I Cavalieri di Malta
Per capire il nostro presente
Sono conosciuti e celebrati i Cavalieri di Malta, fondati ad Amalfi nel 1093 per consentire di soccorrere i Crociati e i pellegrini in Terrasanta, pellegrini che abbisognavano di cure e mezzi di sopravvivenza. Dopo aver avuto residenza a Rodi, nel 1530 ottennero di fatto in «gestione» da Carlo V l’isola di Malta, dato che l’Imperatore voleva crearsi nel Mediterraneo uno strumento valido di difesa contro gli Ottomani. E nessuno più dei Cavalieri di Malta aveva i requisiti per farlo. Vi rimasero fino al 1798, quando Napoleone I conquistò l’isola ed espulse i Cavalieri, che per l’occasione si recarono a San Pietroburgo, mettendosi al servizio dello Zar Paolo I. Nel 1977 è stata fondata in Russia un’associazione, l’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme russo, che si richiama all’ordine cavalleresco originario, quando nel 1798 affluirono a San Pietroburgo oltre 400 Cavalieri e i più alti dignitari partiti da Malta. Ciò in seguito alla conquista dell’isola da parte di Napoleone Bonaparte. I Cavalieri per l’occasione si posero a servizio dello Zar Paolo I di Russia, nominandolo, unitamente ai Gran Priorati del tempo, Gran Maestro del Sovrano Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, richiesta che fu accettata dallo Zar il 13 novembre dello stesso anno.
Paolo I rilasciò un decreto favorevole ai Russi che prevedeva di inserire l’Ordine nel sistema di onorificenze russe e stabiliva regole precise affinché la nobiltà russa potesse aderirvi. A seguito di tale decisione, sempre lo Zar aveva assunto il Gran Magistero e aveva autorizzato la costituzione di 24 commende ereditarie da parte di famiglie nobili russe. Paolo I ebbe il grande merito di voler riportare l’Ordine ai valori della ecumenicità. Fece costruire, accanto alla cappella ortodossa, quella cattolica, per integrare gli uni e gli altri. Lo Zar successivo, Alessandro I, rinunciò alla propria carica per motivi religiosi. In seguito fece riconsegnare al Papa le insegne cattoliche che erano appartenute a suo padre Paolo I, non volendo comandare cavalieri cattolici.
La soppressione definitiva dei cavalieri russi si ebbe nel 1917, con la Rivoluzione d’Ottobre. L’Ordine fu rifondato nel 1977 da tre nobili russi, eredi della cessata attività.
Come capitò che un Imperatore Russo divenisse Cavaliere di Malta? Che cosa spinse i Cavalieri Maltesi, membri di un Ordine Cattolico, a far visita all’Imperatore di un Paese Ortodosso? Come si scoprì in seguito, la mossa faceva parte di una grande manovra politica che, alla fine, portò lo Zar Paolo I al disastro.
A fine Settecento l’Ordine dei Cavalieri di Malta era al disastro, non solo politico ma soprattutto finanziario. Era stato abolito in Francia in seguito alla Rivoluzione Francese, che ne aveva sequestrato i beni. Il conte Giulio de Litta nel 1796, due anni prima che Napoleone costringesse l’Ordine alla fuga da Malta, fu inviato in Russia per negoziare ogni possibile aiuto, con risultati sorprendenti. Si sapeva che lo Zar aveva sin da bambino familiarizzato con l’Ordine, di cui si era invaghito, e che conosceva per letture svolte. Per tale ragione accolse a braccia aperte i Cavalieri Maltesi ma divenne Gran Maestro due anni dopo, nel 1798, quando l’Ordine fu espulso da Malta da Napoleone. Paolo I era furioso quando apprese della cattura di Malta, l’isola che considerava quasi sua. Allo stesso tempo, la flotta inglese sotto l’Ammiraglio Nelson bloccava l’isola del mare, e l’Impero Ottomano cercava di prendere le isole greche ioniche dalla Francia. In queste circostanze, Paolo iniziò a pianificare un’unione militare con l’Inghilterra e gli Ottomani contro la Francia. Allontanati dalla loro isola, i Cavalieri Maltesi si recarono in massa a San Pietroburgo per chiedere aiuto al loro protettore. Paolo concesse ai Cavalieri uno splendido palazzo a San Pietroburgo, mentre il conte Litta, che era di nuovo il portavoce dell’Ordine alla Corte Russa, dichiarò che l’ex Gran Maestro Von Hompesch aveva tradito i Cavalieri e doveva essere deposto. Papa Pio VI, incaricato di nominare il nuovo Gran Maestro, era interessato a preservare l’Ordine: ed è per questo che, contro ogni regola, fu nominato nuovo Gran Maestro uno Zar Ortodosso, in seconde nozze e con figli. Lo Zar era eccitato dalla situazione, ma la popolazione non sapeva quali fossero le ragioni di quelle scelte.
