Le piramidi di Montevecchia
Un mistero non ancora del tutto svelato
Se nominassi la parola «piramide», probabilmente tutti penseremmo all’Egitto, magari anche al Messico, dove sono state trovate costruzioni simili. Pochi, invece, penserebbero all’Italia. Invece, all’interno del parco naturale della Val Curone in Lombardia, a circa 40 chilometri da Milano e a 15 da Lecco, nel Comune di Rovagnate, nel cui territorio c’è il piccolo paese di Montevecchia (di antica origine), ci sono tre colline dalla forma evidente di piramidi.
Intendiamoci, non sono state costruite dall’uomo e non vi si trovano all’interno mummie o tesori (anche perché non c’è un «interno»): sono tre formazioni collinari naturali che in epoca imprecisata – ma probabilmente remota – sono state modellate artificialmente dalla mano dell’uomo. Erano lì da epoche innumerevoli, ma solo nel 2001 l’architetto Vincenzo De Gregorio, visionando foto satellitari e aeree, ne ha compreso l’esistenza. La notizia della scoperta di colline piramidali lombarde seguiva di non molto tempo quella delle piramidi in Bosnia e precedeva di anni quella della scoperta di analoghe piramidi nei pressi di Benevento, in Francia e in Ucraina: stessa tecnica (colline naturali rimodellate dalla mano dell’uomo) e stesso orientamento. Già, perché tutte le colline sono orientate a Est e posizionate esattamente come le tre stelle della cintura di Orione (per gli Egizi Orione era l’immagine celeste del dio Osiride, colui che avremmo incontrato alla fine del nostro cammino e che ci avrebbe giudicato nell’aldilà): Alnitak, Alnilam e Mintaka. Le piramidi sono allineate col passaggio di Orione all’alba del solstizio d’estate; se le confrontiamo con le piramidi egiziane di Cheope, Chefren e Micerino nella piana di Giza, vediamo che la proporzione e la posizione sono identiche. Solo un caso? Difficile crederlo.
Quelle che all’apparenza potevano sembrare tre semplici colline di roccia calcarea (ormai ricoperte di erba e di terra), pur se dalla forma strana, all’osservazione satellitare hanno mostrato che la base, i lati e la pendenza sono identici, cosa che in natura è impossibile. Ricerche effettuate da Vincenzo De Gregorio e successivamente da altri studiosi e ricercatori, astrofisici e archeologi italiani e stranieri, hanno portato a scoprire che si tratta di tre piramidi a gradoni, con lo stesso orientamento e un’inclinazione massima di 42-43°. La più alta misura forse 150 metri e supera di 4 metri quella di Cheope in Egitto. Da tutte e tre le cime delle colline può essere osservato il sorgere del sole a Oriente dietro le montagne delle Alpi, e nelle giornate limpide è distinguibile pure la città di Milano.
Naturalmente, non mi sono lasciato sfuggire l’occasione per fare un sopralluogo sul sito con un paio di amici, se non altro per curiosità.
La prima piramide di Montevecchia (Italia)
La prima piramide, con una base stimata in 100 metri e un’altezza di 50, è chiamata «collina dei cipressi» per via della presenza sulla cima appiattita di dodici cipressi in circolo, che le conferiscono un’aura in qualche modo «sacrale».
