebrei Tedeschi di età avanzata fino a 65 anni (o 55 anni per i disabili di guerra) che avevano combattuto nella Prima Guerra Mondiale per l’esercito imperiale tedesco e che avevano ufficialmente ottenuto il Distintivo per i feriti nero o la Croce di Ferro di seconda classe.

In tale struttura «residenziale», che in teoria doveva garantire a questi veterani la possibilità di sopravvivere alla guerra, si contarono fino a 144.000 prigionieri dei quali 33.000 morirono per fame e malattie con un tasso di mortalità che ebbe il suo apice nel 1942 con il 50% e il suo minimo nel 1944 col 17,2%, mentre 88.000 di questi Ebrei furono deportati a morire nei campi di sterminio veri e propri.

A plasmare il campo fu soprattutto il suo primo comandante, in seguito giustiziato nell’Austria occupata dai Sovietici dopo la guerra, ovvero l’Hauptsturmführer Siegfried Seidl, un giovane accademico originario dell’Austria il cui padre, mastro parrucchiere, era risultato disperso in azione nel 1915, durante la Prima Guerra Mondiale.


Bibliografia

Niccolò Bendini, Friedrich Jeckeln il boia del Baltico, Tralerighe Libri (2024)

Gordon Williamson, Die SS-Hitlers Instrument der Macht: Die Geschichte der SS von der Schutzstaffel bis zur Waffen-SS, Neuer Kaiser Verlag (2013).


Sitografia

https://www.biographien.ac.at/oebl/oebl_S/Seidl_Siegfried_1911_1947.xml

(luglio 2025)

Tag: Niccolò Bendini, ghetto di Theresienstadt, Seconda Guerra Mondiale, 1941, Germania nazista, SS, Prima Guerra Mondiale, Heinrich Himmler, Reinhard Heydrich, Protettorato di Boemia e Moravia, Siegfried Seidl.