Auguste Blanqui, il grande rivoluzionario
Un utopista con un forte senso di
autoritarismo
Il socialismo e la questione sociale sono due questioni fortemente legate fra loro, ma quando sorse la questione sociale? Difficile rispondere, possiamo dire che è sempre esistita, sarebbe errato ritenere che sia una sola conseguenza del capitalismo sorto nell’Ottocento, anche se tale sistema economico favorì la concentrazione dei lavoratori nei grandi centri industriali. Ricordiamo le rivolte urbane (anche se una parte di esse promosse più dal ceto medio artigiano) e le rivolte contadine con la loro carica di esaltazione religiosa del Trecento. Il socialismo ebbe un grande sviluppo appoggiandosi sui ceti popolari, ma tale movimento più che sul miglioramento delle condizioni di vita si reggeva su una visione utopistica del mondo e pertanto su concezioni molto rigide caratterizzate da una notevole componente di dogmatismo. Gran parte degli utopisti di tutti i tempi credeva in un mondo paradisiaco che si sosteneva su un sistema autoritario e la soppressione della personalità, un modo piuttosto particolare per gestire i problemi della società. I grandi pensatori socialisti dell’epoca, Saint Simon, Fourier, Cabet, Owen facevano parte di questo schieramento. L’idea di uguaglianza che ebbe grande importanza nell’illuminismo e nei movimenti culturali successivi, si prestava a delle ambiguità, alcuni la intendevano come uguaglianza di diritti, altri come un modo di vita rigidamente uniformato, controllato dall’alto. I socialisti avevano l’abitudine di adoperare un linguaggio libertario, ma i termini da loro adoperati venivano forzati, l’idea di libertà si associava a quella di vessazione delle classi diverse da quelle popolari e a una dittatura ritenuta benefica, lo spazio riservato al singolo era drasticamente ridotto e una importante autorità si dedicava al bene o a quello che supponevano il bene della popolazione. Gli utopisti condividevano molto dei movimenti religiosi radicali, l’idea di essere i detentori del bene supremo, la facoltà di gestire discrezionalmente i fatti storici antichi e recenti in maniera più o meno cosciente per i loro fini. I socialisti e i comunisti successivamente, cercavano di presentarsi come movimenti avanzati, ma le loro origini affondano nei gruppi religiosi estremisti, anabattisti, taboriti, lollardi, eccetera e al di là di alcune questioni di facciata il loro manicheismo emerge spesso nei loro scritti. Vedevano dappertutto aggressioni contro di loro anche quando apertamente utilizzavano la violenza contro le istituzioni e chi non condivideva le loro idee. Si consideravano infine progressisti e ultrademocratici anche quando proponevano istituzioni immobilistiche e autoritarie, significativa di questo modo di pensare fu l’indifferenza di molti verso l’idea di suffragio universale. L’idea di un capitalismo rapace nei confronti dei lavoratori e della popolazione in genere, tipica dei socialisti, trovò molti limiti, la eliminazione della plurisecolare malnutrizione e i grandi progressi nel campo dell’alfabetizzazione sono innegabili già nel corso dell’Ottocento. Ricordiamo che la legislazione sociale venne iniziata intorno al 1880 dal governo più conservatore che avevamo nel nostro continente, quello di Bismarck, successivamente si ebbe l’iniziativa del grande capitalista Henry Ford nei primi del Novecento di aumentare notevolmente i salari in America, l’idea che la giustizia sociale si potesse realizzare solo con l’uso della forza usciva fortemente ridimensionata.
