Thomas Becket
Quando gli interessi rompono le amicizie

Un importante personaggio della Chiesa Inglese fu Thomas Beckett le cui idee, contrastanti con quelle del Re Enrico II d’Inghilterra, ne comportarono l’eliminazione. Egli nacque a Londra il 21 dicembre 1118 da genitori normanni, che lavoravano nel settore mercantile, e ben presto fu avviato alla carriera ecclesiastica presso l’abbazia di Merton, per poi continuare gli studi a Parigi. Da adulto, fu impiegato comunale e contabile al servizio della legge. Qualche anno dopo, il padre lo presentò all’Arcivescovo di Canterbury, Theobald di Bec, entrando a far parte del suo gruppo, in cui, fra i vari e illustri compagni, erano il filosofo politico Giovanni di Salisbury, l’avvocato di Roma Vacarius e diversi Vescovi e prelati del futuro, fra cui Roger de Pont l’Évêque, che, in seguito, fu nominato Arcivescovo di York. Theobald, essendosi reso conto che il ragazzo aveva capacità superiori alla norma, ne fece uno dei più stretti e fidati collaboratori e lo mandò a Bologna per lo studio canonico e, successivamente, ad Auxerre in Francia. Quando ci fu il Concilio di Reims nel 1148, Theobald lo volle con sé. Nel 1154, Thomas fu ordinato diacono e prevosto di Beverly e arcidiacono della cattedrale.

Intanto alla Corte Inglese, nel dicembre 1154, alla morte di Stefano di Blois, era salito al trono, quale Re d’Inghilterra, Enrico II Plantageneto, allora ventunenne. Questi, nel 1152, aveva sposato la duchessa Eleonora d’Aquitania, che gli portò in dote estese proprietà sul suolo francese, vale a dire i ducati di Aquitania e Guascogna, che si aggiunsero ai suoi, cioè la Normandia, l’Angiò, la Turenne e il Maine, ereditati nel 1153 alla morte del padre Goffredo. Per il suo carattere fermo, energico e deciso nelle scelte, fu accolto favorevolmente da tutta la Corte. Quando, a Natale del 1154, Enrico II era con tutta la Corte nel quartiere Bermondsey di Londra, incontrò Thomas Beckett, che gli fu raccomandato dal di Bec, che elogiava le sue competenze amministrative e gestionali che sarebbero servite a un ottimo Cancelliere del Regno; il Re accettò il consiglio dell’Arcivescovo e lo nominò subito Lord Cancelliere del Regno Inglese; poi, nel 1162, Beckett fu nominato Arcivescovo di Canterbury e notabile d’Inghilterra.

Successivamente, per una decina di anni, Beckett e il Re agirono in sincronia, pur essendo il Re di un’impetuosità eccezionale e Thomas di una calma e di una cautela sorprendenti. In quel lungo periodo, Beckett operò in modo di favorire proficuamente la Corona, iniziando a calmare le velleità dei grandi feudatari e degli ecclesiastici, tenendoli a freno e limitandone l’indipendenza, accontentando il Re che voleva che il clero avesse meno privilegi; riorganizzò il patrimonio regale e il regime fiscale a tutto vantaggio delle casse dello Stato; fece in modo che la Monarchia fosse apprezzata per la sua qualità; si adoperò affinché molte opere pubbliche inutili fossero distrutte e che quelle utili fossero realizzate. Enrico II si dimostrò, oltre che amico, grato per il suo impegno, tanto da onorarlo e da elargirgli considerevoli proprietà.

Quando, nel 1162, la carica di Arcivescovo Primate si rese vacante, Enrico II gliela assegnò, malgrado Thomas fosse contrario, perché, con quella mossa, il Re riteneva possibile la sottomissione della Chiesa Romana al regime della Corona Inglese e, nello stesso tempo, sarebbe stato garantito il controllo su tutti i suoi beni. Per i suoi leali servigi, Thomas ricevette da Enrico II onori e proprietà. Uniti da un legame di stima e amicizia, i due avevano caratteri diversi ma complementari: l’impetuosità dell’uno era controbilanciata dalla prudenza e dalla cautela dell’altro. Pur essendo Thomas più anziano del Re di una quindicina di anni, l’accordo sembrava inossidabile.

Ma quando Beckett assunse l’incarico propostogli, cambiò completamente il suo «modus vivendi», abbandonando lussi e sprechi; vestendosi con un saio da monaco agostiniano; accogliendo nella sua casa i poveri e distribuendo loro le proprie ricchezze; facendo penitenza con il cilicio, diventando sempre più devoto e partecipando con passione all’Eucarestia. Pertanto, in quell’anno, che fu importantissimo per la sua vita, stabilì che, se doveva obbedire a qualcuno, questi non era il Re, bensì Dio; di conseguenza, rinunciò al Cancellierato, cercando in tal modo di divenire indipendente dal Re.

