Il «signum crucis» del corridoio interno del
Colosseo
Un «mistero» per storici della Chiesa e
archeologi?
All’inizio del Duemila, con il contributo di sponsor, è stato possibile avviare un progetto di ripulitura e restauro dell’Anfiteatro Flavio (Colosseo). Questo intervento ha fatto «riemergere» taluni aspetti del monumento che non si potevano in precedenza individuare con chiarezza. In particolare, nel corridoio di servizio che immette al terzo livello, oltre alla «riscoperta» del colore (rosso) e a quella di graffiti, è «riapparso» in modo nitido il piccolo disegno di una croce. Questo, è posizionato sopra una linea rossa che collega tra loro due lettere: una «T» e una «S».
La striscia rossa che collega la «T» e la «S». Verso sinistra è collocato il «signum crucis»
Il disegno, pur osservato da varie persone, non ha di fatto spinto verso processi di analisi. L’attenzione generale, infatti, è rimasta concentrata su altri reperti, comunque interessanti. Quando ebbi la possibilità di vedere alcune foto del lacerto di muro ove si trova il «signum crucis», mi vennero in mente alcuni interrogativi: perché disegnare una croce in un posto anonimo, di passaggio? Perché una croce rappresentata proprio tra due lettere dell’alfabeto? Ebbe così inizio uno studio che ricevette sostegno dall’allora direttrice del Colosseo, la Dottoressa Rossella Rea.[1] Il progetto di ricerca, da me diretto, ha dovuto necessariamente utilizzare più tecniche di indagine: dalle procedure consuete usate dagli storici, inclusi quelli della Chiesa[2], fino ad approdare a una giovane scienza: l’archeometria.[3]
La misurazione di ciò che è antico è oggi indicata con il termine «archeometria». Tale attività scientifica si avvale dei metodi sperimentali di più scienze[4]. Attualmente, lo studio di reperti di epoche lontane ha ricevuto un ulteriore apporto dalle analisi di tipo non distruttivo con tecniche non invasive. Per comprendere l’importanza delle analisi non distruttive si possono ricordare, ad esempio, alcuni progetti che sono stati realizzati con esiti positivi: la caratterizzazione non distruttiva dei materiali della Chartula di San Francesco di Assisi[5]; l’analisi dei pigmenti adoperati nelle «vetrine» delle ceramiche dei fratelli Della Robbia[6] (Museo del Bargello, Firenze); l’analisi di un dipinto attribuito al Botticelli (Biblioteca Classense, Ravenna); lo studio del Tesoro monetale di Misurata (Libia); la caratterizzazione qualitativa di alcuni Rotoli del Mar Morto...
Nell’attuale periodo, per realizzare indagini non invasive «in situ» esistono vari sistemi. Questi, sono basati sull’uso di raggi X e di particelle cariche. Si riportano qui di seguito alcuni esempi.
– Sistema portatile PIXE-alfa.
Basato sull’utilizzo di una sorgente di 210Po a emissione di particelle alpha aventi energia pari a 4.8MeV. Tale sistema consente di ottenere un’analisi chimica qualitativa e quantitativa confinata ai primissimi micron[7] della superficie da analizzare: pigmenti (in affreschi, tele, tavole, ceramiche), mosaici, leghe metalliche.
– Sistemi portatili di micro-fluorescenza X risolta spazialmente e di microfluorescenza X portatile.
Basati sull’emissione di raggi X di varia energia e intensità. Consentono l’analisi elementale di porzioni anche millimetriche del campione oggetto di studio: inchiostri, miniature...
– Sistema portatile XRD.
Sfruttando il principio della diffrazione dei raggi X all’interno del reticolo cristallino è indicato per la caratterizzazione mineralogica di pigmenti, affreschi, patine di alterazione...
– Sistema portatile XRF[8] a controllo di stabilità.
Il continuo controllo dell’intensità del fascio permette di ottenere delle attendibili analisi quantitative. Data l’energia degli X emessi, tale sistema è particolarmente indicato per l’analisi quantitativa di materiali ceramici, ossidiane, metalli.
