Jack, lo Squartatore
Il terrore dell’ignoto
In ogni città sono presenti gli appartenenti alle famiglie ricche e borghesi per passare alla gente, che si potrebbe definire normale, fino alla feccia, spesso assolutamente non colpevole per essere tale, ma che, comunque, si trova in quello stato. E ciò avviene ovunque, in tutte le città del mondo, senza eccezione alcuna.
Nel XIX secolo, l’Inghilterra era lo Stato più potente e ricco dell’intero globo terracqueo, dominatore militarmente ovunque e proprietario di banche che dettavano la legge sull’economia. I ricchi potevano godersi i loro beni, organizzare sontuosi banchetti, partecipare a battute di caccia alla volpe, percorrere i mari in perfetta sicurezza, protetti da una potente flotta navale, che consentiva un costante controllo delle rotte marittime, e da una polizia ben organizzata che tutelava le città e l’intero Paese. Tutto quanto avveniva sotto l’occhio vigile della Regina Vittoria da Buckingham Palace.
Insomma, quel Paese aveva il meglio di tutto o... quasi.
E, infatti, ciò che avvenne a Londra nel 1888 travalica ogni forma di fantasia. Si parla in merito all’assassinio di cinque prostitute perpetrato nel West End, che era una delle zone più dissestate e degradate dell’intera City.
Ebbene, qui, nel rione denominato Whitechapel, la miseria era assolutamente dominante. Le strade erano strette, percorse da rivoli di liquami provenienti dai pitali versati direttamente dalle finestre di casupole lerce, fatiscenti e pericolanti, che emanavano micidiali olezzi mescolati a quelli emanati dalle acque putride del Tamigi, quale cloaca massima della capitale inglese; gli animali nocivi, grandi o minuscoli che fossero, erano liberi di moltiplicarsi e di arrecare danni, materiali e alla salute di quella povera e disperata gente per la quale la vita non era un dono prezioso, ma un calvario atroce da sopportare; le malattie, l’alcolismo, la prostituzione la facevano da padroni; le morti, soprattutto fra i più deboli, facevano vuoti paurosi.
Tuttavia, la popolazione di Whitechapel, pur con tanti morti, continuava a crescere, soprattutto a partire dalla metà del XIX secolo. Problemi di sopravvivenza costringevano gli Irlandesi a lasciare la loro isola per recarsi in quella inglese, diffondendosi un po’ dappertutto, ma soprattutto concentrandosi a Londra, nella zona del West End. Lo stesso facevano gli Ebrei che, fuggendo dalla Russia, si disperdevano per l’intera Europa, ma principalmente, pure loro, si ammassavano a Londra. Insomma, alla fine, non meno di 80.000 persone sopravvivevano in quel luogo malfamato della capitale. E le condizioni peggioravano giorno per giorno, diventando sempre più precarie, perché il lavoro non c’era per tutti e, quando c’era, era mal pagato, e naturalmente tutti i giorni bisognava pure trovare qualcosa da mettere sotto i denti. La situazione era divenuta insostenibile, tanto che non mancarono manifestazioni, tumulti, violenze di ogni sorta, con le immaginabili dure reazioni della polizia. L’alcolismo imperava, dando un’impressione di sazietà alle pance vuote per la fame. Per le donne, forse era un po’ più facile con la prostituzione, ma si trattava sempre di una vita miseranda e magari accompagnata da malattie veneree senza scampo. I bambini, i più deboli e indifesi, molto, troppo spesso, non superavano i 5 o i 6 anni di età. Le prevaricazioni e le violenze erano all’ordine del giorno e molto spesso ciò che prevaleva erano le applicazioni del detto «mors tua, vita mea!»
Il Metropolitan Service di Londra provò a fare una statistica in merito a ciò che avveniva a Whitechapel e il 10 ottobre 1888 pubblicò l’elenco che era riuscito a redigere: erano state censite 1.200 prostitute, 68 postriboli, mentre si era trovato che più di 8.000 persone dormivano in 233 ricoveri pubblici, distinti per prezzi e relativo squallore.
