Gengiz Khan e i suoi successori
Le conquiste di un singolare condottiero
divenute un pericolo per l’Occidente[1]
Borjign Temujin (Temuchin, questo il nome originale di Gengiz Khan), nacque in Mongolia nel Deserto del Gobi, presumibilmente nel 1162, e fu il Sovrano (Khan) che dopo aver unificato le tribù mongole fondò l’Impero Mongolo e lo condusse alla conquista della maggior parte dell’Asia Centrale, della Cina, della Russia, della Persia, del Medio Oriente e di parte dell’Europa Orientale, dando vita, anche se per breve tempo, al più grande Impero della storia.
Come non ricordare poi la battaglia di Leignitz, in Polonia, quando i Mongoli, nel 1241 (quindi in epoca posteriore a quella in cui visse Gengiz Khan) costrinsero Papa Gregorio IX ad inviare Cavalieri Teutonici per evitare che l’Orda Mongola riuscisse a penetrare in Europa?
I Mongoli di Gengiz Khan e dei suoi successori condizionarono pesantemente dunque anche il mondo occidentale. Di alcune di queste vicende cercherò di trattare in questo breve articolo.
Scrivono Edwin O. Reischauer e John K. Fairbank nella loro Storia dell’Asia Orientale che «nel secolo XII la Cina era divisa tra la dinastia sino-barbarica dei Chin e i poco bellicosi Sung Meridionali. Alla frontiera Nord-Occidentale della Cina, nell’odierno Kansu, si era stabilito il Regno Hsi Hsia dei Tangut.[2] Più a Occidente i Turchi Uighur[3] si erano insediati nei piccoli Stati, come quello di Turfan, intorno alle oasi dell’Asia Centrale, ed erano ormai molto lontani dal possedere la forza militare che li aveva contraddistinti nel periodo T’ang. Anche la società arabo-turca del Medio Oriente stava attraversando un periodo di decadenza militare, cinque secoli dopo la conquista araba di queste regioni […]. Quando nacque Gengiz Khan, il creatore dell’Impero Mongolo, intorno all’anno 1167, le tribù di lingua mongolica non avevano ancora un nome comune. Alcune erano formate di cacciatori e pescatori che vivevano in piccoli gruppi ai margini delle foreste della Siberia. Tuttavia, già da tempo, la maggior parte delle popolazioni mongole aveva imparato a vivere a cavallo nella steppa aperta, dove i Mongoli si raccoglievano in piccoli gruppi di poche famiglie, ciascuno con la propria tenda o yurt».
Sul piano familiare aperte e fluide erano le tradizioni mongole. «L’istituto dell’adozione era tra le consuetudini di questa società […]. La pratica tradizionale della poligamia tendeva a mantenere alta la richiesta di mogli, che dovevano però essere comprate fuori del clan, giacché il matrimonio non era possibile tra membri dello stesso gruppo o di gruppi strettamente imparentati. Di conseguenza le mogli venivano spesso procurate con il ratto, una pratica che naturalmente provocava conflitti, spedizioni di rappresaglia e piccoli scontri tra clan o anche tra intere tribù».
Questo tipo di pratiche socio-familiari permetteva il costituirsi di una gerarchia di tipo feudale, fondata su rapporti di fedeltà e di protezione tra «signori», «cavalieri», «liberi» e «servi».
Questa terminologia europea non è del tutto appropriata. Pur tuttavia rende sufficientemente giustizia del genere di struttura sociale presente nel XII secolo in quei luoghi.
Un uomo dalla personalità particolarmente energica come Gengiz Khan potette acquistare perciò, anche grazie alla struttura sociale esistente, una posizione di assoluto predominio.
«Gengiz Khan fece la sua comparsa anzitutto come organizzatore e unificatore delle tribù mongole. Si chiamava in origine Temujin, era di nascita aristocratica, ma trascorse la giovinezza in condizioni molto umili. Perse suo padre ancora ragazzo e dovette lottare duramente per vendicarlo. La sua ascesa fu molto lenta; negli anni della maturità era infatti ancora vassallo di un capo minore. Lo stabilirsi di legami di lealtà personale risultava da un processo graduale, poiché tra i nomadi doveva in parte fondarsi sul consenso. Prima di potersi costituire un seguito personale il nostro dovette impadronirsi della complicata arte della politica tribale […]. Al primo raduno delle tribù mongole nel 1206, sul fiume Kerulen, gli venne riconosciuto il titolo di Gengiz Khan, che sembra avesse un significato molto vicino a quello di “Signore Universale”. In quel momento tutti i capi delle tribù e dei clan mongoli riconobbero la sua supremazia».