Il 24 novembre 2020 l’Ambasciatore Aimone di Savoia-Aosta ha presentato al Presidente Vladimir Putin le credenziali quale Rappresentante dell’Ordine di Malta presso la Federazione Russa. Per tradizione, la cerimonia si è svolta nella Sala Alexander del Gran Palazzo del Cremlino. Ma dove e quando troviamo le vere radici di tali Cavalieri in Russia?
Il Gran Principato di Dobrynia è la sede dell’Ordine Maltese di Russia.[1] Con l’unione matrimoniale nel 1472 fra Zoè (Sofia) Paletnologo, nipote di Costantino XI paletnologo, ultimo Imperatore di Bisanzio e Ivan III Velihy (il Grande) Granduca di Russia, vari gruppi superstiti di altri Ordini di Cavalieri d’Oriente vennero assorbiti dalla Casa di Russia, e iniziò a organizzarsi una prima branca ortodossa di Russia di quei cavalieri Joanniti accolti in passato dalla Casa di Mosca e Kiev, che già intorno al 1500 assunse forza e caratteristiche ben peculiari sotto l’Alto Protettorato «de facto» dello Zar Ivan III il Grande, sino al Gran Maestro, Zar Paolo I di Russia.
I Cavalieri di San Giovanni Moscovita di Malta di Russia si perpetuarono dunque nella branca ortodossa ed ecumenica dell’Ordine primitivo. Il simbolo: la croce ottagonale, sottintende la Grande Luce di San Giovanni, la spirituale Stella Giustificata a otto punte, «Stella di Pietra» di rimembranza federiciana e di reminiscenza artigiana (il «Castello Rotante», o lo smargino «Lapis Exillis», o la «Coppa» del ciclo del Graal).
Sappiamo che «molto prima che Goffredo di Buglione mettesse piede in Terrasanta, i mercanti amalfitani erano riusciti a ottenere dal Califfo Fatimida d’Egitto, pagando un contributo annuo, il permesso di edificare in Gerusalemme una chiesa e un ospedale, luogo di asilo e di assistenza ai pellegrini. Correva l’anno 1048. L’ospedale era in piena funzione sotto la direzione di un monaco amalfitano, e retto da Goffredo di Buglione. Sarà lui a istituzionalizzare la mansione di soccorso ai pellegrini costituendo una confraternita religiosa chiamata Ordine Ospedaliero di San Giovanni in Gerusalemme (1099). Non bastava però prendersi cura dei pellegrini; bisognava proteggerli dalla furia dei Saraceni. Così, nel giro di 20 anni, da uomini di carità e di fede quali erano, gli Ospedalieri divennero guerrieri. Il successore del Beato Gerardo, Fra’ Raimondo de Puy, secondo Gran Maestro, trasformò l’Ordine in un’organizzazione militare. Considerate le loro origini, i cavalieri di San Giovanni adottarono come insegna la croce amalfitana a otto punte. I mantelli neri che li caratterizzarono, dato il loro impeto in battaglia, furono temuti e rispettati dagli Arabi stessi».[2] Dopo un provvisorio periodo di residenza a San Giovanni d’Acri, quindi a Cipro, in seguito alla disfatta del 1187 quando gli Arabi riconquistarono l’originaria sede di Gerusalemme, e successivamente a Rodi, l’Ordine si insediò, come descritto in precedenza nell’articolo, a Malta. Prima di passare nel 1798 a San Pietroburgo. Dopo l’espulsione dei Cavalieri Cattolici dell’Ordine da parte dello Zar Alessandro I, li ritroviamo a Roma a partire dal 1834. Ma nello specifico, quali i rimandi all’Ordine Maltese tra passato e presente?