– Sistema XPIXE.
Il sistema XPIXE[9] è uno strumento portatile. Consente le analisi «in situ». Consiste in una sorgente radioattiva che emette sia particelle alfa che raggi X. Una volta colpito il campione si ha l’emissione di raggi X specifici degli elementi chimici componenti il campione stesso, che vengono in questo modo rivelati. Dall’analisi degli spettri misurati, nella maggior parte dei casi, è possibile derivare la composizione chimica del reperto in studio.
In archeometria è pure utile l’impiego di sistemi per la ripresa di immagini digitali. Queste, vengono analizzate e «riprocessate» dal computer che fa parte del sistema. Ciò è utile per lo studio e la diagnostica di dipinti, documenti scritti su supporti vari.
Le telecamere e le fotocamere impiegate sono dotate di un sensore sensibile alla luce in un vasto campo spettrale.
Ciascun tassello (pixel) del mosaico opera come un elemento dell’immagine da riprodurre. Con l’aumentare del numero totale di pixel cresce la risoluzione dell’immagine. Attraverso un obiettivo dotato di uno zoom ottico si ottengono ingrandimenti di notevole qualità.
Tali processi consentono di distinguere particolari di dimensioni quasi microscopiche. Le riprese sono utili nel caso di dipinti, di scritte su vari tipi di supporto, di vetrate...
Sono prese in tempo reale con un convertitore di radiazione, che sostituisce la lastra fotografica, realizzato in diversi modi. Il sistema radioscopico più semplice usa come convertitore uno schermo fluorescente che riproduce nel visibile l’immagine radiografica. Le immagini vengono riprese da una fotocamera digitale. Le radiografie sono realizzate anche con altre tecniche.
Quanto annotato è significativo perché orienta verso nuovi apporti scientifici. Tali moderni contributi sono stati utilizzati anche con riferimento ai processi di datazione. Si spiega, così, l’attenzione che gli storici – inclusi quelli della Chiesa – hanno rivolto ai metodi non distruttivi di analisi.
Nel contesto fin qui delineato si colloca anche lo studio che è stato realizzato nel corridoio di servizio dell’Anfiteatro Flavio che immette al terzo livello. Come ricordato, è proprio qui che, in un lacerto di muro, si trova il «signum crucis» oggetto del progetto di ricerca. Tra gli interrogativi da affrontare si è posto anche il problema della datazione.
Con il progredire dello studio, l’indagine è risultata complessa perché il lacerto di muro è ricoperto da molte scritte (con datazioni diverse) e da disegni, che già a un primo esame facevano pensare a una datazione non recente. L’indagine effettuata è risultata complessa. Ha richiesto fasi temporali non brevi. Molte consultazioni. Si è cercato quindi di percorrere più itinerari di ricerca. Ciò consente adesso di poter fornire i primi dati conoscitivi. Per facilità del lettore sono stati preparati degli schemi di riferimento di non difficile lettura.
– Studio cronologico degli eventi che hanno riguardato la storia dell’«Amphitheatrum Flavium»;[10]
– studio delle persecuzioni cristiane avvenute nei territori dell’Impero Romano, e a Roma;[11]
– studio delle «venationes» organizzate nell’Anfiteatro Flavio con particolare riferimento all’uso dei tori;[12]
– studio dei graffiti individuati nell’Urbe e nel Colosseo, utilizzando anche database[13] e testi scientifici.
Il corridoio di servizio del Colosseo che immette al terzo livello e (a destra) il lacerto di murto studiato
– Studio del corridoio utilizzando anche la documentazione esistente in merito;
– analisi del lacerto di muro ove, oltre al «signum crucis», sono state trovate tracce di colore, disegni, scritte;
– analisi della traccia di zoccolatura;
– analisi delle tracce di colore;
– studio delle diverse scritte (staccandole in modo elettronico dal loro contesto);
– analisi della lettera «T» e della lettera «S». Queste presentano un medesimo colore e sono collegate tra loro da una striscia di uguale colore;
– analisi del disegno della croce;
– analisi di aspetti diversi riscontrati nel modo di disegnare le due lettere e il «signum crucis»;
– analisi comparata tra il disegno della croce e le croci individuate nelle catacombe romane.
