Renzo De’ Vidovich, esule e patriota
Lucidità di pensiero e forza dell’azione
La scomparsa dell’Onorevole Renzo De’ Vidovich, avvenuta a Trieste lo scorso 28 agosto, chiude un’epoca fondamentale nella storia del movimento dalmata, con particolare riguardo a quella di un irredentismo che, nonostante i compromessi altrui, non ha mai ammainato le proprie bandiere, onorandole nell’ambito di un nuovo sistema etico e politico che sulle orme di un altro straordinario Esule da Zara, il compianto Monsignor Luigi Stefani – anima della Misericordia fiorentina – aveva privilegiato il perseguimento di una redenzione umana e civile, di prioritaria valenza cristiana, ma nello stesso tempo, senza rinunciare ad altri obiettivi di lungo termine, collocati nello spazio europeo del nuovo millennio.
Fotografia di Renzo De' Vidovich
Parlamentare del Movimento Sociale Italiano nella difficile stagione degli anni Settanta, alla scadenza della sua unica legislatura (1972-1976) scelse di partecipare alla schiera non certo marginale di quanti aderirono all’esperienza di Democrazia Nazionale, e che non furono rieletti perché i tempi non potevano essere maturi per una discrasia dalle scelte dei padri che avevano vissuto la tragedia della Seconda Guerra Mondiale, le vendette partigiane, e l’ostracismo pervicace dei cosiddetti benpensanti del Centro e della Sinistra. Coerentemente, rimase fedele alla propria scelta, collaborando correttamente con quanti propugnavano i valori nazionali, e dedicandosi all’impegno associativo, proseguito con costante continuità di convincimenti e di pensiero fino alla vigilia della scomparsa nella calda estate del 2024, dopo avere raggiunto da breve tempo il suo 90° compleanno.
Nel caso di Renzo De’ Vidovich è congruo fare riferimento all’immagine precristiana di Seneca. Per l’appunto, si tratta di quella del «Vir bonus cum mala fortuna compositus», ma sempre in grado di fronteggiarla nella consapevolezza di avere operato con alti convincimenti morali, all’insegna dei «valori non negoziabili» per cui si era sempre battuto senza indulgere a compromessi, e pagando di persona quando la «lex majoris partis» gli aveva imposto un allontanamento dalla politica attiva che peraltro non gli aveva precluso una partecipazione sempre appassionata. Ciò, soprattutto quando si trattava di tutelare il buon diritto di Venezia Giulia e Dalmazia, e quelli dei molti Esuli che vedevano in lui il paladino di tante attese condizionate da troppi compromessi altrui. In questo senso, la chiusura di un’epoca, di cui in premessa, non coincide con la crisi dei valori, che anzi traggono nuovi motivi di condivisione dall’esempio dei patrioti, nell’ambito di una continuità ideale che trascende il tempo e lo spazio.
Le Bandiere giuliane, istriane e dalmate rendono omaggio a Renzo De’ Vidovich per la fede in un’Italia migliore cui si era sempre ispirato, per il confronto sempre corretto con le opposizioni, per la commendevole intransigenza nelle scelte di base, in specie nell’ambito del movimento Esule. Soprattutto, per la continuità delle sue appassionate difese della verità e della giustizia, assurte a esempio di vita, non soltanto per gli amici, ma sostanzialmente per tutti quelli che ne apprezzarono la lucidità di pensiero e la forza dell’azione: due alti esempi da onorare, e per quanto possibile, da mutuare.