La Chiesa nella Spagna Franchista
Un breve sunto sul comportamento della
Chiesa durante la Guerra Civile Spagnola nei territori
nazionalisti
Riguardo all’atteggiamento della Chiesa durante la Guerra Civile Spagnola si sono spesso confrontate due posizioni ideologiche: la prima descrive una Chiesa «criminale» in quanto strettamente complice e alleata dei nazionalisti di Francisco Franco; la seconda invece descrive una Chiesa «martire» perché vittima di una feroce persecuzione religiosa. Entrambe le visioni contengono delle verità. È noto che durante il conflitto la Spagna si divise in due zone: nella parte controllata dai repubblicani si verificarono gravi episodi di anticlericalismo comprendenti incendi di chiese e l’uccisione di sacerdoti colpevoli soltanto di indossare l’abito talare; al contrario, nel settore controllato dai nazionalisti, il Cattolicesimo fu ampiamente sostenuto al punto che non andare a Messa poteva significare perdere il posto di lavoro o essere etichettati come sovversivi.[1]
A onore del vero, l’alleanza tra il clero e i ribelli inizialmente non fu un fatto scontato: nei primi proclami nazionalisti era assente qualunque riferimento religioso, e anzi, si ribadiva il concetto di separazione tra Stato e Chiesa. Tuttavia, dopo l’inizio delle violenze anticlericali, gli uomini di Chiesa si schierarono dalla parte dei rivoltosi, e interpreteranno la guerra come una «Crociata». L’Arcivescovo di Valladolid dichiarò il 28 marzo 1937: «I soldati nazionalisti sono i soldati di Cristo e della Spagna»; l’Arcivescovo di Tuy, in Galizia, affermò: «Non si tratta di una guerra civile, ma di una Crociata patriottica e religiosa»; l’Arcivescovo di Cordova vantava «la Crociata più eroica che la storia abbia conosciuto», e l’Arcivescovo di Granada assicurò: «Noi ci troviamo di nuovo a Lepanto» (affermazione paradossale se si pensa al ruolo svolto dai musulmani marocchini tra le truppe franchiste). Lo stesso Caudillo avrebbe adottato questa visione al punto da dichiarare: «La sollevazione nazionale spagnola è una nuova Crociata, ricca di spiritualismo e ideali, nel seno dei materialismi contemporanei».[2]
L’appello più importante effettuato dalla Chiesa Spagnola a favore dei franchisti fu la lettera collettiva sottoscritta dalla quasi totalità dei Vescovi nel luglio del ’37[3]; in questo documento venivano descritte le persecuzioni religiose contro la Chiesa (ignorando le vittime fatte dai nazionalisti), e si affermava che la guerra vedeva lo scontro tra due forze inconciliabili: i ribelli che si battevano per la patria e la religione, e le «forze materialiste» rappresentate da comunisti e anarchici che intendevano imporre un regime di stampo sovietico.[4]
Oltre a incitare alla Crociata attraverso omelie, benedizioni e interventi alla radio, vi furono anche dei casi di sacerdoti che parteciparono alla lotta armata (tuttavia le accuse repubblicane che parlavano di preti che sparavano dai campanili e di depositi di armi nascosti nei conventi risultarono delle false notizie). Ai sacerdoti venne anche concessa la possibilità di rilasciare certificati di buona condotta, gli «avales», con cui potevano difendere i cittadini dalle repressioni delle autorità oppure svolgere un’attività delatoria.[5]
Più cauta fu la posizione della Santa Sede: Papa Pio XI in un discorso del 14 settembre 1936 diede la sua benedizione «a quanti si sono assunti il difficile e pericoloso compito di difendere e restaurare i diritti e l’onore di Dio». Tuttavia, il Pontefice non descrisse quella di Spagna come una Crociata, ma come una dolorosa guerra civile e invitò a pregare anche per i nemici della Religione. Il Vaticano invierà nel luglio del ’37 Monsignor Ildebrando Antoniutti per avviare relazioni ufficiose con Franco, ma solo nel maggio del ’38 la Santa Sede riconoscerà lo Stato Franchista inviando come Nunzio Apostolico l’Arcivescovo Gaetano Cicognani. Inoltre, in seguito alla vittoria dei nazionalisti, il nuovo Papa Pio XII, nel radiomessaggio del 16 aprile del ’39, espresse la sua felicitazione «per il dono della pace e della vittoria con il quale Dio si è degnato di coronare l’eroismo cristiano».
Da parte sua, Francisco Franco ricompenserà il clero facendo del Cattolicesimo la religione di Stato e introducendo una legislazione comprendente l’abrogazione del divorzio e del matrimonio civile, il ripristino del controllo della Chiesa sull’insegnamento, la restituzione delle proprietà ecclesiastiche confiscate, la penalizzazione delle bestemmie e una serie di misure discriminatorie nei confronti dei protestanti.
Vista la stretta unione durante il conflitto tra Franchisti ed ecclesiastici si comprende il motivo per cui nel settembre del 1971, l’Assemblea Ecclesiale Spagnola avrebbe rilasciato una dichiarazione con la quale chiese perdono per non aver saputo «a suo tempo essere veri ministri di conciliazione nel seno del nostro popolo, diviso da una guerra tra fratelli».
1 Confronta Paul Preston, La guerra civile spagnola, il Giornale. Biblioteca storica, Milano, 1999, pagina 168.
2 Citazioni prese da Bartolomé Bennassar, La guerra di Spagna. Una tragedia nazionale, Giulio Einaudi Editore, Torino 2006, pagine 312-313. Tuttavia è risaputo che non tutta la Chiesa accolse favorevolmente Franco: i Paesi Baschi – sebbene la popolazione fosse conosciuta come «la gente più cristiana di Spagna» – si schierarono a fianco della Repubblica che gli aveva concesso uno statuto di autonomia, e in quel territorio non si verificarono le persecuzioni anticlericali che invece si ebbero in altre zone dominate dai repubblicani. Il clero basco fu tuttavia duramente perseguitato dai nazionalisti, tanto che 278 preti e 125 frati vennero incarcerati, privati dei loro beni e deportati in altre regioni della Spagna, e 14 di loro furono in seguito uccisi. Confronta Hugh Thomas, Storia della Guerra Civile Spagnola, Torino 1963, pagine 470-473.
3 Due Vescovi si rifiutarono di firmare il documento: il Cardinale Francesc Vidal Y Barraquer, Arcivescovo di Tarragona in Catalogna, e il Vescovo di Vitoria, nelle Provincie Basche, Monsignor Mateo Mùgica. Per il loro rifiuto, i due Vescovi non ebbero la possibilità di rientrare in Spagna e vennero costretti all’esilio.
4 Confronta Lucia Ceci, La fede armata. Cattolici e violenza politica nel Novecento, Il Mulino, Bologna, 2022, pagina 91.
5 La fede armata, pagine 97-98.