Si riportano qui di seguito dei database di particolare importanza.
EAGLE. Electronic Archive of Greek and Latin Epigraphy. Il progetto è stato avviato nel 1997 con il patrocinio dell’Association Internationale d’Épigraphie Grecque et Latine (AIEGL). Prevede la creazione di una banca dati generale dell’epigrafia antica e la registrazione delle iscrizioni greche e latine anteriori al VII secolo dopo Cristo.[14] Dal progetto dipendono quattro database federati:
EDR, Epigraphic Database Roma (http://www.edr-edr.it). Ha l’obiettivo di pubblicare tutta la documentazione relativa a Roma, alla penisola italica, alla Sicilia e alla Sardegna.
EDB, Epigraphic Database Bari (http://www.edb.uniba.it). La finalità è di pubblicare tutte le epigrafi cristiane di Roma.
EDH, Epigraphische Datenbank Heidelberg (http://edh-www.adw.uni-heidelberg.de/home). Si propone di pubblicare tutte le evidenze provenienti dalle province dell’Impero, a eccezione di quelle iberiche.
HE, Hispania Epigraphica (http://eda-bea.es). Questo database intende pubblicare tutte le evidenze provenienti dalle province iberiche.
È possibile effettuare una ricerca globale, interrogando il database generale, o specifica consultando singolarmente i database federati provvisti di una maschera per le ricerche indicizzate.
PETRAE, Programme d’enregistrement, de traitement et de recherches automatiques en épigraphie. Questo database è un sistema per la registrazione di iscrizioni latine e greche sviluppato presso l’Istituto «Ausonius» (Francia). Raccoglie testi epigrafici provenienti da diverse regioni in cui lavorano i suoi ricercatori e i loro collaboratori.[15]
Epigraphische Datenbank Clauss – Slaby (http://www.manfredclauss.de). Rappresenta la più grande banca dati disponibile al momento.[16]
Nel contesto descritto sono state tenute in considerazione più ipotesi sulle quali si mantengono perplessità. Si riportano qui di seguito le principali.
– La «T» e la «S» sono la prima e l’ultima lettera di un nome. Esempio: «Thèseus».
L’ipotesi pare debole perché gli antichi Romani scrivevano i nomi per intero. Qualche eccezione si trova ad esempio nelle monete (per lo spazio ridotto).
– La «T» e la «S» costituiscono la prima e l’ultima lettera del nome di un martire cristiano. Esempio: Tarsicius.
L’ipotesi sembra poco convincente perché San Tarcisio non venne ucciso nel Colosseo, e perché non si faceva un pubblico riferimento ai martiri in periodo di persecuzioni.
– La «T» e la «S» sottintendono una espressione volgare.
Tale opinione non considera però il fatto che gli antichi Romani scrivevano senza problemi espressioni scurrili, oltraggiose, polemiche e altro, e sempre per intero.
– La «T» e la «S» non sono lettere dell’alfabeto romano.
L’affermazione appare debole se si considerano le scritte individuate nell’area archeologica.
– La «T» e la «S» e il «signum crucis» sono da datare con riferimento a una fase temporale medievale.
Ipotesi accantonata. Nel periodo medievale non c’era bisogno di disegnare una piccola croce in un luogo poco consono alla «devotio crucis» perché la religione cristiana era ormai affermata.
– La «T» e la «S» e il «signum crucis» si devono datare con riferimento all’epoca moderna.
L’affermazione desta perplessità. In tale fase storica la croce ha ormai acquisito una valorizzazione notevole in ogni ambiente di culto.