Alla base del suo governo troviamo un codice imperiale promulgato dallo stesso Khan, cui anch’egli doveva sottostare. «Il testo completo non ci è pervenuto ma sappiamo che fu venerato dai suoi discendenti come il frutto della saggezza, di ispirazione divina. Esso stabiliva, sulla base di norme consuetudinarie, i principi fondamentali dell’organizzazione del regime e della famiglia imperiale, della Nazione Mongola, dell’esercito e dell’amministrazione, comprendendo inoltre norme civili, penali e commerciali […].
Una delle ragioni di forza di quest’incolto capo nomade sta nella sua capacità di sfruttare le esperienze altrui, senza per questo seguire un modello unico e rigido […]. I Mongoli inoltre adottarono la scrittura alfabetica degli Uighur per codificare la legislazione. L’alfabeto Uighur derivava indirettamente dal siriaco e quindi dall’antico alfabeto fenicio».
La macchina bellica dei Mongoli rappresentò certamente, anche per l’Occidente, un esempio unico di efficienza. «L’organizzazione militare era il segreto principale del loro successo. La guardia del corpo di Gengiz Khan era formata, a partire dal 1203, da ottanta uomini che vigilavano di notte intorno alla sua tenda. In seguito essa crebbe di numero, fino a formare un corpo scelto di 10.000 uomini, reclutati tra i figli dei capi dei clan, dei generali, dei parenti, molti dei quali, se non la maggior parte, conosciuti personalmente da Gengiz Khan […]. Da questo gruppo scelto, che potremmo paragonare alle moderne accademie ufficiali o ai corpi di addestramento, Gengiz Khan sceglieva i suoi generali e i suoi alti amministratori, alcuni all’età di vent’anni. Sotto il loro comando l’esercito veniva organizzato in base a un sistema decimale, in unità di dieci, cento e mille uomini, in generale mescolando tra loro i membri di diversi clan». Alla morte di Gengiz Khan, avvenuta nel 1227, il suo enorme esercito, costituito da 129.000 unità, possiamo considerarlo corposo se lo si paragona a quelli solitamente impiegati dai nomadi; esiguo, ad esempio, in confronto a quelli della vicina Cina.
«Da quanto conosciamo degli eserciti Khitan[4] di tre secoli prima, la struttura militare dei Mongoli ai tempi di Gengiz Khan rappresentava l’apice di un lungo sviluppo. Il suo successo possiamo spiegarlo anzitutto con le capacità individuali dei suoi guerrieri e la perfetta intesa esistente tra loro. I cavalieri mongoli erano abituati a stare in sella fin dalla fanciullezza e i ragazzi venivano impiegati come cacciatori o esploratori. Combattevano agli ordini di capi aristocratici, che si trasmettevano il comando per eredità e che sottoponevano il gruppo al loro personale controllo, mantenendovi la disciplina».
Era infatti l’organizzazione gerarchica e meritocratica che fece dell’esercito mongolo di Gengiz Khan la sua grandezza. «Con coperte di cuoio e di pellicce, seguite da una riserva di cavalli freschi, capaci di vivere in sella per dieci giorni e dieci notti consecutivi, queste truppe mongole riuscivano a coprire distanze che sembravano incredibili agli uomini del XIII secolo. Si disse che, in Ungheria, percorsero una volta 270 miglia in tre giorni. Potevano nutrirsi di latte di giumenta o persino, sembra, del sangue dei loro cavalli. Portavano sacche di cuoio per l’acqua che, una volta vuote, potevano essere gonfiate e usate per attraversare a nuoto i corsi d’acqua. Le greggi seguivano le truppe, che però vivevano principalmente di saccheggio. Le potenziali basi di rifornimento che si profilavano lungo il loro cammino erano un costante incentivo all’espansione».
