La storia di Marte
Un pianeta così simile e così diverso dalla Terra, che potrebbe diventare un giorno la nostra casa

Marte: una distesa di roccia rossa, rosso anche il cielo per la polvere di ferro che offusca l’atmosfera; un mondo freddo, morto, inerte, dove il Mons Olympus, con i suoi 27.000 metri di altezza (l’altura più elevata di tutto il Sistema Solare, accanto al quale persino l’Everest apparirebbe come una misera collina), svetta immobile e solitario; da tempi immemorabili questo vulcano non sente più ribollire in sé la lava. Sembra incredibile pensare che in questa desolazione, dove il sibilo del vento è l’unico suono che fende il silenzio, il pianeta possa essere stato un tempo vitale, con i suoi fiumi immensi di cui restano le tracce nei famosi «canali», con i suoi oceani, le sue isole circondate dall’acqua… la sua vita, addirittura, anche se solo a livello di batteri e altri microrganismi. Eppure, è proprio in questo pianeta, all’apparenza così inospitale, che l’umanità sarà costretta a trasferirsi, molto prima di quanto possiamo immaginare.

All’inizio, la Terra e Marte erano mondi simili, agglomerati di roccia in gran parte fusa, con l’atmosfera pregna di gas e vapore acqueo che fuoriuscivano dai vulcani. Il Sistema Solare era ancora in formazione e lo spazio interplanetario era pieno di polveri e frammenti di roccia.

Circa 4 miliardi e mezzo di anni fa, un pianeta chiamato Theia, grande più o meno come Marte, fu sbalzato dalla sua orbita a causa delle influenze gravitazionali di Giove e iniziò a precipitare a velocità impressionante verso il Sole. In questo suo percorso, però, trovò la Terra a sbarrargli il passo.

L’impatto fu spaventoso: Theia colpì la Terra non proprio al centro, ma di lato, e questo evitò che entrambi i pianeti esplodessero. Il pianeta più piccolo fu letteralmente fatto a pezzi; il suo nucleo ferroso si fuse con quello della Terra, che aumentò notevolmente di dimensioni. Enormi frammenti di roccia si sparsero in orbita attorno alla Terra: alcuni ricaddero sul pianeta, altri si aggregarono gli uni con gli altri e, nel giro di un anno, formarono la Luna. L’asse della Terra si inclinò a causa della violenza della collisione e l’attrazione della Luna (che avremmo visto d’un rosso acceso, e grande tre volte quella che vediamo oggi per la sua maggiore vicinanza al pianeta) lo tenne nella giusta inclinazione, permettendo l’alternarsi delle stagioni. L’anidride carbonica presente nell’atmosfera si sciolse nell’acqua dei primi oceani formando grandi rocce che, spinte verso il basso dalla deriva dei continenti, si andavano a fondere con gli strati più profondi dell’interno del pianeta, per poi essere espulse sotto forma di gas verso l’alto dai vulcani, in una girandola che non ha termine neppure oggi. In pratica, se non ci fosse stato Theia a «sacrificarsi», non ci sarebbe stato nessuno a scrivere quest’articolo, o a leggerlo!

Marte non ebbe la nostra fortuna. Il suo nucleo, non ingrandito da nessun altro pianeta, si andava rapidamente raffreddando e solidificando. L’anidride carbonica si scioglieva negli oceani formando grandi ammassi rocciosi che, non spinti verso il basso da alcuna deriva dei continenti, la sottraevano all’atmosfera. Marte ha due Lune, Phobos e Deimos, ma sono piccole e la loro attrazione gravitazionale non riesce a tenerne stabile l’asse: il pianeta – che pure ha le sue stagioni – gira un po’ come una trottola, in alcuni periodi è esposto a massicce inondazioni di calore, in altri periodi a gelo intenso.