Di tutto questo si riprese la discussione nell’ottobre 1163, durante il Concilio di Westminster, per continuarla l’anno successivo a Clarendon, nel Wiltshire; questa sollevò una crisi quando il Re chiese che i contenuti delle Costituzioni di Clarendon, che contenevano una serie di diritti reali, molto pesanti soprattutto nei confronti della Chiesa, fossero accettati e sottoscritti. Thomas, dopo averli accettati in un primo momento, non solo cambiò poi idea, ma pure chiese l’intervento del Papato. Naturalmente, tale rinuncia contrariò Enrico II, che andò su tutte le furie e che iniziò a ritenerlo un emerito rompiscatole, giacché gli faceva perdere il controllo della Chiesa Inglese. Molti ecclesiastici, Vescovi e prelati, la presero persa, ma non Thomas, Arcivescovo di Canterbury, che non volle saperne di firmare le Costituzioni. L’amicizia fra i due era giunta alla fine. Durante il Concilio di Northampton, durato dal 6 al 13 ottobre 1164, Enrico dimostrò la sua volontà di togliersi Beckett dai piedi, facendogli rassegnare le dimissioni, con l’appoggio di diversi Vescovi, fra cui quello di Londra, Gilbert Foliot. Al suo diniego, palese atto di insubordinazione, il Re uscì dai gangheri, tanto che Thomas, fiutato il grosso pericolo, ritenne opportuno tagliare la corda.

Sotto mentite spoglie, prese il mare dal porto di Sandwich il 2 novembre 1164 e si rifugiò in Francia, dove fu accolto favorevolmente dal Sovrano Luigi VII, anche perché lui intendeva indebolire Enrico II, che già teneva sotto controllo la Francia Occidentale e intendeva allungare le mani sulla contea di Tolosa; in quell’occasione, il Papa poteva essergli di poco aiuto, trovandosi in Francia in esilio a causa dei dissapori con i suoi Cardinali. All’inizio, Beckett soggiornò nel monastero cistercense di Pontigny nella Borgogna, per trasferirsi poi nell’abbazia benedettina di Sens.

In quello Stato, Beckett soggiornò per sei anni, sotto la protezione del Re Luigi VII, che, fra l’altro, si adoperò attivamente per riappacificare quelli che un tempo erano amici, facendo intervenire anche la propria madre, Matilda de Mondeville, e il Papa Alessandro III. Così, i due poterono incontrarsi diverse volte in territorio francese e, quando sembrava che tutto fosse in fase di risoluzione, saltava fuori sempre qualche cavillo, che la faceva slittare all’incontro successivo. Del resto, Enrico voleva che Beckett gli giurasse fedeltà, richiesta regolarmente respinta con la scusa che lui poteva farlo solamente nei confronti di Dio.

Il 6 gennaio 1169, Enrico II si recò in Francia per incontrarsi con Luigi VII e poté parlare con Beckett a Montmirail, invitandolo a tornare in Inghilterra, ma questi rifiutò, prima di tutto perché non si fidava troppo delle sue promesse di lasciarlo in pace e, poi, perché chiarì che non era sua intenzione quella di sottomettersi a quanto il Re decideva.

Qualora fosse stato possibile, il rapporto fra i due peggiorò ulteriormente quando, nel 1170, Enrico decise di affidare il governo dell’Inghilterra al figlio Enrico il Giovane e, per la sua incoronazione a Re del Regno, ancora risentito nei confronti di Thomas, quale Primate della Chiesa Inglese, preferì Roger de Pont l’Évêque, Arcivescovo di York. Beckett, infuriato, impose ai suoi Vescovi di non partecipare alla cerimonia, che, anche senza la loro presenza, fu celebrata. Lo stesso anno, dopo l’incoronazione, Enrico II e Beckett si incontrarono a Fréteval, in Normandia, alla presenza del Re Luigi VII. Ci fu una decisione importante, cioè quella secondo la quale Enrico II non poteva opporsi alla Chiesa, per cui fu costretto a restituire a Beckett tutti i suoi beni, che aveva fatto confiscare, e gli garantì sicurezza quando fosse ritornato in Inghilterra. A quel punto, Thomas ritenne opportuno accettare e il 1° dicembre 1170 sbarcò nell’isola, accolto da una folla festante e acclamante.

Ripreso fiato, egli, come primo atto, scomunicò l’Arcivescovo di York, insieme con quei Vescovi di Londra e di Salibury che, contrariamente al suo volere, avevano partecipato all’incoronazione di Enrico il Giovane. E non c’è da meravigliarsi, se Enrico II, ancora in Normandia, andasse su tutte le furie. Sembra che il suo commento, mormorato fra i denti, sia stato: «Chi mi libererà da quel sacerdote turbolento?». Non c’è certezza che egli abbia detto questo e che qualcuno l’abbia sentito, ma comunque era chiaro che nell’animo del Re qualcosa gli facesse pensare che l’Arcivescovo rappresentasse una grande rottura di scatole; e il guaio grosso fu che, per qualcuno, quell’esclamazione fu un ordine per eliminare quell’ostacolo che toglieva il sonno al Sovrano e che la sua scomparsa sarebbe stata un bene per lo Stato. In ogni modo, è chiaro che il pensiero del Re era stato recepito, se quattro suoi fedeli cavalieri (Reginald Fitzurse, William de Tracy, Hugh de Merville e Richard le Breton) si imbarcarono su una nave e, il 29 dicembre 1170, sbarcarono sull’isola inglese per raggiungere la cattedrale di Canterbury. Una volta individuato, Beckett fu violentemente aggredito con colpi di spada, che smisero solamente con la sua morte. La cronaca riporta che egli non tentò nemmeno di difendersi, ma che, semplicemente, mormorò: «Abbraccio volentieri la morte nel nome di Gesù e in difesa della Chiesa Cattolica».