La seconda piramide di Montevecchia (Italia)
Più importante è la seconda piramide (alta intorno ai 40 metri), denominata «belvedere Cereda»: è anche la più suggestiva, perché essendo maggiormente spoglia rispetto alle altre mostra la regolarità dei gradoni che la rendono incredibilmente somigliante alla piramide egizia di Saqqara. Presenta una cerchia muraria difensiva in pietra di cui sono ancora perfettamente visibili due dei quattro metri originari di altezza. L’opera chiudeva ad anello l’intera altura ed è di epoca celtica (circa 500-400 avanti Cristo): i Celti erano soliti effettuare questo tipo di imponenti strutture difensive (denominate «castellieri») quando si voleva proteggere una costruzione importante, come un santuario o un punto di osservazione astronomico, e nello stesso tempo approntare con mura difensive una zona che potesse servire di rifugio alle popolazioni che vivevano nelle valli in caso di un pericolo improvviso. La piramide è stata probabilmente scelta per le sue caratteristiche molto favorevoli all’osservazione del cielo: la cima è stata resa piatta e coperta con blocchi di granito ben squadrati (peculiarità delle piramidi-santuario che venivano utilizzate come osservatori celesti), ma la collina era già stata modellata in epoche precedenti in modo che il lato principale fosse orientato perfettamente a Est. È stato rinvenuto sulla sommità anche un monolite di pietra granitica di due metri di altezza, accanto al quale vi è un secondo monolite di dimensioni più piccole, anche se superiori al metro. La conferma del fatto che i Centi utilizzassero la seconda piramide come un osservatorio astronomico è data anche dalla realizzazione del muro a secco allineato lungo il meridiano astronomico locale: è sufficiente avere dei punti di riferimento molto stabili nel tempo, però posti secondo delle direttive astronomiche ben precise, per riuscire a effettuare una serie di misurazioni importanti; per esempio, bastava posizionare quattro pali sul bordo del lato Est della sommità della piramide e per un osservatore posto in corrispondenza del secondo monolite sarebbe stato possibile calcolare, tra le altre cose, sia gli equinozi solari sia quelli lunari, fino ad arrivare alla determinazione delle eclissi che tanto erano temute dal popolo celtico, dato che si pensava fossero causa di interruzione del calore vivifico del sole, che per degli agricoltori significava la fine dell’intero popolo.
La terza piramide, quella più a Nord, è di difficile identificazione visto che è completamente ricoperta di vegetazione.
In conclusione, il fatto che le piramidi siano allineate secondo le tre stelle della cintura di Orione, siano orientate perfettamente a Est, siano tra loro perpendicolari, rimanda la modellazione a un popolo che aveva ampie e diffuse conoscenze astronomico-matematiche tipiche delle popolazioni dedite alla coltivazione dei campi nelle valli sottostanti, per il quale lo studio della volta celeste e del movimento degli astri era essenziale per il ciclo delle culture agricole e, in definitiva, per la propria esistenza.
Sicuramente non si trattava dei Celti, che pure furono gli ultimi utilizzatori dell’opera, dato che non costruivano piramidi né modellavano a forma di piramide colline esistenti per i loro scopi religiosi-scientifici. Bisogna risalire più indietro nel tempo.
Nella Preistoria, durante l’ultima glaciazione, i ghiacci provenienti dalle Alpi non hanno mai solcato queste valli, la cui conformazione ne ha deviato il corso. Tutta la zona è rimasta un’oasi verde in cui le popolazioni locali hanno potuto rifugiarsi. Qui sono stati ritrovati i resti umani del più antico insediamento preistorico lombardo, risalenti a 60.000 anni avanti Cristo, mentre le prime tracce di attività agricole risalgono a dopo il 4.100 avanti Cristo: se dobbiamo imputare a queste misteriose popolazioni (misteriose perché le conosciamo ancora pochissimo) la modellazione delle tre piramidi, questa dovrebbe essere stata effettuata tra il 4.000 e il 1.000 avanti Cristo, quando vi è la prova archeologica della presenza di popolazioni celtiche in quest’area del Nord Italia. La prima data le porterebbe a essere addirittura più antiche delle piramidi egizie (per non parlare di quelle maya, che sono ancora più recenti). È impossibile stabilire una data più precisa. Risulta invece probabile lo scopo a carattere religioso-astronomico della loro realizzazione e non per finalità agricole, dato che il loro terreno (detto «dei prati magri») si può coltivare solo con grande difficoltà.
Ma la cosa stupefacente è un’altra: nuove indagini hanno portato alla scoperta, lì, di altre 7-9 colline piramidali a terrazze! Tutte testimonianze di una civiltà antica, scientificamente evoluta (per quei tempi), sicuramente con una società gerarchicamente ordinata, che ha lasciato questi enigmatici segni come tracce del suo passaggio sulla Terra.