A Gragnana, frazione di Piazza al Serchio, in provincia di Lucca, troviamo un rudere che un tempo fu una importante chiesa gerosolomitana: la chiesa di Santa Margherita. Qui addirittura la tradizione popolare vuole che la campana presente fosse miracolosa. Fu nel 1257 che il suono della campana ebbe il potere di cacciare la peste. Così la frase sibillina di Giuseppe Pierotti a Gino Capponi del 1856 ci riporta con i piedi per terra. «Capponi mio, il Cavaliere è tuo non è mio».[3] I Capponi Fiorentini, Gran Maestri del Tau a più riprese che mantennero in vita quell’Ordine fino al Cinquecento, lottarono con Cosimo de’ Medici per allontanarne lo scioglimento; e per conseguenza capiamo che la frase dei familiari di Pierotti, affatto conosciuti rispetto ai Capponi, indica come gli appartenenti in veste apicale ad altro Ordine Cavalleresco presente in Castelnuovo Garfagnana nel 1200. I Giovanniti? Probabilmente i Gerosolomitani, con rimandi templari. Comprendere i territori tra Garfagnana e Lunigiana, dove questi Ordini erano presenti, si fa essenziale, visto che qui era radicata la famiglia di Giuseppe.
La ricercatrice Federica Salvatori in una sua pubblicazione ha condotto uno studio accurato sulla presenza gerosolomitana tra Emilia e Toscana.[4] La particolarità di essere questa una terra di strada intercalata da accessi al mare appare alla studiosa un fatto essenziale. E i Cavalieri erano innanzi tutto, indipendentemente dall’Ordine di appartenenza, «lupi di mare».
Scrive testualmente la Salvatori: «Il recente scavo all’ospedale di Tea, sul Monte Argegna [e dunque in prossimità, aggiungo, di Gragnana] dimostra apertamente quanto ancora ci sia da ricercare sulla presenza dei Cavalieri “in loco”.
Qui, dove la documentazione segnalava solamente una presenza, senza nulla aggiungere alla nostra conoscenza sulle dimensioni, la storia e la dislocazione della struttura, l’indagine archeologica ha svelato molto, consentendo agli archeologi di proporre ipotesi plausibili sul transito di mercanti e pellegrini in una importante strada di collegamento tra Garfagnana e Lunigiana». Già, ma gli scavi proposti da Giuseppe Pierotti a Gino Capponi, nella sua lettera, definiscono nel dettaglio ritrovamenti archeologici del 1856 risalenti al 1200, senza che di questi scavi, così ben dettagliati e descritti dall’allora celebre pittore, oggi ci sia alcuna traccia. Qualcosa da nascondere dal 1856 a oggi? Sì.
Qualcuno del mestiere si prenda la briga di leggere la dettagliata lettera, verrebbe da suggerire.