Non fa eccezione al radicalismo e all’utopismo il modo di pensare di Louis Auguste Blanqui che durante la sua vita diede vita a diverse società segrete, caratterizzate da una struttura fortemente gerarchica. Forse la documentazione storica sul personaggio e le associazioni da lui fondate non è completa, in ogni caso rimangono i suoi scritti e alcuni ricordi della sua vita. Nacque in una famiglia francese benestante, studiò medicina e giurisprudenza, fu inizialmente repubblicano non particolarmente estremista, ma successivamente divenne socialista, organizzatore di gruppi politici diversi, sempre impegnato nella cospirazione, la rivolta portata avanti non da una grande massa di uomini ma da un gruppo ristretto, preparato e disciplinato. Per tali ragioni trascorse a più riprese molti anni della sua vita (33 su 76) in carcere. Prese parte alla Rivoluzione del luglio 1830 (che rovesciò l’autoritario Carlo X e istituì un sistema di governo liberale) ma ne rimase deluso per le riforme democratiche ma non socialiste. La prima sua importante iniziativa fu la fondazione della Società delle Stagioni, le cui caratteristiche programmatiche non sono del tutto note, che nel 1839 quando governavano i liberali contrari al precedente regime, organizzò con cinquecento uomini non collegati con altri movimenti o con le classi popolari in genere, una insurrezione con la occupazione del Comune di Parigi che venne facilmente stroncata in due giorni. Partecipò ai moti del 1848 che avevano visto assalti alla Camera dei Deputati da parte dell’ultrasinistra, una imposizione fiscale particolarmente dura per il ceto medio e i lavoratori agricoli e la creazione di officine di stato, nate per risolvere il problema della disoccupazione, che divennero di fatto centri di elargizione del denaro pubblico. Nel 1867 scrisse Istruzioni per il sollevamento in armi, una specie di manuale di guerriglia in cui si sosteneva la necessità di un governo rivoluzionario dittatoriale. Durante la Comune di Parigi del 1871 non poté partecipare personalmente in quanto in stato di arresto ma i suoi simpatizzanti parteciparono alla rivolta con i suoi provvedimenti autoritari e vessatori nei confronti delle imprese, nonché con gli incendi di numerosi edifici. Scrisse un singolare saggio, Eternità attraverso le stelle, dove si parlava di mondi paralleli e di una specie di vita eterna degli esseri umani. Una decina di anni dopo, nonostante la sua proclamata sfiducia nelle istituzioni parlamentari si fece eleggere deputato e diede vita al giornale «Né Dio né padrone». Divenne celebre per la massima: «Chi ha il ferro ha il pane... Alla presenza dei proletari amati tutti gli ostacoli, le resistenze e le impossibilità spariranno».
I primi scritti di Blanqui non erano estremisti. Colpisce una certa retorica nella descrizione delle condizioni di vita dei ceti popolari, ma colpisce anche che si parli più di povertà causata dalle tasse che dai salari troppo bassi. Successivamente espresse un giudizio positivo sul Regime del Terrore instaurato da Robespierre che aveva introdotto alcuni provvedimenti limitativi sulla proprietà privata e la successiva Congiura di Babeuf.
Come dicevamo, una delle sue prime iniziative fu la fondazione della Società delle Stagioni, di essa rimane una sorta di catechismo di cui riportiamo alcuni passi: «Coloro che hanno diritti senza adempiere ai doveri, come nel caso degli aristocratici, fanno parte del popolo? Non dovrebbero far parte del popolo; sono per la società ciò che un cancro è per il corpo umano: la prima condizione per il ritorno del corpo sociale a uno stato giusto è spazzare via l’aristocrazia… Il popolo può governarsi immediatamente subito dopo la rivoluzione? Poiché lo stato sociale è in pericolo, sono necessari rimedi eroici per garantire l’ordine pubblico; per un certo periodo di tempo la gente richiederà un potere rivoluzionario… In sintesi, quali sono i tuoi principi? Monarchi e tutti gli aristocratici devono essere sterminati; sostituire al loro posto la repubblica, che è il governo dell’uguaglianza; ma, per raggiungere questo governo, occorre un potere rivoluzionario, che consenta al popolo di esercitare i propri diritti». Il potere rivoluzionario non venne definito con esattezza, ma alla luce di altre considerazioni va probabilmente inteso come un potere di un gruppo ristretto di persone, che lo esercitava a favore del popolo, dal quale erano escluse alcune categorie ritenute antagoniste.
Ovviamente non solo gli aristocratici erano considerati nemici del popolo, anche gli appartenenti alla classe borghese rientravano in tale categoria, in diversi suoi scritti si parla di essi come degli oziosi interessati solo al denaro, sebbene nell’Ottocento si fosse sviluppato quel fenomeno innovativo di uomini particolarmente ricchi intenti a utilizzare il proprio patrimonio per sviluppare attività produttive. Nel 1834 Blanqui a tal proposito scrisse: «La nazione è impoverita dalla morte di un lavoratore. È arricchita da quella di un fannullone. La morte di un uomo ricco è un vantaggio». L’idea che gli investimenti fossero utili alla società e a chi vive di lavoro in un’impresa, era del tutto estranea al modo di pensare dei socialisti. Il disprezzo dei borghesi si accompagnava a degli assiomi caratteristici dei socialisti che difficilmente trovavano un loro fondamento: «Gli individui hanno preso possesso della terra comune per inganno o violenza, dichiarandosi proprietari». La terra non risulta abbia mai costituito un bene comune (a eccezione delle società primitive) negli ordinamenti giuridici moderni come in quelli antichi al tempo dei romani, la proprietà si acquistava in un limitato numero di casi per presa di possesso di cose non appartenenti a nessuno o abbandonate, ovvero nella maggior parte dei casi attraverso lo scambio di beni e servizi. La stessa visione radicale e poco realistica la si trova quando parla dei rapporti di lavoro: «Non è libero chi, privato degli strumenti del lavoro, rimane alla mercé dei privilegiati che ne sono i proprietari», difficile immaginare che gli strumenti di lavoro che richiedevano importanti investimenti al tempo della Rivoluzione Industriale potessero essere alla portata dei lavoratori.
