Dai cavalierati in Valle del Serchio e
Garfagnana alla loro distribuzione dentro le mura di Lucca
Una città toscana in Europa per un mondo
ancora da scoprire
Bagni di Lucca rappresenta una fonte inesauribile di sorprese. Qui regnarono in epoca longobarda i Soffredinghi. Qui in epoca post matildica si sostituirono ai Soffredinghi i Da Corvaia. Quest’ultima Casata è essenziale nelle dinamiche di tutta la Valle del Serchio, della Versilia e delle zone oggi facenti parte del Parco Migliarino-San Rossore.
I nobili Da Corvaia, detti anche Fraolminghi, erano una Casata di origine longobarda che si stabilì in Versilia nell’Alto Medioevo e che fu importante per le sorti di questa regione nel Basso Medioevo. Questi nobili governarono anche su Gallicano, in Garfagnana, insieme al ramo dei Porcaresi. E in Val di Lima. I nobili di Corvaia, chiamati a volte Corvaresi, prendono il nome dall’omonimo borgo in cui aveva sede la loro rocca, detta anche Guidinga. Il loro capostipite fu un personaggio di nome Huscit, vissuto a Lucca nel primo quarto del IX secolo. Suo nipote fu Teudimundo, vassallo e «missus» dell’Imperatore Ludovico II nell’862, che ebbe un figlio di nome Fraolmo. Il figlio di Fraolmo, Fraolmo II, ebbe diversi figli, tra i quali si ricordano: Corrado, detto «Cunizio», da cui ebbero origine i nobili di Careggine e Montemagno. Teudimundo IV dal quale ebbero origine i signori di Porcari, Fraolmo III – insignito del titolo di visconte – da cui ebbero origine i nobili di Vallecchia e Castello.
I nobili di Montemagno discesero dai nobili di Corvaia perché Sisemundo figlio di Corrado detto «Cunizio» e Corrado fratello di Sisemundo presero dal Vescovo di Lucca tra il 983 e il 984 prima molti beni della Pieve di Camaiore (Sisemundo) in enfiteusi (diritto di godimento su un fondo di proprietà altrui) e poi alcune case di pertinenza della Pieve di Camaiore e le decime dei villaggi intorno a Camaiore. Inoltre in questi anni si trovano tracce dei nobili di Corvaia anche nella zona di San Miniato, attraverso i Lambadi, consorti di questi nobili.
Sempre in questo periodo a questi nobili furono allivellate dal Vescovo di Lucca terre situate a Granaiola, oggi nel Comune di Bagni di Lucca, mentre nel 991 il Vescovo Gherardo di Lucca concesse a Fraolmo figlio di Fraolmo nobile di Corvaia «cum singulis hominibus, qui sunto (ad gas res) attinentibus in villi illusi nuncpante, Domatiano, Montefegatese (Montefegatesi), Luniano (Lugnano), Buliano, Granajolo (Granaiola), Chifenti, Luliano (Lugliano), Corsena, Bozano, Retiano, Bargi, Vetelgia, Lipitiano, Controne, Cucurajo, Panulegio, Colle, Gallicana, Menablacia (Benabbio), Sala» eccetera. I terreni di Granaiola furono mantenuti fino al 1047. Vi sono tracce importanti dei nobili di Corvaia anche in Garfagnana a Careggine. Alberico o «Albizio» e Winildo, nipoti di Cunerado, fondarono la Casata dei nobili di Bacciano e Careggine. I nobili di Corvaia furono famosi.
720 dopo Cristo. Primo documento riguardante Careggine. Perdualdo, nobile lucchese, padre di Peredeo Vescovo di Lucca, intorno a quell’anno fonda una chiesetta in «Careggini» sotto il titolo di San Pietro e Paolo, che divenne con l’andare del tempo Pieve San Pietro e Paolo, e in seguito Pieve San Pietro.[1] Si hanno pure due pergamene, degli anni 910 e 995, da cui risulta l’esistenza dei «Signori di Careggini». Infatti nel 995 Vinildo o Vinigildo, soprannominato Vinitio, e Alberti, chiamato volgarmente Albizio, figlio di Fraolmo, ricevettero dal Vescovo di Lucca Gherardo II, a titolo di livello, una chiesa o cappella di San Martino in «Careggini», insieme ad altri beni a Gallicano, Dalli e altrove.
