Il «Medioevo Ellenico»
La Grecia antica tra mito e storia
Fra il XII e l’XI secolo avanti Cristo, al culmine della propria potenza, la civiltà micenea che si è formata in Grecia decade.
È difficile dire con sicurezza quali ne siano state le cause: potrebbe essere un cambiamento del clima con conseguenze negative sulla produzione agricola oppure sconvolgimenti sociali che avrebbero indebolito o addirittura rovesciato il potere delle caste dirigenti. La storiografia, sebbene non in modo univoco, propende ad attribuirne la responsabilità alle migrazioni di quelli che vengono chiamati «Dori» e che, irrompendo dalla Macedonia, dalla Tracia e dall’Epiro, si sovrappongono a popolazioni giunte in tempi precedenti, Eoli e Ioni, costringendole a ritirarsi in altre zone della Grecia.
I Dori vengono descritti come genti dedite in prevalenza alla pastorizia ed alla caccia, e il bisogno di nuovi pascoli li porta a continue migrazioni; durante la loro penetrazione in Grecia, distruggono quasi completamente la fiorente agricoltura e le grandi riserve di bestiame. Si vantano d’essere i discendenti di Ercole che, ostacolati nel loro giusto ritorno nel Peloponneso, lo vogliono riconquistare eroicamente con la forza. Disdegnando di trasformarsi in agricoltori anche dopo essersi stabiliti definitivamente nelle nuove terre, mantengono una posizione di privilegio, esercitando soprattutto il potere politico ed il mestiere delle armi, e lasciando invece ai popoli vinti e ridotti in schiavitù le attività manuali, come l’agricoltura e l’artigianato.
Il periodo che data dall’esaurirsi della civiltà micenea al sorgere di quella greca, fra il XII e l’VIII secolo avanti Cristo, è detto, impropriamente, «Medioevo Ellenico», volendo, con questa definizione, indicare un’età oscura, barbara, di decadenza, con un paragone, fin troppo evidente, con il Medioevo Europeo – si tratta di un periodo mal conosciuto, e perciò evocatore di immagini romanzate. Ma, come da un pezzo è ormai superato il pregiudizio di una barbarie del nostro Medioevo (quasi fosse una parentesi da dimenticare, fra lo splendore dell’Impero Romano e il presunto risorgere della cultura classica con il Rinascimento), così non dobbiamo dare giudizi sommari e spregiativi sul Medioevo Ellenico. Infatti proprio in questi secoli ritenuti così decadenti sono nati i poemi omerici – Iliade ed Odissea –, ossia pagine di poesia epica fra le più alte che l’uomo abbia mai scritto, e reperti che indicano già una delle caratteristiche della futura arte greca: la ricerca dell’assoluto (la perfezione della forma geometrica) e la proporzionalità (il rapporto reciproco fra le varie parti in funzione del «tutto»); se la camera nuziale di Ulisse, fabbricata personalmente da lui stesso, fa pensare ad una modesta casa, il palazzo di Alcinoo nell’isola dei Feaci ci viene descritto da Omero come lussuosamente decorato di bronzo, d’argento e d’oro, altrettanto ricco appare quello di Menelao a Sparta così come quello di Priamo a Troia, con 50 stanze per i figli del Re e 12 per le figlie. Agli inizi dell’VIII secolo avanti Cristo, depositi votivi e ricche tombe appaiono ricolmi di splendidi calderoni di bronzo a tre piedi, armi, figurine di bronzo, fermagli, gioielli e statuette. È dunque questo un periodo di formazione, al quale concorrono elementi di derivazione cretese-micenea ed orientale, tutti lungamente elaborati e vivificati dalle nuove popolazioni che vanno ad abitare le terre greche.
Il movimento migratorio che porta alla distruzione della civiltà micenea parte da lontano, dall’Europa Centrale (Germania, Austria ed Ungheria), ed è forse causato dagli stessi Micenei: la loro espansione commerciale e l’elevata richiesta del loro mercato avrebbero contribuito ad intensificare il commercio del sale, l’estrazione del rame nella zona alpina settentrionale e l’esportazione dell’ambra dallo Jutland, dove le tribù indigene in vigoroso aumento demografico vedono accrescere anche la ricchezza e il potere dei propri capi.