La situazione non era delle più rosee: continuavano le proteste anche violente, accompagnate da disordini che comportavano il pesante intervento della polizia con repressioni terribili. E infatti, alla fine, nel 1887, capitò il caso della cosiddetta «Bloody Sunday» («Domenica di Sangue»). Fu organizzata una massiccia manifestazione contro la disoccupazione, la coercizione dovuta alle leggi e l’arresto del deputato William O’Brien.
E, in una situazione che più catastrofica di così non poteva essere, ecco il caso di «Jack lo Squartatore» («Jack the Ripper», per gli anglofoni), che la incorniciò. Da notare che quel soprannome fu coniato dallo stesso autore dei crimini, quando scrisse una lettera anonima alla Central News Agency, usandolo come firma.
Ci furono cinque vittime, tutte donne, tutte prostitute e tutte della zona di Whitechapel, la cui fine era caratterizzata da ferite profonde alla gola, estese mutilazioni nel ventre e nella regione genitale, asportazione di organi interni, brutte mutilazioni del volto; tutte finite alla stessa maniera, stesse modalità di intervento, stesse parti del corpo interessate e violentate.
In quel periodo, che va dal 3 aprile 1888 al 13 febbraio 1891, gli attacchi contro le donne di quel tipo furono tantissimi, ma solamente di quei cinque si riuscì a reperire le prove che inchiodavano l’assassino alle sue responsabilità. Ecco chi furono le poverette passate fra le sue feroci mani criminali: Mary Ann Nichols, Annie Chapman, Elizabeth Stride, Catherine Eddowes e Mary Jane Kelly, che per professione erano tutte prostitute che affondavano i loro dispiaceri nella bottiglia; e tutte, infine, erano destinate a finire nell’oblio, quando il loro carnefice divenne famoso. Pare quasi di vederlo strizzare l’occhio e sentirlo mormorare: «Non importa che di me si parli in bene o in male, l’importante è che se ne parli!»
Quel che maggiormente da un lato sorprende e dall’altro fa arrabbiare è il fatto che l’autore di tali efferati crimini non fu mai individuato.
Il 13 febbraio 1891, comparve sul settimanale francese «Le Journal Illustré» la notizia del ritrovamento di un corpo di donna, il cui assassinio fu attribuito a Jack lo Squartatore. Questo delinquente, anche se non fu quello che causò la morte del maggior numero di persone, fu, se non il più crudele, sicuramente il più famigerato; e il pensare a lui, che non è mai stato né identificato, né catturato, nelle notti buie e tempestose poteva suscitare nell’animo umano di gente un po’ debole timori esagerati di incontrare, se non lui, un suo imitatore. Del resto, quanti sono ormai i casi in cui un emerito sconosciuto esce sulle strade armato di coltelli e assale, ferendo e uccidendo tutti coloro che, per un disgraziato destino, si trovano sul suo cammino?
Comunque, quello che è successo dopo fa molto pensare, perché tanti altri casi di uccisioni feroci, attuate secondo tutte le modalità possibili, non hanno avuto lo stesso «successo», tanto che di quell’assassino è stato scritto in centinaia di articoli, in tantissimi libri realistici o di fantasia e in film di successo, al punto che sono stati coniati i termini «ripperologia» e «ripperologo». Uno di questi autori espresse, in suo commento, «che ciò che non si conosce è ciò che l’uomo soprattutto teme», e sembra che non abbia proprio torto.
Il fatto che non si sapeva chi fosse e che, andando in giro di notte, ogni persona che si incontrava o che si superava poteva essere «lui», metteva in seria apprensione chi doveva, si pensa solamente per necessità, camminare per le vie oscure o semi oscure della City: ogni faccia poteva essere sospetta; se poi qualcuno si tirava su il collo del cappotto e vi incuneava il volto e si copriva il capo con un cappello o altro, sicuramente destava un brutto sospetto, che poteva trasformarsi in paura se non in terrore vero e proprio.
E ciò che lascia perplessi è il fatto che in un luogo della città dove la gente era ammassata e occupava ogni buco disponibile, sembra impossibile che le vittime non siano riuscite a lanciare nemmeno un grido di allarme, di richiesta di aiuto o di dolore: niente, assolutamente niente di niente!