Gengiz Khan, dopo aver unificato le tribù mongole, fondando l’Impero Mongolo, le condusse alla conquista della maggior parte dell’Asia Centrale, della Cina, della Russia, della Persia, del Medio Oriente, dando vita, anche se per breve tempo, al più vasto Impero della storia. «In battaglia i Mongoli usavano colonne di cavalleria, rapidissime negli spostamenti, che cercavano di circondare e di chiudere le forze nemiche, proprio come stringevano da ogni lato la selvaggina durante le grandi cacce nella steppa. Erano armati sia di archi leggeri che pesanti, più potenti del lungo arco inglese, con frecce dalla punta ricoperta di ferro, che potevano uccidere a una distanza di seicento piedi e più. Erano maestri nelle operazioni di sorpresa. La loro tattica favorita consisteva nel trascinarsi dietro il nemico e quindi nel volgersi improvvisamente, circondando e distruggendo la colonna inseguitrice». Marco Polo nel Milione[5] scrive che «quando il nemico credeva di aver vinto e disfatto l’esercito di Gengiz Khan, proprio allora il nemico aveva perduto».
«Per coordinare queste rapide manovre i comandanti usavano bandiere colorate di segnalazione o lanterne, segnali di fumo e messaggeri. Idealmente ogni unità era dotata di cavalli di colore diverso. Questi accorgimenti accrescevano la mobilità e la coordinazione delle truppe, che venivano concentrate come massa d’urto contro un punto debole del nemico. Così i Mongoli portarono la forza offensiva al suo apice nel secolo che precedette lo sviluppo delle armi da fuoco». Del resto i Mongoli di Gengiz Khan furono all’avanguardia anche nell’impiegare l’arte medievale della guerra d’assedio contro le fortezze circondate da mura. Inoltre erano maestri «nello spionaggio e nella guerra psicologica. Tra i mercanti che percorrevano le vie commerciali le spie erano sempre a portata di mano, cosicché i Mongoli avevano poche difficoltà nell’apprendere le notizie necessarie sulle loro vittime. Passando intere città a fil di spada, essi spargevano davanti a sé il terrore, che in se stesso era già un’arma. Molti antichi centri di cultura furono quasi rasi al suolo, le donne e i bambini ridotti in schiavitù e gli uomini costretti a formare la prima linea negli attacchi alle successive città. Sfruttando questo terrorismo i Mongoli facevano anche belle promesse di tolleranza alle minoranze religiose e di libertà ai mercanti e agli oppressi, a patto che si arrendessero immediatamente».
Leggendarie sono le conquiste che Gengiz Khan, in un tempo relativamente breve, riuscì a «portare a casa», costituendo così il famoso e mastodontico suo Impero. «Egli sottomise i Hsi Hsia tra il 1205 ed il 1209 e il loro Regno venne infine distrutto nel 1227.[6] Nella sua prima campagna contro l’Impero Chin della Cina del Nord, nel 1211-1215, non solo egli distrusse la sua capitale, situata dove ora sorge Pechino, ma si assicurò anche i servigi di alcuni Cinesi che sapevano come assediare le città e di altri che avevano imparato a governarle […].
Gengiz Khan si volse poi verso Occidente, sottomettendo i Liao Occidentali o Impero Kara Khitai, fondato un secolo prima dai resti dei Khitan. Quindi, nel 1219-1221 devastò il contiguo Impero Turco di Chorezm, nel Turkestan Russo, e anche questa volta non solo si impadronì di ricche città-oasi come Bokhara e Samarcanda, centri di produzione artigianale, del commercio carovaniero e della cultura islamica, ma si procurò anche inestimabili servigi dei mercanti e dei finanzieri musulmani esperti di questioni monetarie».
Sempre Marco Polo, nel suo Milione, descrive il modo in cui Gengiz Khan finanziava la sua spesa militare ed i fasti della Corte dell’Impero Mongolo. Il Gran Khan aveva introdotto una moneta a corso forzoso, che poteva essere acquisita dietro conferimenti all’Imperatore di oggetti in oro, argento e pietre preziose. Viceversa, la moneta doveva essere l’unico mezzo di pagamento per l’acquisto di beni e servizi in tutto il Regno, ed era vietato il baratto.
«Le tribù turche vennero incorporate nelle orde mongoliche. Così Gengiz Khan, prima della sua morte avvenuta nel 1227, gettò le fondamenta di un grande Impero Euroasiatico, conquistando nell’Asia Centrale la sua zona base». Alcune parole possiamo spendere sulla figura di Gengiz Khan, che i cronisti del tempo hanno descritto ricordando frasi da lui pronunciate: «La più grande gioia di un uomo – sembra che egli dicesse – sta nella vittoria: sottomettere il proprio nemico, inseguirlo, privarlo dei suoi averi, far piangere i suoi parenti, cavalcare i suoi cavalli, possedere le sue mogli e le sue figlie». Pare avesse inoltre una generale visione di gloria mondiale e che ai suoi figli fosse solito ripetere: «Comportatevi l’un l’altro come fratelli e vivete in amicizia… portando un unico grande popolo sulla via del vero Stato e della Legge per amore dell’onore e della gloria da raggiungere». Ed ancora: «Se il cielo vi indicherà una strada, voi dovete intraprendere campagne oltre il mare…Oltre i massicci montuosi guiderete le truppe… sulle ali invierete vostre notizie».