La mancanza di un campo magnetico a causa della solidificazione del nucleo ha esposto Marte all’influenza del vento solare, che continua a spazzarne via l’atmosfera, ormai ridotta a un decimo di quella terrestre e composta prevalentemente di anidride carbonica, con una percentuale minima di ossigeno (troppo poco per il nostro sistema respiratorio). Nel corso di 500 milioni di anni gli oceani, non più trattenuti dall’atmosfera, cominciarono a evaporare e perdersi nello spazio. Forse fu solo un miliardo di anni fa che Marte assunse l’aspetto deprimente che ha ora.

L’acqua c’è ancora, su Marte, intrappolata sotto 1.500 metri di ghiaccio ai poli del pianeta e non solo: stagni di acqua salata sono disseminati in molti luoghi, sempre sotto massicce calotte ghiacciate, e probabilmente vi sono immensi fiumi sotterranei di acqua corrente, a giudicare dalle numerosissime tracce di acqua intrappolata nelle rocce scoperte durante le ultime esplorazioni. Si ritiene che, all’inizio della sua storia, Marte avesse persino più acqua della Terra!

Acqua, calore, atmosfera almeno fino a tempi relativamente (su scala geologica) recenti: sono gli elementi fondamentali per chiedersi se su Marte potrebbe essersi formata la vita. In fondo, sulla Terra le prime tracce fossili di vita risalgono a 500 milioni di anni fa, ma i primi organismi potrebbero risalire a tre miliardi e mezzo di anni fa.

Nel 2024 il rover Perseverance della NASA ha trovato in una roccia delle molecole organiche, elementi costitutivi della vita: gli scienziati sostengono che Marte potrebbe aver ospitato antichi microbi nel fango sott’acqua, forse addirittura dei piccoli vermi. Anche il rover Rosalind Franklin dell’Agenzia Spaziale Europea (che dovrebbe essere lanciato nel 2028), potrebbe far progredire la ricerca della vita su Marte, perché perforerà in profondità la superficie del pianeta rosso e analizzerà i campioni raccolti. In passato persino il rover Curiosity, che è ancora oggi operativo nel cratere Gale, ha scoperto composti organici nelle argilliti presenti in quella zona. Sono tutte strutture che, sostengono alcuni, potrebbero essersi formate in modo non biologico, tramite reazioni chimiche che però dovrebbero essere diverse da quelle terrestri, ma che fanno ben sperare.

Oltretutto, se su Marte – come sembra – c’è acqua salata corrente, potrebbero esserci tuttora forme di vita, anche se semplici: i batteri sanno essere tremendamente tenaci, e adattarsi a condizioni estreme che risulterebbero letali per tutte le altre forme di vita. In fondo, la vita è probabilmente la forza più dirompente dell’Universo!

Niente omini rossi, insomma, però in un prossimo futuro Marte potrebbe ospitare davvero una forma di vita evoluta: quella umana! Il «visionario» Elon Musk ha in progetto una colonia su Marte che potrebbe ospitare un migliaio di scienziati entro il 2030; sarebbe protetta da una calotta solida e con macchinari che scinderebbero l’anidride carbonica dell’atmosfera nei suoi elementi carbonio e ossigeno: il carbonio verrebbe reimmesso nell’atmosfera, mentre l’ossigeno servirebbe per la respirazione degli uomini della colonia.

Fantascienza? Una delle solite «sparate» di Musk? Forse. Però ci sono molti altri scienziati che ritengono fattibile una città marziana non oltre il 2054.

Rendere Marte un pianeta abitabile come la Terra, se fosse possibile, occuperebbe probabilmente molte migliaia di anni. Ma, forse, qualcuno di noi potrebbe anche vedere della vita sul pianeta rosso. Vita «importata», naturalmente. Ma pur sempre vita!

(novembre 2025)

Tag: Simone Valtorta, storia di Marte, Terra, Mons Olympus, Sistema Solare, Theia, Giove, formazione della Luna, Phobos, Deimos, acqua su Marte, vita su Marte, rover Perseverance, rover Rosalind Franklin, rover Curiosity, cratere Gale, Elon Musk, uomini su Marte.