Joseph Bazalgette, ingegnere
Benemerito dei Londinesi
Fra i diversi famosi ingegneri inglesi dell’Ottocento stranamente non è stato inserito uno di quelli che contribuirono a rendere la capitale inglese vivibile e senza l’assillo di essere colpita, relativamente spesso, da epidemie di colera, malattie tifoidi e quant’altro. Di questo personaggio si può conoscere il memoriale che è stato costruito nel 1901 sul Victoria Enbankment (Terrapieno di Victoria), che è una strada posta sulla sponda settentrionale della città. La scritta in latino «Flumini vincula posuit» («Mise le catene al fiume») esprime in sintesi quello che fu il suo lavoro. Forse, meriterebbe qualcosa di più!
Di chi si sta parlando? Andiamo con ordine.
Joseph Bazalgette era un ingegnere civile, nato nella capitale britannica sotto il Regno della Regina Vittoria, che divenne un benemerito dei concittadini londinesi, giacché, con la realizzazione del sistema fognario da lui progettato, è riuscito a ridurre i loro problemi di salute, limitando quelle epidemie di colera e quei disturbi intestinali che, abbastanza spesso, li martirizzavano e talora li portavano alla morte. Fra i risultati positivi ottenuti quello più sensazionale fu l’essere riuscito a eliminare la cosiddetta «grande puzza» («great stink») che, particolarmente nell’estate del 1858, si diffuse nel centro di Londra propagandosi dalle acque reflue soprattutto di origine umana che erano scaricate direttamente nel Tamigi senza trattamento alcuno. Fu un fatto sgradevole e fastidioso, che ebbe una tale risonanza sociale e politica da rappresentare un evento rimarchevole da inserire nella storia cittadina.
Bazalgette nacque a Londra nel 1819. Il padre era un capitano della Marina Reale Britannica. Come tecnico, lavorò con l’ingegnere civile Sir John Benjamin MacNeill nella progettazione e costruzione d’impianti ferroviari e poi, in Cina e in Irlanda, acquisì abbastanza esperienza nel campo dei drenaggi e delle bonifiche dei suoli, conseguendo un importante senso del rispetto della natura. Intanto si sposò e, mentre stava ancora lavorando nelle ferrovie, fu colpito da un pesante esaurimento nervoso, che lo tenne lontano dal lavoro per diverso tempo.
La popolazione di Londra stava crescendo molto rapidamente: nel giro di mezzo secolo si era più che raddoppiata (si può ricordare che anche lui, padre di ben 11 figli, contribuì alla sua crescita). Si costruivano fabbriche e, di conseguenza, per ospitare gli operai e le loro famiglie si edificavano abitazioni, le cui finestre diventavano «piattaforme di lancio» sulle strade del contenuto dei pitali, che si univa ai rifiuti dei pozzi neri strapieni. Il sistema fognario era antiquato e inadatto alle esigenze di quell’epoca. Da qualche parte si trova lo scritto: «Chi beve un bicchiere di acqua di Londra, ha letteralmente nello stomaco più esseri animati di quelli che ci sono uomini, donne e bambini sulla faccia del globo».
Chiaramente, alla crescita della popolazione era contestuale l’aumento dei rifiuti organici umani da smaltire, per cui il sistema di drenaggio, poco migliore di quanto lo fosse ai tempi dell’Impero Romano, quando la popolazione era molto più ridotta, era in notevole difficoltà. E i guai si susseguivano: basti pensare che l’acqua del Tamigi, che era tanto inquinata da non consentire la vita a nessuna specie animale selvatica, era per molti l’unica fonte di approvvigionamento di acqua potabile. Non ci si deve meravigliare, dunque, se i contagi che portava con sé causassero una mortalità infantile del 20%, mentre l’aspettativa di vita era disastrosamente scesa sotto i 30 anni, dai 35 di quando Bazalgette era nato.
Nello stesso tempo, la Commissione Metropolitana per le Fogne di Londra ebbe la «luminosa idea» – non so con quali motivazioni – di chiudere tutte le fosse biologiche delle abitazioni, facendo scaricare tutti i resti organici direttamente nel Tamigi: da lì alla diffusione di una grossa epidemia di colera il passo fu breve, tanto che nel biennio 1848-1849 furono accertati, per l’esattezza, 14.137 decessi.