Pare che Enrico II, resosi conto di ciò che involontariamente aveva combinato, tentò di porvi riparo, inviando il suo siniscalco, Richard du Hommet, per impedire ai quattro di macchiarsi di un omicidio, ma allora i tempi necessari per gli spostamenti erano molto lunghi ed egli arrivò troppo tardi, quando la cosa era già stata fatta. Quando la triste notizia giunse a Enrico, questi rimase sconvolto e non diede udienza a nessuno per diversi giorni. Naturalmente, quell’omicidio lasciò sgomenti gli Inglesi Cristiani e suscitò l’arrabbiatura della Chiesa.

A Enrico II, colpito dall’interdetto contro lo Stato pubblicato dall’Arcivescovo di Sens il 25 gennaio 1171, fu vietato l’ingresso in chiesa, mentre furono scomunicati tutti i Vescovi che si erano dimostrati contrari a Thomas. Ma se da un lato il Papa Alessandro II confermò le condanne, il 21 maggio 1172, ad Avranches, il Re fu assolto dai legati papali.

Il 21 febbraio 1173, Beckett fu canonizzato da Papa Alessandro III nella chiesa di Santa Lucia a Segni e, all’inizio del 1174, il Papa comunicò la canonizzazione anche alla cattedrale di Canterbury; la notizia si diffuse in tutto il mondo noto di allora, suscitando grande emozione e sgomento, avviando la nascita di un culto della sua persona. Nella cattedrale di Anagni, nel Lazio, il Papa aprì l’«Oratorio di Tommaso Beckett». La sua tomba divenne subito meta di pellegrinaggi da parte di fedeli della Chiesa, che, in un certo senso, obbligarono Enrico II ad assoggettarsi a una penitenza pubblica a Canterbury, il 12 luglio 1174, dalla quale uscì con l’assoluzione. Il santuario di Beckett, ivi costruito, divenne famoso e frequentato da migliaia di fedeli.

Thomas divenne il simbolo dell’autonomia della Chiesa nei confronti della politica dello Stato. Fu venerato come Santo e martire dalla Chiesa Cattolica Romana e dalla Comunione Anglicana; e, inoltre, fu nominato patrono del clero secolare, cioè dei sacerdoti e dei diaconi, che prestavano servizio pastorale nelle parrocchie. La diffusione del suo culto, in Italia, partì soprattutto dalla Sicilia, dovuta a Giovanna, la figlia di Enrico II d’Inghilterra, moglie di Guglielmo II di Altavilla, Re di Sicilia appunto, che si attivò per fare espiare le colpe del padre, che aveva fatto uccidere un Santo.

A Catania, una moschea del quartiere Civita, nella seconda metà del secolo XII, fu riconvertita a chiesa dedicata al culto di Tommaso Cantuariense. In provincia di Pescara, a Caramanico Terme, nella località chiamata San Tommaso, si trova una chiesa a lui dedicata. Nella basilica di Aquileia nel Friuli, è esposta una pala di Santo Tommaso di Canterbury, databile al 1180, voluta dal patriarca Ulrico di Treven. Non lontano da Cividale nel Friuli, è un affresco del XIV secolo, che ne racconta il martirio. Nella chiesa di Lanfranco di Pavia, c’è un affresco che ricorda il martirio del Santo, datato ai primi anni del XII secolo. Non mancarono scritti, romanzi e memorie a partire proprio dalla sua morte, e tante pellicole trattarono della sua vita, dei suoi contrasti con il Re d’Inghilterra e della sua tragica fine.

La fama di Tommaso oscurò quella del Re d’Inghilterra Enrico II, che rimase nella storia come colui che, in una maniera o in un’altra, tolse da questo mondo un grande paladino della fede.

(aprile 2025)

Tag: Mario Zaniboni, Thomas Becket, Chiesa Inglese, Enrico II d’Inghilterra, Arcivescovo di Canterbury, Theobald di Bec, Giovanni di Salisbury, Roger de Pont l’Évêque, Arcivescovo di York, Enrico II Plantageneto, Eleonora d’Aquitania, Arcivescovo di Canterbury, Concilio di Westminster, Costituzioni di Clarendon, Concilio di Northampton, Luigi VII, Papa Alessandro III, Enrico il Giovane.