Così leggiamo nella pubblicazione del Dottor Rielli su Careggine, ma potremmo estendere il tutto al resto della Valle: «Gli eredi di Carlo Magno non ebbero la potenza di controllare e guidare l’Impero così quando Carlo il Grasso, ultimo Re dei Carolingi, depose il trono, i Longobardi diedero nuova vita al loro Regno innalzando alla Corona i famosi Berengari e Arduino: questi, combattuti dai vari Lotario, Ottoni ed Enrico il Santo Imperatori Germanici, dovettero soccombere. Non fu però la fine di tanti conti, marchesi e duchi e molti signori di sangue longobardo: i quali, approfittando di queste lotte interne, si sottomisero all’Imperatore, ottenendo da questi la possibilità di consolidare il loro potere locale molte volte già attribuito loro, nel passato, dai Vescovi». Si prosegue nella descrizione delle vicende in un periodo essenziale, dal 782 al 1007, quando la Toscana, Lucca e la Garfagnana furono dominate da vari duchi, marchesi e conti per investitura diretta dell’Imperatore ma tutti di sangue longobardo, tra cui Bonifacio (già prefetto di Corsica) e il suo discendente conte di Lucca Sigifredo e infine la Gran Contessa Matilde che nel 1078 dichiara a Lucca di essere di sangue longobardo. Questo perché nei secoli VIII-IX e X era consuetudine dichiarare la propria stirpe e in base alla normativa vigente (in Italia, in quei secoli convivevano contemporaneamente quattro leggi: Romana, Longobarda, Salica, Ripuaria; ciascuno nelle scritture pubbliche doveva dichiarare quale legge applicava a seconda delle proprie origini e da quale Nazione provenisse).
Sarà l’epoca comunale a segnare grossi cambiamenti e difficili situazioni.
Pisa iniziò a foraggiare i signorotti locali, Garfagnana e Versilia per lottare contro Lucca. A loro volta i signorotti locali si servirono di tale alleanza con Pisa per potere più a lungo possibile mantenere le proprie prerogative e il proprio territorio.
«Anno 1179. Da un privilegio di Federico II confermato da Carlo IV Imperatore si ricava che fin dal tempo di Federico I (il Barbarossa, che visse nell’anno 1152 e fu Imperatore poco dopo il tempo della Contessa Matilde), in Garfagnana vi erano questi conti, Cattaneo, Valvassori. E questo viene confermato da un altro documento del 1170 tra Guglielmo Vescovo di Lucca e molti di questi signori locali. I più nominati sono quelli di Careggine unitamente a quelli di Bacciano e uniti sempre ai Corvaresi, potentissimi signori della Versilia. Troviamo a Careggine contemporaneamente i Da Corvaia e i Soffredinghi (presumo per ragioni anche dinastiche e parentali)».[2]
Nel 1209 molti Comuni Garfagnini giurarono fedeltà a Lucca ma altri rimasero direttamente dipendenti dall’Impero e nell’immediata dipendenza di questo rimanevano i feudatari Ronaldinghi, Gherardinghi, i Da Careggine con il loro numeroso «parentado».
Nell’anno 1227 il Legato Cinzio di Pisa, obbedendo ai mandati del Pontefice, aveva radunato nella chiesa di Santa Maria di Pugnano, nel territorio pisano adiacente a quello lucchese, i signori della Garfagnana e da questi si era fatto prestare giuramento di fedeltà e obbedienza alla Santa Sede. I presenti erano: le famiglie dei Soffredinghi d’Anchiano, dei Ronaldinghi di Mologno e Loppia, di quelli da Careggine…
Da notare che se è certo che Ronaldinghi e Soffredinghi appartengono allo stesso ceppo parentale, i Da Careggine ivi menzionati sono riconducibili a quei Da Corvaia legati per via parentale ai Soffredinghi medesimi. Si tratta dunque delle medesime consorterie.
Nel 1230, i popoli e i Cattanei della Garfagnana tra cui i signori di Careggine, stimandosi liberi per privilegio degli Imperatori, e non volendo ubbidire ai Lucchesi, che pretendevano di avere su di loro dominio, si misero «in clientela» con Papa Gregorio IX al quale chiesero protezione. Immediatamente il Papa impose a Lucca di non disturbare i nobili garfagnini. Ma fu disatteso. Il dominio pisano (e le relative alleanze dei signori feudali con Pisa) durò fino al 1369 quando definitivamente l’Imperatore Carlo IV rese la libertà a Lucca e il relativo possesso della Garfagnana. L’accordo tra Lucca e gli eredi di Castruccio che ancora governavano in Garfagnana fu trovato solo nel 1371.
Un riassunto, questo, che rende bene l’idea di come andarono esattamente le cose. Questi signori cavalieri erano votati alle armi per tradizione e per necessità. Prima di arrendersi ai Lucchesi e al loro Comune misero in atto tutte le possibili strategie tese a collaborare con Pisa in specifico per riuscire a salvare il salvabile. Quando si arresero al Comune (stiamo parlando di Soffredinghi piuttosto che di Da Corvaia, tanto per citare due consorterie, peraltro in unione parentale tra di loro), seppero porsi spesso a servizio della Chiesa locale, ma amalgamandosi perfettamente nel contesto cittadino lucchese.
Porrei una particolare attenzione sulla mappatura della città di Lucca per porre in essere alcune precise domande.
