Storia dell’anarchia
Dalle origini al Genoa Social Forum
Dottrina filosofica e movimento politico la cui teorizzazione ed azione si sono svolte, essenzialmente, durante il secolo XIX. Nei suoi caratteri generali appare come l’esasperata conseguenza logica dell’Egualitarismo, tanto di origine sensista, quanto razionalistica o volontaristica.
Il «sensismo» è la libertà dell’uomo di cercare il proprio individuale piacere sulla guida delle sensazioni.
Il «razionalismo» è essenziale capacità ed attività umana di darsi ciascun uomo le proprie leggi in base alla ragione.
Il «volontarismo» è libero svolgersi dell’attività umana in base agli impulsi istintivi o volontari.
Per i teorici dell’anarchia la conseguenza filosofica della «irrevocabilità assoluta» del diritto primordiale dell’uomo ad una sua libertà individuale senza limiti e senza leggi che non siano quelle date dall’individuo stesso, ed in politica il rifiuto di tutte le istituzioni che alienano all’uomo una parte di questa libertà, deriva dall’uguaglianza assoluta fra gli uomini. All’individuo è riconosciuto il diritto di sviluppare tutte le sue facoltà, i suoi istinti, i suoi desideri, senza che nessun potere esterno imponga limitazione. I principi fondamentali economici dei teorici dell’anarchia sono uguaglianza economica assoluta fra le diverse attività umane; eversione violenta di ogni istituzione politica, economica e religiosa, in modo da fondere sulle rovine della società organizzata, l’assoluta libertà ed uguaglianza degli individui.
La dottrina anarchica è un «individualismo» assoluto e conseguente, per il quale è negato tutto ciò che dall’esterno si pone come freno alla completa «estrinsecazione» di tutto l’individuo: istinti, sensazioni, tendenza al piacere, ragione. Per questo, non meno assoluta, è la negazione delle religioni positive, in quanto organizzate in Chiese ed in principi etici-religiosi, fondamento della disuguaglianza fra gli uomini. L’unica religione per i teorici dell’anarchia è quella che ciascun individuo si può dare, creata interiormente.
Le origini storiche dell’anarchia sono difficili da stabilire, a parte l’opinione di chi vuol vedere tracce nelle prime comunità cristiane, nelle «sette mistiche ereticali» del Medioevo, nel movimento popolare dei lavoratori in Inghilterra del secolo XIV, in quello «anabattista» tedesco del secolo XVI, in certi gruppi puritani della Rivoluzione Inglese del 1640. Le teorie degli «illuministi» hanno, certamente, contribuito all’elaborazione della dottrina.
Il padre dell’anarchia è il pensatore inglese William Godwin che nella sua opera fondamentale: Ricerca sui principi della giustizia sociale e sulla sua influenza sulla virtù e la felicità generale (1793) afferma che la libertà è libertà nel dovere. Libertà ed uguaglianza sociali, lotta contro ogni forma di società e di Stato organizzati, universalismo, derivano al Godwin dal suo razionalismo portato alle estreme conseguenze logiche.
Il moderno movimento anarchico sembra cominciare con Pierre Proudhon (1809-1865) la cui opera: Qu’ est-ce que la propriété? (1840) contiene il famoso aforisma: «La propriété c’est le vol». Dal suo pensiero è derivato l’anarchismo politico, propugnante l’assoluta uguaglianza fra gli uomini, l’abolizione di ogni proprietà ed autorità, meno la familiare, la spartizione dei prodotti secondo i bisogni dei singoli e le ore di lavoro compiute. Ciascuno governi se stesso.
Dopo il Proudhon, Max Stirner, fin dal 1845, nel suo libro L’Unico, propugnò il trionfo dell’Io individuale da ottenersi mediante l’abolizione della religione, della morale, del diritto, della legge, della famiglia e dello Stato, considerati da lui come «gioghi gravanti» sul collo dell’individuo.
Ma il vero fondatore dell’anarchismo come «movimento politico» è Michele Bakunin che, formatosi prima alla scuola dell’idealismo tedesco, passò, poi, alle dottrine «positiviste» di August Comte. Dalla sua attività confusa e tumultuosa e dalle sue controversie con Karl Marx, risultò la netta distinzione fra anarchia e socialismo.
Ultimo fra i grandi teorici dell’anarchia è il principe Kropotkin.
In Russia, durante il periodo zarista, l’anarchia entrò nelle dottrine di Leone Tolstoi e fu più morale che politica, più ascetica e mistica che religiosa.
La scissione tra socialisti ed anarchici fu compiuta nel Congresso dell’Aja (settembre 1872) e, dopo questa epoca, vi furono altri numerosi congressi anarchici in tutta Europa. In Italia l’unione degli elementi anarchici e socialisti continuò nelle file dell’Internazionale, fino al Congresso di Genova nel 1892 e, quivi, si divisero.
In Italia i maggiori esponenti dell’anarchia furono: Pisacane, Malatesta, Cipriani, Merlino.
Nel secolo XIX in seguito all’emigrazione politica russa, le dottrine anarchiche assumevano estrema violenza: nichilismo, totale distruzione di istituzioni, con tutti i mezzi violenti possibili, attentati, distruzioni, eccetera.
In Italia il movimento anarchico ebbe i suoi centri nella Lunigiana, a Carrara ed in Romagna. Nel primo Novecento l’attività violenta degli anarchici fu crudele con uccisioni di vari Presidenti francesi, spagnoli, americani, nonché di alcuni dinasti, Re Umberto I (1900) ad opera di Cresci e l’Imperatrice Elisabetta d’Austria (1898) ad opera di Luccheni. Clamoroso episodio fu quello di Sacco e Vanzetti, due emigrati anarchici in America, condannati a morte per assassinio. Durante la guerra civile spagnola le efferatezze compiute su suore, preti e Cattolici sono inenarrabili. Hanno stuprato, violentato ed ucciso suore nei loro conventi ed incendiato chiese. Vi è una fotografia storica in cui si vede un gruppo di anarchici che scaricano i loro fucili sulla statua del Redentore, con ghigni soddisfatti ed orgogliosi di tale infamia.
In tempi molto più recenti, ritroviamo gli anarchici che intervengono ad ogni summit internazionale, e li vediamo scatenare la loro violenza su persone, su forze dell’ordine, ed in pratica su tutto ciò che incontrano, non sempre con chiarezza di intenti.