L’idea di democrazia non soddisfaceva il rivoluzionario francese, riguardo a ciò scrisse nel 1833: «L’estensione dei diritti politici, della riforma elettorale e del suffragio universale può essere eccellente, ma solo come mezzo, non come obiettivo. Il nostro obiettivo è l’equa condivisione delle cariche e dei benefici della società, è la completa instaurazione del regno dell’uguaglianza». Anche se come abbiamo visto propendeva per un regime dittatoriale e l’amministrazione pubblica dei beni, ciò ovviamente implicava l’esistenza di una categoria di funzionari dotati di enormi poteri, che come abbiamo visto nel Novecento nei paesi comunisti, facilmente poteva accedere ad ampi privilegi.
I metodi di lotta previsti da Blanqui erano dei più duri, in Appello del Comitato delle Stagioni del 1839 scrisse: «Sollevati, popolo e i tuoi nemici spariranno come polvere prima di un uragano! Scioperare, sterminare senza pietà i malvagi scagnozzi, i complici volontari della tirannia». Gli stessi concetti vennero espressi durante il periodo di governo di Napoleone III nel 1866: «Tutti i funzionari governativi sono sospesi dalle loro funzioni. Tutti i trasgressori saranno giustiziati… Tutti i poliziotti e gli agenti devono rimanere a casa. Quelli che appaiono per le strade, in uniforme o in altro modo, saranno giustiziati». Un destino analogo riguardava anche quei lavoratori che non partecipavano ai moti rivoluzionari, scrisse nel 1851: «Ma per quegli operai che si lasciano divertire dalle ridicole passeggiate per strada, dal piantare alberi della libertà, dalle melliflue frasi degli avvocati, ci sarà prima l’acqua santa, poi gli insulti e, infine, la mitraglia».
Come abbiamo detto la sua attività di rivoluzionario si accompagnava a quella di uomo che anteponeva l’immaginazione alla realtà verificabile, caratteristica che emerge nel suo scritto Eternità attraverso le stelle di non facile interpretazione: «Ogni stella, qualunque stella, esiste un numero infinito di volte nel tempo e nello spazio, non in una soltanto delle sue forme, ma così com’è in ognuno dei momenti della sua esistenza, dalla nascita alla morte. E tutti gli esseri sparsi sulla sua superficie, grandi e piccoli, vivi o inanimati, condividono il privilegio di questa perennità. La Terra è una di queste stelle. Ogni essere umano è dunque eterno… Ma in fondo questa eternità dell’uomo attraverso le stelle è malinconica… Una dopo l’altra tutte queste terre sono immerse nelle fiamme del rinnovamento, per rinascere lì e ricadere in esse, il fluire monotono di una clessidra che si trasforma e si svuota eternamente. È qualcosa di nuovo che è sempre vecchio; qualcosa di vecchio che è sempre nuovo… fino ad ora il passato rappresentava per noi barbarie, e il futuro significava progresso, scienza, felicità, illusione!».
Appello agli studenti, 1830
Procedura di accoglienza presso la Società delle Stagioni, 1830
Chiamata alle armi, 1830
Discorso davanti alla Società degli Amici del Popolo, 1832
Discorso di difesa, 1832
Propaganda democratica, 1833
Organizzazione della Società delle Famiglie, 1833-1834
Primo numero di «Le Libérateur», 1834
Chi fa la zuppa dovrebbe mangiarla, 1834
Appello del Comitato della Società delle Stagioni, 1839
Appello della Società Repubblicana Centrale al Governo, 1848
Società Repubblicana Centrale al governo provvisorio, 1848
Ai club democratici di Parigi, 1848
Parigini!, 1848
Risposta al documento Tascherau, aprile 1848
Per la bandiera rossa, 1848
Alla Montagna del 1793! Ai socialisti puri, i suoi veri eredi!, 1849
Avviso al popolo, 1851
Proclamazione del 20 febbraio 1866
Proclama ai parigini, 1866
Manuale per un’insurrezione armata, 1866
Esclusivismo della classe operaia, 1868
Note sul positivismo, 1869
Eternità attraverso le stelle, 1872
L’esercito schiavizzato e oppresso, 1880