Esistono certamente luoghi importanti in Lucca che ricordano da vicino appartenenze. Vicolo dell’Altopascio, Vicolo di Malta, Piazza della Magione. Il Vicolo dell’Altopascio è a ridosso di una importante chiesa, quella di Santa Giulia. Era sita nel Vicolo dell’Altopascio la Magione del Tau. E Santa Giulia fino al XIX secolo è appartenuta non alla Curia Lucchese, ma alla famiglia Bernardini, che altri non era che di schiatta ronaldinga. Santa Giulia e il suo percorso ben sappiamo quanto fosse caro alle Casate Longobarde. Detta realtà è ubicata in una Piazza, quella del Suffragio dove oggi abbiamo l’Istituto Boccherini. Alcune curiosità ci muovono verso questi cavalieri e le loro origini. Luigi Boccherini era cugino del personaggio della mia tesi, quel Padre Gioacchino Prosperi che nel 1873 è deceduto proprio lì, in un’abitazione appartenuta a sua madre Maria Angela Castiglioni, adiacente a Palazzo Bernardini. Prosperi era in grande amicizia con tale Casata e lui stesso proveniva da Monti di Villa, territorio a ridosso di quella Bagni di Lucca dove i Soffredinghi e i Da Corvaia regnarono a lungo. E da dove proveniva quella Pina Da Corvara che divenne la consorte di Castruccio e che era una Da Corvaia. Non lontano da quella Piazza, anzi quasi a ridosso, troviamo il Palazzo Fatinelli. I Fatinelli riposano nella basilica di San Frediano. Una Basilica Lateranense con una precisa storia a suo carico. Chi erano dunque i Fatinelli? Probabilmente non così dissimili per origine dai Bernardini e da Padre Prosperi. Sempre vicino a Piazza del Suffragio troviamo Santa Maria Bianca, una chiesa importante perché ospita i Frati Agostiniani ed è speculare a quella Santa Maria Nera, Curtis Ronaldinga anche in questo caso, che nella sua seconda fondazione nell’anno 1187 fu Templare. La regola agostiniana fu sempre accolta da tutti questi Ordini Cavallereschi. Il Vicolo di Malta viceversa lo troviamo presso la chiesa di San Paolino, che non è molto distante da Piazza della Magione, dove c’era la Magione Templare. In effetti ai Templari si sostituirono i Cavalieri di Malta, così come la storiografia ricorda. Nessuno può però escludere che quando ancora era in vita l’Ordine Templare queste famiglie fossero contemporaneamente titolari di appartenenze a Cavalierati diversi di membri delle stesse. E allora vicino al Vicolo di Malta, c’è Via Di Poggio. Già, i Di Poggio, famiglia che aveva il suo palazzo principale in Via della Rosa, a ridosso del Vicolo dell’Altopascio. Ubicazioni diverse, probabilmente appartenenze diversificate ma sovrapponibili. Prendiamo Castruccio e la sua storia. Sposò Pina Da Corvara, di famiglia cavalleresca. Ebbe un ruolo decisivo in Lucca. Prima di prendere il potere Castruccio, e siamo proprio nell’epoca in cui l’Ordine Templare era da poco sciolto, era stato a servizio di Filippo il Bello. Un episodio particolare che accadde in Lucca, relativo alla sparizione del tesoro di Clemente V, proprio il Papa che sciolse l’Ordine Templare, fa riflettere. Il tesoro personale del Papa finì infatti in San Frediano e in San Romano, sede quest’ultima dei Frati Domenicani che in Lucca erano confinanti con la Magione Templare e con i Templari erano sempre andati d’accordo. Perché il Papa avrebbe dovuto affidar loro il suo tesoro di cui poi fu accusato Uguccione della Faggiuola per la sua sparizione?
Uguccione peraltro era stato vicino anche a Castruccio. Verrebbe da credere che i Da Corvaia, cui la moglie di Castruccio apparteneva, avessero agevolato non il Pontefice ma il diretto avversario, permettendo poi a Castruccio di farsi spazio nel panorama cittadino. Del resto non era stato Castruccio a servizio di Filippo il Bello? E i Templari Lucchesi, stando alle parole del Dottor Mencacci che ha curato il volume Templari a Lucca, dopo lo scioglimento dell’Ordine continuarono a fare quello che facevano prima senza grandi conseguenze.
Amici di Castruccio? E dunque in qualche modo protetti da Filippo il Bello, che Castruccio conosceva bene? Il Pontefice non era uno sprovveduto, fu sicuramente preso tra l’incudine e il martello se fu costretto a lasciare il suo tesoro in mani solo in apparenza sicure. Forse dentro alle fila dei Canonici di San Frediano piuttosto che dei Frati Domenicani, sempre in buoni rapporti con gli ex Templari, qualcuno poteva aver «tifato» più Uguccione che non Papa Clemente! E di rimando aver fagocitato e aiutato il successore Castruccio. I Pontefici mai riusciranno in Lucca a dettar legge, al punto che nel Cinquecento ritroviamo i Chierici Regolari di Santa Maria Nera sostituire i Padri Gesuiti in epoca di Inquisizione. Quasi un filo conduttore comune, dietro a quella mappatura cittadina così ben assortita.
1 Enzo Rielli, Storia di un popolo: Careggine, anno 2004, pagina 54.
2 Enzo Rielli, Storia di un popolo: Careggine, anno 2004, pagina 83.