Fu allora che Bazalgette divenne prima vice direttore e, dopo qualche anno, direttore della Commissione di Sorveglianza, quasi in coincidenza con la comparsa di una nuova epidemia di colera, che nel 1853 causò la morte di 10.738 Londinesi.
I medici di allora erano convinti che l’epidemia fosse causata dall’aria infetta. C’era la propensione ad accettare come valida la «teoria del miasma», una teoria per fortuna superata, secondo la quale le malattie, quali il colera, la peste nera e altre ancora, fossero causate dall’inspirazione di «aria cattiva» o «notturna», proveniente dalla putrefazione di materia organica. Uno di loro, John Snow, si dissociò da tale convinzione, ritenendo che la diffusione del colera fosse da attribuire, piuttosto, all’acqua inquinata: gli studi da lui portati avanti a proposito lo fanno ritenere il fondatore dell’epidemiologia. Tuttavia, nessuno o pochi gli credettero, tanto che, come capitava alla mitologica Cassandra, anche a lui nessuno prestò fede, per cui la sua teoria fu insabbiata.
Bazalgette nel 1856 fu nominato ingegnere capo del Consiglio Metropolitano dei Lavori. Nel 1858, si verificò la diffusione della «grande puzza».
Questa entrava dappertutto e non ci si poteva in alcun modo difendere. Il Parlamento era indeciso se trasferirsi, oppure no, a Oxford o a St. Albans. Nel Palazzo di Westminster, alle finestre che guardavano il fiume, erano montate tende imbevute di cloruro di calce, per tentare di tenere fuori o di smorzare quel fetore che, secondo Charles Dickens, era di «una natura più disattenta dalla testa e dallo stomaco». Il quotidiano londinese «City Press» si sfogò così: «Puzza, e chi una volta inala la puzza non potrà mai dimenticarlo, e potrà considerarsi fortunato se vive per ricordarlo».
Il Governo finalmente si rese conto che il sistema di drenaggio era inadeguato per Londra, per cui ci fu un ripensamento, tanto che il Parlamento, facendo proprie le idee di Bazalgette, decise di affidargli, in ossequio a una legge emanata allo scopo, l’incarico di rinnovare radicalmente il sistema fognario della capitale, con la speranza sia di eliminare i miasmi che infettavano l’aria, sia di ridurre la frequenza della comparsa delle epidemie di colera. E tutto ciò nonostante le spese per realizzare il progetto (un miliardo o forse più di sterline al valore attuale) fossero veramente enormi.
Lo smaltimento dei rifiuti non era soggetto a nessun controllo, se non che tutti, di qualsiasi natura fossero, dovevano finire nel Tamigi. Così, i rifiuti leggeri galleggiavano sul corso della corrente verso il mare, mentre i rifiuti solidi s’inabissavano sul fondo del fiume, alzandone lo spessore melmoso; e i liquami di qualsiasi tipo, compresi quelli umani, si mescolavano alle acque del fiume. Una situazione veramente pericolosa per la salute, giacché, se da un lato il Tamigi era la cloaca massima della città, dall’altro era la fonte principale dell’approvvigionamento idrico, mettendo a repentaglio la salute dei cittadini. Come ricordato più sopra, il 1858 fu un anno con un’estate particolarmente calda, sicché il fiume, in scarsità di acqua, si trasformò in una micidiale fogna a cielo aperto, deposito di liquami ed escrementi di ogni natura e varietà, attivando il diffondersi della «grande puzza».
Un quarto di secolo prima della nomina di Bazalgette, nel 1834, il pittore John Martin, che oltre di pittura si interessava di problemi riguardanti la città, in un periodo durante il quale aveva trascurato l’arte, aveva avanzato la proposta di costruire circa 130 chilometri di rete fognaria sotterranea principale, eseguita in mattoni di laterizio, e di 1.800 chilometri di scarichi stradali, atti a captare tutti i liquami sversati liberamente in strada e ivi fatti scorrere, per avviarli al Tamigi.
