Arnolfo di Cambio
Un artista, ma non solo
Se andiamo a Colle Val d’Elsa troviamo uno splendido busto del grande artista Arnolfo di Cambio. Figura emblematica e non sufficientemente studiata. Nato nella città toscana nel 1245 circa, il nostro è deceduto a Firenze indicativamente tra il 1302 e il 1310 ed è stato scultore, architetto e urbanista, attivo in particolare a Roma e a Firenze alla fine del Duecento e ai primi del Trecento. Non abbiamo molte notizie sulla sua famiglia se non che era figlio di Messer Cambio di Colle Val d’Elsa, un notaio, e di domina Perfetta. Si formò alla bottega di Nicola Pisano. Ecco perché l’influenza comacina fu essenziale nel nostro.
Busto di Arnolfo in Piazza Canonica a Colle di Val d'Elsa (Italia)
Arnolfo di Cambio e Nicola Pisano, direi un binomio inscindibile. Mi soffermerei particolarmente su questa sua formazione giovanile che fu sicuramente essenziale per il proseguo delle sue attività. Gli ambienti frequentati da Nicola Pisano erano legati ai Maestri Comacini, di cui riscontriamo traccia già in età longobarda. Tra i primi maestri del romanico lombardo, i Comacini rappresentavano una corporazione di decoratori e scultori itineranti che si spinsero in Europa fino in Germania e in Italia anche nelle Marche, nel Lazio passando per la Toscana. Le loro sculture raffiguravano animali, più in generale figure zoomorfe, mostri, grifoni. Rara la figura umana. Si suppone che contassero per le loro rappresentazioni su stoffe orientali. Un mondo, il loro, che anticipava in qualche modo la tradizione successiva, fatta propria nell’epoca dei cavalierati, padroni del Mediterraneo negli spostamenti questi ultimi e capaci di impossessarsi dell’Oriente come meta primaria delle loro avventure. Quelle figure comacine, un percorso «ante litteram»?
Il nostro Arnolfo lavorò dunque nella bella chiesa di San Domenico a Bologna e successivamente per il pulpito del Duomo di Siena.
Lasciando la bottega di Nicola Pisano si trasferì a Roma dove lo troviamo al seguito di Carlo d’Angiò. Fu allora che creò il ritratto di Carlo I d’Angiò e il monumento funebre a Papa Adriano V a Viterbo. Nel frattempo, nel dicembre del 1277, fu Re Carlo che gli consentì di recarsi a Perugia per sistemare la Fontana Minore di cui oggi abbiamo soltanto alcuni frammenti conservati presso la Galleria Nazionale. Arnolfo di Cambio fu precursore del Rinascimento nella chiesa di San Domenico a Orvieto, con la creazione di un baldacchino per il monumento funebre al Cardinale De Braye.
Sempre innovativo, il nostro aveva assorbito a Roma la scuola dei Maestri Comateschi lavorando con tali influenze nella chiesa di San Paolo Fuori le Mura e in Santa Cecilia in Trastevere. È suo anche il monumento per il nipote del Cardinale Annibaldi conservato in San Giovanni in Laterano. Sono sue anche le rappresentazioni della natività oggi conservate presso la Cappella Sistina.
Chi era davvero Arnolfo di Cambio? Perché un precursore come lui viene così poco celebrato? La rappresentazione dei suoi occhi di ghiaccio bene introduce il personaggio.
La Madonna dagli Occhi di Vetro su tutte: proveniente dall’antica facciata di Santa Maria del Fiore, oggi è conservata nel Duomo di Firenze. La Madonna la troviamo tra i Santi Reparata e Zanobi. Perché così simbolica?
Arnolfo di Cambio e aiuti, Madonna dagli occhi di vetro, circa 1296-1302, Museo dell'Opera del Duomo (Italia)
Arnolfo di Cambio e aiuti, Madonna dagli occhi di vetro, particolare, circa 1296-1302, Museo dell'Opera del Duomo (Italia)
I Santi Reparata e Zanobi non sono legati solo a Firenze ma alla più generale tradizione cavalleresca. Li ritroviamo anche a Lucca dove il primo Duomo cittadino fu dedicato a San Giovanni (tradizione giovannita) e porta la dedica anche di Santa Reparata. La tradizione vetraia ancora oggi è rilevante in Colle Val d’Elsa, patria del nostro. Città davvero importante, posta sulla Via Francigena, non lontano da Siena. Suggestiva, dall’alto della sua collina domina il territorio.
Gli occhi di vetro illustrano un mondo che appartiene all’alchimia e ai cavalierati. Marco Beretta bene ha descritto con la sua pubblicazione sul vetro e le origini dell’alchimia la questione. Del resto il vetro nel Medioevo lo troviamo proprio tra Bisanzio, l’Islam e l’Europa. Un legame, questo, direi indissolubile e che bene descrive il grande Arnolfo di Cambio. Visione onirica quella degli occhi vitrei il cui significato riporta alla risoluzione dei problemi, a un senso di potenza visiva. Dunque Arnolfo di Cambio fu un vero «visionario», oltre la sua indubitabile grandezza artistica?
Può sorgere un dubbio. Poco celebrato in relazione alla sua genialità perché rappresentò un periodo di passaggio, un periodo complesso sul piano politico e spirituale. Le dimenticanze nella storiografia non sono mai casuali come talvolta potrebbe apparire.