Lo studio del disegno della croce situato nel corridoio di servizio del Colosseo che immette al terzo livello, dopo le ricerche in precedenza citate, ha fornito dati che orientano verso un’ipotesi. La datazione potrebbe essere collegata alla fine del III secolo dopo Cristo. È in questo periodo, infatti, che le persecuzioni contro i Cristiani divennero sistematiche. Inoltre, nelle «venationes», i tori erano impiegati in vario modo nell’arena. Il numero delle persone uccise nell’Anfiteatro Flavio rimane significativo, ed è attestato dalla letteratura latina. Nelle catacombe romane furono deposti corpi di martiri cristiani e rimase una memoria che favorì un culto.
Il disegno della croce e le due lettere dell’alfabeto (ingrandimento)
La «fatica» a leggere un lacerto di muro ove si trovano scritte e disegni di ogni tipo è certamente un fatto oggettivo.
1) Molti studiosi si sono orientati sulla «scoperta» del colore (ad esempio, il rosso). Importante, al riguardo, il contributo offerto anche dalla Professoressa Silvia Orlandi, docente di epigrafia latina (Università di Roma 1, «La Sapienza»).
2) Non è mancata, poi, un’attenzione verso i graffiti del Colosseo, il cosiddetto passaggio di Commodo, la cavea dell’anfiteatro, l’area ipogea, il disegno posto sopra la «Porta Triumphalis»[17]...
3) Pur tuttavia, non pare debole lo studio del disegno della croce trovato nel corridoio di servizio.
Quello che colpisce, infatti, è il luogo del ritrovamento (un ambiente di rapido passaggio, anonimo). È un corridoio che conduce verso un urinatoio. In questo punto nessuno avrebbe mai disegnato una croce. Non lo avrebbero fatto per gioco, per passatempo nel periodo delle persecuzioni. Quando ciò è accaduto (in un edificio del Palatino) il disegno della croce era visibilmente blasfemo, e l’uomo crocifisso aveva una testa di asino.
E non lo avrebbero fatto in seguito perché il Cristianesimo era divenuto ormai religione di Stato e i crocifissi erano rappresentati in modo molto diverso.
Si vede poi nel disegno complessivo una marcata differenza. Le due lettere «T» ed «S» sono state disegnate in modo «animoso». «Di getto». La croce no. Il «signum crucis» è rappresentato in modo molto umile ma preciso. Esprime quindi una volontà. E la sua collocazione tra le due lettere non è casuale perché il «signum» poggia proprio sulla linea rossa che collega le due lettere.
A questo punto, rimane una possibile chiave di lettura: le due lettere sono le iniziali di una esclamazione: «taurus» (toro). Grido molto in uso nell’anfiteatro. Esaltazione della forza bruta, del sangue, della dominanza assoluta. E il disegno della piccola croce rimane la testimonianza di fede e di affidamento nel Signore di un Cristiano anonimo che vede tanti condannati (anche Cristiani) morire per il passatempo di centinaia di spettatori.
AA.VV., Archeometria e restauro. L’innovazione tecnologica, a cura di S. Siano, Nardini, Firenze 2012
AA.VV., Elementi di archeometria. Metodi fisici per i beni culturali, a cura di A. Castellano, M. Martini, E. Sibilia, EGEA, Milano 2007
A. Buonopane, Manuale di Epigrafia Latina, Carocci, Roma 2009
C. Carretti, Il segno del vincitore. La croce nella documentazione epigrafica, in «L’Osservatore Romano», 20 novembre 2009
A. Donati, Epigrafia romana. La comunicazione nell’antichità, Il Mulino, Bologna 2002
P.L. Guiducci, Nell’ora della prova. La testimonianza dei martiri cristiani a Roma dal I al IV secolo, prefazione di Padre Peter Gumpel SI, Albatros, Roma 2017