L’espansione dei popoli dei «campi di urne», come vengono definite le popolazioni centro-europee, arriva in Italia fino al Lazio, dando origine a quella civiltà villanoviana che sfocerà poi in quella etrusca, si spinge attraverso la Francia fino alla Catalogna ed alla Britannia Meridionale, raggiunge le coste dell’Atlantico. Queste migrazioni provocano un colossale spostamento di popoli che durante la prima metà del XII secolo sconvolge l’intero Mediterraneo Orientale. Dai documenti di Ramsete III (1198-1166 avanti Cristo) sappiamo che la confederazione ittita, già in precedenza minacciata durante gli ultimi decenni del XIII secolo, crolla sotto l’urto di popolazioni provenienti da Est durante la prima metà del XII, in un momento in cui i Filistei si stanno stanziando sulle coste della Palestina e l’Egitto stesso è minacciato da popolazioni isolane del Nord. Secondo fonti successive, Troia viene distrutta fra il 1209 e il 1183 avanti Cristo, e Tucidide riferisce l’entrata dei Dori nel Peloponneso circa 80 anni dopo.
L’ondata di distruzione conseguente alle migrazioni doriche viene accompagnata dall’abbandono della maggior parte dei siti micenei (Pilo diventa un cumulo di macerie, Micene e Tirinto sono date alle fiamme), dalla scomparsa della scrittura, da spostamenti di popolazioni verso zone di rifugio e dalla creazione di nuovi habitat. L’ordine politico viene sconvolto, gli uomini prendono l’abitudine di girare armati, hanno un tracollo l’agricoltura, il traffico sulla terra e il commercio sui mari. Esiodo la chiama «Età del Ferro». La scomparsa del mondo miceneo non è però omogenea: ci sono zone di continuità che sono state rilevate dagli archeologi, come ad Atene (che ricaccia gli invasori), in Eubea, a Cipro. In tutti i casi, al crollo non segue l’insediamento definitivo delle popolazioni venute da fuori: tutt’al più, abbiamo testimonianze del passaggio rapido di correnti migratorie, senza conquista effettiva.
La Grecia durante il Medioevo Ellenico; la possibile rotta di migrazione dei Dori è evidenziata in blu
Dopo più di un secolo di disordini, compaiono numerose innovazioni in vari campi: una ceramica detta «protogeometrica» (vasi decorati da cerchi tracciati con il compasso e da semicerchi dipinti «a pettine»), la sostituzione del bronzo con il ferro nella fabbricazione degli utensili (i Dori possono sopraffare i Micenei proprio grazie alla superiorità delle loro armi di ferro rispetto a quelle di bronzo utilizzate dagli avversari), alcuni mutamenti nelle pratiche funerarie che culmineranno in epoca successiva nella diffusione della sepoltura individuale e nell’adozione della tomba a cista. I poemi omerici, storie trasmesse dalla tradizione orale forse a partire dall’epoca micenea ma fissate per iscritto solo nell’VIII secolo avanti Cristo, tracciano un quadro essenziale del «Medioevo Ellenico»: la Grecia si caratterizza per una molteplicità di piccoli Regni, con relazioni ben organizzate degli uomini col mondo del divino e tra di loro, e con l’«oikos» (la proprietà, la casata) come centro del potere economico e sociale, luogo d’espressione della parentela; il mondo greco si popola di «eroi», coloro che si autodefiniscono «i migliori», nella guerra come nei banchetti – è questo il variegato mondo di Ulisse.
Intorno all’VIII secolo avanti Cristo si è ormai consolidato l’assestamento delle varie stirpi: i Dori abitano il Peloponneso Sud-Orientale ed hanno come città principale Sparta, gli Eoli quello Nord-Orientale e parte della Grecia Continentale con centro principale la città di Tebe in Beozia, gli Ioni l’Attica, l’Eubea e la maggior parte delle coste egee dell’Asia Minore, con Atene, in Attica, come città principale. Dori, Ioni ed Eoli sono gruppi etnici che parlano dialetti diversi e che occupano regioni diverse; eppure, dagli scambi reciproci, dalla vicinanza, dall’idea radicata in loro della discendenza da un solo ceppo, dalla comunanza religiosa, nasce pian piano un’unità fondamentale che, pur tra contraddizioni e lotte interne, darà luogo al sorgere di una delle più alte civiltà che l’umanità abbia mai creato: la civiltà greca!