Bazalgette, quando fu incaricato di provvedere a realizzare la soluzione decisa per il caso, cioè l’annullamento dei miasmi che ammorbavano l’aria della città, fece riferimento a quanto studiato dal Martin, accogliendone una parte, fra cui la realizzazione di fognature con passerelle su tutte e due le sponde del fiume. Inoltre, provvide pure a munire la città di un muro di difesa contro le piene eccessive. Si procedette alla costruzione di un sistema fognario per il centro città molto complesso, la cui descrizione esula dal fine di questa nota: comunque, in poche parole, questo consisteva nella realizzazione di 134 chilometri di condotti per captare 1.800 chilometri di fogne stradali, mettendo in opera diverse decine di milioni di mattoni, sì da canalizzare verso il Tamigi tutti gli scarti liquidi che, fino ad allora, erano liberamente sversati sulle strade. In definitiva, si trattò di una vera e propria opera di pulizia dell’ambiente cittadino e del corso del fiume. Il progetto prevedeva che gli scarichi dei liquami nel fiume, per fare economia sia sul tempo sia sul denaro, avvenissero a valle della città, approfittando del reflusso, cioè del richiamo dell’acqua verso la foce, in occasione della bassa marea.
Esso fu inaugurato nel 1865 da Edoardo, Principe del Galles. Comunque, i lavori furono abbastanza diluiti nel tempo, tanto che le quattro moderne stazioni di pompaggio furono costruite dal 1864 al 1875: Deptford (1864), Crossness (1865), Abbey Mills (1868) e Chelsea (1875).
Molto indicativa e lungimirante fu la scelta fatta da Bazalgette in merito al diametro delle condutture, come ebbe a commentare l’Istituzione degli Ingegneri Civili, di cui Bazalgette divenne presidente nel 1883: egli non tenne conto della popolazione londinese presente allora, bensì fece un’ipotesi sul possibile numero massimo di concittadini nel futuro; dopodiché, considerato il quantitativo di liquami presumibilmente prodotto da ogni singola persona, giunse al computo finale. Con tale dato – e non ancora contento – si dice che abbia esclamato: «Bene, facciamo questo lavoro una volta per tutte e poi esiste sempre l’imprevisto»; a quel punto, ritenne opportuno raddoppiare ancora una volta il diametro. Fu davvero una scelta felice, anzi felicissima, soprattutto se ci si riferisce agli anni Sessanta del secolo XX, quando Londra divenne un’icona dell’esuberanza giovanile, con cambiamenti e movimenti giovanili e non solo; inoltre, con la crescita edilizia, la popolazione continuava ad aumentare: insomma un sovvertimento che accrebbe la presenza della gente, sicché, se non ci fossero stati gli scarichi dimensionati come li aveva voluti Bazalgette, tutto il sistema si sarebbe trovato in estrema difficoltà; al contrario, tutto continuò – e continua – ad assolvere egregiamente il compito che gli si è affidato.
La nuova rete fognaria diede presto i suoi frutti, come dimostrò la diminuzione dei casi di colera, superiore a ogni più rosea attesa.
Bazalgette, con il suo lavoro, diede un buon aiuto al mantenimento della salute umana con la risoluzione del grosso problema della puzza, che egli riteneva la causa delle epidemie che comparivano di quando in quando nella capitale inglese; invero, non fu così, giacché, come ben si sa, la malattia derivava dall’inquinamento dell’acqua dovuto alla natura dei liquami provenienti dagli scarichi fognari. In ogni modo, che la causa fosse l’una oppure l’altro non cambia nulla: ciò che conta è che la presenza del colera fu veramente ridimensionata; senza dimenticare che le fogne del nostro diedero un risultato importante pure sull’incidenza del tifo e delle epidemie tifoidi.
Quando Bazalgette morì, nel 1891, la popolazione era divenuta il doppio, circa cinque milioni di persone, ma del colera era rimasto solamente un brutto ricordo.
Nel 1901, dieci anni dopo la sua morte e nell’ultimo anno del Regno della Regina Vittoria, s’inaugurò il memoriale (cui si è accennato all’inizio), nel quale si raccontava che Bazalgette aveva migliorato la salute pubblica e ambientale tanto che «il Tamigi, alla fine, perse la fama di fiume più inquinato del mondo». Oggi è ritenuto, al contrario, uno dei più puliti.
Ora, stando alle notizie disponibili, le acque del Tamigi sono popolate da numerose specie di pesci, fra cui – è bene rilevarlo – la trota, che vive a suo agio solo in acque limpide e pulite. Del resto, non sono pochi i Londinesi che, nelle calde e afose giornate estive, si fanno un bagno nelle sue fredde acque.