E a lasciare meravigliati è anche l’esame dei corpi sui quali, a parte il macello fatto da Jack, non si erano riscontrati segni che dimostrassero che le povere vittime avessero tentato di difendersi: se si vuole, si può riprendere il «niente di niente», anche su questo.
Un solo episodio è entrato nella cronaca, un episodio dal quale, forse, si può dedurre qualche indicazione in merito alla tempistica di come avvenne un assassinio. La notte dell’8 settembre 1888, una certa Annie Chapman fu vista da una donna passeggiare, verso le ore 5,30 del mattino, in compagnia di un uomo, fisicamente di statura media e di pelle scura, con le spalle ricoperte da un mantello scuro e con in testa un berretto alla Sherlock Holmes, precisò. E alle 6,10 fu scoperto il suo cadavere: la poveretta era morta, come ebbe a constatare il medico G. B. Phillips, che lo esaminò. Era il risultato dell’opera di Jack lo Squartatore, oppure no? Ciò anche perché non si parla dello scempio fatto sui corpi delle cinque prostitute sicuramente uccise da Jack. Certo, si deve riconoscere che l’intervallo di tempo trascorso dall’incontro della donna al ritrovamento del suo cadavere sembra insufficiente per ritenere che l’omicidio sia stato commesso da un altro. Però non si deve dire mai: tante volte, infatti, si è costretti a rivedere ciò che si era ritenuto impossibile, perché si è avverato.
Una risposta, che forse sarebbe stata spontanea, si sarebbe avuta qualora il criminale fosse stato catturato e giustiziato, perché ogni seguito non avrebbe più fatto notizia, mentre il saperlo libero come un uccello di bosco sarebbe servito a mantenere sveglia l’attenzione, prima, e il ripetersi del tutto da parte di un emulo, dopo la sua morte, che nel frattempo era sopraggiunta.
Tutti, investigatori e gente comune, proferirono ipotesi in merito alla personalità di Jack. Secondo qualcuno, si trattava di un personaggio importante quale era Lewis Carroll, divenuto famoso per aver dato alla stampa il racconto Alice nel Paese delle Meraviglie. Si parlò anche di sir William Gladstone, che fu per quattro volte Ministro del Governo della Gran Bretagna. Secondo altri, l’omicida era quel calzolaio che fu accusato di essere un assassino seriale per il semplice fatto di girare lungo le vie in cerca di lavoro, portando con sé gli attrezzi che gli servivano per la sua attività. E se fosse stato un Ebreo, come ebbero a commentare antisemiti della Capitale? E non mancarono coloro che ipotizzarono che l’assassino potesse essere un medico o un macellaio, perché di queste persone l’uno conosceva l’anatomia umana, utile per fare l’autopsia a un cadavere, mentre l’altro era pratico nello scegliere i tagli da praticare nella carne. Fra i sospettati vi fu un giovane di buona famiglia, Montague John Druitt, che aveva un alibi di ferro, essendo quel giorno a giocare a cricket nel Dorset, e trovato, poi, morto nelle acque del Tamigi. Lo fu anche un certo Severyn Klosovski, noto alla polizia come avvelenatore di donne, ma scagionato perché non aveva cambiato modalità nell’uccisione delle donne. Un Ebreo Polacco, Aaron Kosminski, fu giudicato talmente malato di disturbi mentali da cancellarlo dall’elenco dei sospettati, perché v’era la convinzione che, nel caso fosse stato lui l’assassino, non sarebbe riuscito a mantenere il segreto (debole, no?). E, ancora, il medico Francis Tumblety, amico di delinquenti e possessore di una collezione di organi umani.
Comunque, le ipotesi si riferirono a centinaia di persone, ma fino a oggi, di queste nessuna è stata ritenuta con sicurezza Jack, il quale se n’è andato, non si sa come, ma sicuramente con il sorriso sulle labbra, pensando che Scotland Yard, pur con i migliori investigatori del mondo, non era riuscita a cavare un ragno dal buco.