U. Leute, Archeometria. Un’introduzione ai metodi fisici in archeologia e in storia dell’arte, Carocci, Roma 1993
Marziale, Liber de spectaculis
R. Rea, Il Colosseo. Nuova guida, Electa, Milano 2019.
Professoressa Anna Candida Felici, Università degli Studi Roma 1 «La Sapienza», Dipartimento Scienze di Base e Applicate per l’Ingegneria. Professor Gabriele Cifani, Archeologo, Università degli Studi Roma 2 «Tor Vergata», Dipartimento di Storia. Dottoressa Donata Magrini, Ricercatrice Scientifica, Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale, Consiglio Nazionale delle Ricerche (Sesto Fiorentino). Dottoressa Claudia Principe, Ricercatrice Scientifica, Istituto di Geoscienze e Georisorse, Consiglio Nazionale delle Ricerche (Pisa e Lucca). Professoressa Francesca Rizzo, Professoressa Associata di Fisica Nucleare e Subnucleare Università degli Studi di Catania, Responsabile Laboratorio Analisi Non Distruttive In Situ (LANDIS), sede IBAM di Catania. Professor Alfredo Petralia, Università degli Studi di Catania (Catania).
1 Direttore del Colosseo, responsabile della tutela del Foro della Pace e dei Fori Imperiali, responsabile della tutela di una porzione del Centro storico (Quirinale, Boncompagni Ludovisi, Castro Pretorio), direttore scientifico degli scavi archeologici Metro C per le due tratte da Via Casilina Vecchia a Via dei Fori Imperiali.
2 Analisi del contesto, analisi comparate, differenze tra scritte...
3 P.L. Guiducci, Un nuovo messaggio cristiano dal Colosseo? Studio del disegno di una croce, EDUCatt, Milano 2021, pagina 53.
4 Fisiche, chimiche, biologiche, geologiche e informatiche.
5 La benedizione di San Francesco a Frate Leone fu scritta nel settembre del 1224. Due anni dopo il Santo moriva. Il testo è ancora leggibile. Presenta il «Tau» impresso su di un lato, simbolo con il quale Francesco si firmava. La Chartula, nome con cui viene indicato il reperto, è conservata nel reliquiario del Sacro Convento accanto al saio del fraticello d’Assisi. Queste le parole rivolte a Fra’ Leone da Francesco: «Il Signore ti benedica e ti custodisca. Mostri a te il suo volto e abbia misericordia di te. Volga a te il suo sguardo e ti dia pace. Il Signore ti dia la sua grande benedizione».
6 La vetrina dei Della Robbia si ottiene macinando e sciogliendo in acqua ossido di stagno e selce pura. A questi elementi era aggiunto l’ossido di stagno per il colore bianco, il cobalto per l’azzurro e il rame per il verde.
7 Unità di misura di lunghezza, simbolo mm, pari a 1 milionesimo di metro, detta anche micrometro.
8 XRF: X-Ray Fluorescence.
9 X-ray and Particle Induced X-ray Emission.
10 La sua costruzione venne iniziata dall’Imperatore Vespasiano (70 dopo Cristo). L’opera fu conclusa dall’Imperatore Tito (inaugurazione: 21 aprile dell’80 dopo Cristo).
11 Confronta anche: P.L. Guiducci, Le persecuzioni dei cristiani a Roma. I risultati delle indagini archeologiche, in: «Storia in Network», rivista storica mensile online, 1° novembre 2017.
12 Confronta anche: M. Poma, Non solo leoni al Colosseo. Gli animali nel mondo dei giochi dell’antica Roma, in: «InStoria. Rivista online di storia & informazione», mensile, numero 149, maggio 2020 (CLXXX).
13 Sono citati in questo studio.
14 Devono essere corredate da alcuni dati fondamentali, da un minimo di apparato critico e, dove possibile, da una riproduzione fotografica.
15 Ogni foglio presenta il testo dell’iscrizione in versione maiuscola e minuscola, accompagnato da metadati su tutti gli aspetti del monumento: supporto, frammenti, campi epigrafici ed elementi del testo (date, paleografia, sfarografia critica, traduzione, osservazioni). I file sono collegati agli indici e alla bibliografia generale. Presentano un’importante documentazione grafica. Le sezioni digitali e parole chiave accompagnano le altre con la stesura libera.
16 Non prevede alcun tipo di apparato critico-bibliografico o controllo ragionato del testo, dello scioglimento e delle integrazioni.
17 Rappresenta la mappa di una Gerusalemme ideale del I secolo dopo Cristo.