Nel 1850, con la nascita di «Civiltà Cattolica», il Movimento di Oxford aveva cessato di esistere. Anche se ancora nel 1890 il Cardinale Raffaele Pierotti teneva i contatti con Wiseman, e i membri restanti del Movimento. Il Cardinale Wiseman aveva nel corso dell’Ottocento intessuto legami parentali con i nobili Gabrielli di Fano. Gli stessi che avevano come Casata, una delle più antiche d’Italia, affinità con i Gabrielli Umbri, con cui si erano imparentati anche i Bonaparte durante il Risorgimento. Ma una Gabrielli di Lucca era anche la madre di quel conte Giovanni Sforza da Montignoso che nel 1869 sposò proprio in Lucca Elisabetta Pierantoni. La nonna di questa, Assunta Pierotti, origini garfagnine, la ritroviamo con riferimenti in una lettera alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, quella stessa biblioteca che contiene anche la lettera dello stesso periodo di Elena e Cesira. Stessi rimandi lucchesi e garfagnini. Ed Elena è quasi certamente la giovinetta di cui ci parla Attilio Zuccagni Orlandini come di colei che giovanissima traduceva per lui dal maltese idioma, essendo vissuta proprio in quegli anni per un certo periodo a Malta. Quella Malta che aveva verosimilmente accolto Giuseppe Pierotti, garfagnino, il Pierotti della lettera a Gino Capponi, qualificato come Fiorentino d’adozione nel 1870.
«Capponi mio, il Cavaliere è tuo, non è mio». Certo. I Cavalieri Maltesi, che Napoleone nel 1798 aveva rimosso da Malta, già due anni prima, nel 1876, si erano fatti avanti con lo Zar Paolo I per crearsi un posto al sole a San Pietroburgo, certi che lo Zar, così vicino al pensiero dei Cavalieri medesimi, non avrebbe esitato ad accogliergli unendo Oriente e Occidente, con un occhio di riguardo anche ai Cattolici Cavalieri Maltesi. La cosa funzionò per qualche anno. Ma Paolo I si svenò e suo figlio Alessandro I disse basta. Oriente e Occidente non potevano coesistere.
Se Port Royal era stato il leitmotiv dello stesso Movimento di Oxford, visto che la madre di John Henry Newman era di famiglia ugonotta, e che tutto il Primo Risorgimento Italiano aveva posto in prima linea Sovrani della Penisola che non facevano Asburgo, non ultimo il Duca Borbonico Lucchese Carlo Ludovico di Borbone-Parma, muovendo e tessendo questi forti legami londinesi, ma anche tedeschi e svizzeri, si trattava di un avvicinamento all’Italia Cattolica con propensioni riformate. Questi dati oggettivi sono incontrovertibili. Il Sud del Calabrese Pasquale Galluppi, al pari del Nord di Antonio Rosmini, videro un accordo quasi simbiotico in questa ricostruzione politica. Purtroppo interessi di parte unitamente a difficoltà localistiche partigiane portarono alla fine possibili tracce mediterranee volte a raccogliere eredità passate dei territori campani, piuttosto che siciliani. O calabresi. L’Europa dopo il 1850 non ebbe più ragione d’essere. Perché il Movimento di Oxford e i rimandi a Cavalierati transnazionali imponeva una visione allargata e al contempo eurocentrica. Che sfuggì di mano. La potenza statunitense emergente se ne appropriò. Il villaggio di Port Royal lo ritroviamo in Carolina del Sud ma anche oggi, come nome di una portaerei americana. E il Mediterraneo? Il solco tra la Malta inglese e i riferimenti italici, che gli stessi Cavalieri Maltesi fino al 1798 mantennero ed elogiarono senza sosta, si fece sempre più evidente. La visita maltese di Garibaldi nel 1864 fu solo un pallido tentativo di riagganciare Malta. Tentativo affatto riuscito.
1 In rete imperialclub.net.
2 Ibidem.
3 Biblioteca nazionale Centrale di Firenze, Carte Capponi, riferimento XI.2
4 Enrica Salvatori, «Strutture ospedaliere in Lunigiana: dal censimento alla macroanalisi» in Riviera di Levante tra Emilia e Toscana: un crocevia per l’Ordine di San Giovanni, Atti del Convegno (Genova-Chiavari-Rapallo: 9-12 settembre 1999), Genova, Istituto Internazionale di Studi Liguri, 2001, pagine 189-222.