Gengiz Khan, secondo la consuetudine tribale, divise l’Impero tra i quattro figli della sua principale moglie. Alla fine l’Impero risultò diviso in quattro Khanati: Khanato del Gran Khan, in Asia Orientale; Khanato del Turkestan; Khanato di Persia; ed il Khanato dell’Orda d’Oro, sul basso Volga.
In effetti, «completando la loro espansione sulla maggior parte del mondo conosciuto, i comandanti mongoli ed i loro eserciti misti mongolo-turchi devastarono la Persia nel 1231, saccheggiarono la Mesopotamia, s’impadronirono dell’Armenia e della Georgia e distrussero nel 1258 il Califfato Abbaside di Baghdad. Nello stesso periodo, mentre altre forze stavano completando nell’Asia Orientale la conquista della Cina del Nord[7] e della Corea[8], gli eserciti asiatico-occidentali dilagarono verso Occidente in direzione dell’Europa. Sotto la guida di Batu Khan[9] attraversarono il Volga[10], incendiarono Mosca, s’impadronirono di Kiev e invasero la Polonia, la Boemia, l’Ungheria e la valle del Danubio.[11] Al limite occidentale della grande steppa euroasiatica, essi raggiunsero la costa dalmata.
Mentre si accingeva ad invadere l’Europa Occidentale Batu ricevette, nel 1241, la notizia della morte, in Mongolia del “Gran Khan” Ogodei e ritirò tutto il suo esercito nella Russia Meridionale per poter partecipare alla scelta del successore. Dunque la Cristianità Occidentale, divisa e impreparata, fu salvata dalla evoluzione della politica interna mongola».
I successori di Batu, alla guida della così detta «Orda d’Oro», dominarono per duecento anni la Russia Meridionale. I Khan vassalli del Gran Khan dominarono per un secolo la Persia. Entrambi i Khanati Occidentali costituirono dei centri di potere lontani dal domino del Gran Khan in Cina.
L’Impero Mongolo ha sempre esercitato, anche in Occidente, un grande fascino, misto ad una più generale paura «dell’ignoto», che in qualche modo rappresentò. Le vicende descritte sottolineano come l’Occidente fosse di fatto incapace di difendersi, di fronte ad una realtà fluida come quella dell’esercito mongolo, che fece della cavalleria e del terrore armi vincenti. Non diversamente l’Oriente si trovò impreparato, nonostante la forza d’urto che le strutture politiche e militari, soprattutto cinesi, al di là dell’indebolimento del periodo, potevano rappresentare. L’attacco a sorpresa, la magnificenza, la capacità di «propagandare», con i mezzi del tempo, le gesta e le ricchezze possedute, permisero al Gran Khan di dimostrare ad Oriente ed Occidente che in quel preciso istante lui era il vero «padrone» del mondo conosciuto. Naturalmente un Impero così vasto, senza dinamiche politiche e strutturali certe, non avrebbe facilmente potuto avere lunga vita, così come in effetti accadde. In ogni caso l’esperienza mongola rappresentò un punto d’incontro tra Oriente ed Occidente, che è rimasto pressoché unico nella storia. Ma soprattutto, per certi versi, un’opportunità mancata, che forse ancora oggi, se visitata nei giusti termini, possiamo in qualche modo rimpiangere.
1 Edwin O. Reischauer e John K. Fairbank, Storia dell’Asia Orientale, Giulio Einaudi editore.
2 Dinastia cinese Xia occidentale.
3 Popolazione centro asiatica.
4 Kathai o Khitan, regione asiatica.
5 Marco Polo, Il Milione, resoconto dei suoi viaggi in Oriente.
6 Dinastia cinese. Come sopra.
7 Conquista Cina del Nord, anno 1241.
8 Sottomessa definitivamente nel 1258.
9 Batu Khan, condottiero mongolo.
10 Attraversamento del Volga, anno 1237.
11 Invasione della valle del Danubio, anno 1241.