La Russia di oggi
Erede del suo passato zarista
Un breve excursus ci conduce nei meandri di quello che è un Paese complesso ma assolutamente decisivo nella compagine mondiale attuale. Seppur decadente sul piano economico, permane nella Russia putiniana la «grandeur» zarista che vive direttamente, attraverso gli oligarchi e lo stesso Presidente che li rappresenta.
La Russia di Putin somiglia molto di più alla Russia zarista di quanto si possa immaginare. Se Lenin aveva voluto con la Rivoluzione di Ottobre mettere in campo una filosofia marxiana che intendeva modificare almeno nei principi l’ordine costituito, il percorso che San Pietroburgo e poi Mosca hanno poi portato avanti nel XX secolo appare molto lontano nel XXI.
Lo Zar viveva per la Grande Russia. Lo Zar era, a partire dai primordi di Ivan il Terribile, la Grande Russia.
La costruzione progressiva che i Romanov seppero incarnare di avvicinamento all’Europa e alla Francia in specifico, soprattutto dopo la Rivoluzione Francese del 1789, voleva inserire San Pietroburgo con le sue tradizioni ortodosse nella compagine europea. I Romanov stessi si imparentarono con le principali Casate Europee nel tentativo di affermarsi politicamente sia in Europa che nel Mediterraneo. Non che gli occhi non fossero puntati in Asia, ma i Romanov si sentirono Europei e vollero misurarsi con la realtà europea del periodo che, se escludiamo l’Inghilterra e i Paesi Bassi, rimase profondamente medievale, ancorata a una modernità molto refrattaria al cambiamento sul piano politico.
Ci volle la Rivoluzione Francese per dare una scossa forte al sistema. I Romanov contribuirono in modo decisivo al ripristino dell’antico regime nel 1815, al Congresso di Vienna. E infatti ne ottennero grande vantaggio.
Un Paese, questo, che escludeva col servaggio completamente un avvicinamento alla modernità, e che presentava «in toto» le incongruenze di chi pensava a una nobiltà russa (i magnati del tempo) europea, con abitudini e cultura europee, ma al contempo lontana anni-luce dal popolo russo. I nobili si erano francesizzati, avevano introdotto la lingua francese al punto da non parlare spesso neppure il russo o comunque conoscendolo poco. La letteratura, ma soprattutto la musica, il balletto, tutto concorreva in tale direzione. La Russia divenne paradossalmente essenziale in Europa, ma una Russia che non incarnava per gli Europei il Popolo. L’unico vero collante tra la nobiltà russa e il popolo era la religione ortodossa, che rimase sempre pilastro durante il XIX secolo. Il popolo tale restò, ancorato a questa identità, che permise di sconfiggere il temibile Napoleone Bonaparte durante la Campagna di Russia del 1812. Il «Generale Inverno» fu un generale servito dal popolo russo, e dal suo senso di appartenenza alla «grandeur» del suo Paese, con un forte spirito nazionalistico ormai ben radicato.
La Prima Guerra Mondiale affossò i popoli e con loro i Paesi più fragili. La Russia affrontò dunque la «debacle» della dinastia dei Romanov, che ormai vivevano fuori da ogni logica popolare, attraverso la Rivoluzione d’Ottobre. Possiamo bene dire, nonostante che illustri storici abbiano adeguatamente sottolineato come le condizioni russe mai avrebbero permesso l’affermazione autentica dei principi marxiani per una filosofia della storia scritta in Germania e per i Tedeschi, che la «rivisitazione» di tali principi portò Lenin prima, e Stalin poi, a instaurare un Regime del terrore che non aveva in comune con le idealità marxiane il contesto sociale e culturale, ma che a esse tuttavia completamente si richiamava e che efficacemente seppe affermarsi.
Celebre è La fattoria degli animali di Orwell, opera che richiama completamente e descrive questo mondo terribile, dittatoriale, il quale portò sicuramente la Russia a emanciparsi dal servaggio iniziale ma che contemporaneamente produsse ulteriore servaggio, con un apparato e una organizzazione, soprattutto militare, di tutto rispetto, anche grazie alla ricchezza delle materie prime di cui l’Urss tutta e la stessa Russia in specifico disponevano.
Ma pur sempre incapace sul piano strategico di combattere a fianco di potenze come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti alla pari.
Nell’atea Unione Sovietica era rimasto dell’Ortodossismo precedente, il senso di appartenenza popolare, che le vicende legate alla Campagna di Russia della Seconda Guerra Mondiale, così come era accaduto con Napoleone nel 1812, misero in luce.
Una identità che, nonostante l’ateismo di Stato, non venne mai meno. Ancora una volta il «Generale Inverno» affiancò lo spirito patriottico russo, il senso di Grande Nazione che comunque era rimasto, anche durante il periodo sovietico e, in specifico, nella Seconda Guerra Mondiale.
Ma tale spirito abbandonò il Paese nel lungo secondo dopoguerra.
Sarà Gorbaciov a mettere in rilievo per un breve ma decisivo periodo uno stacco determinante tra la vecchia Urss e gli emergenti bisogni reali del Paese, negli anno Ottanta del XX secolo.
Una competizione economica, quella sovietica, perdente in partenza con l’Occidente. Defenestrato Gorbaciov, i suoi eredi politici non furono all’altezza. L’emergere di Vladimir Putin porta a una stabilizzazione del potere a Mosca. E al contempo alla creazione del nuovo Regime Zarista, che fa leva certamente sulla religione ortodossa. E sulle tradizioni culturali del passato. Il richiamo alla ex Unione Sovietica e alla sua «grandeur» c’è sicuramente. Ma mentre l’Unione Sovietica del passato mai si sarebbe posta davvero, a mio avviso, come obiettivo una competizione a 360 gradi con l’identità europea, per quanto la propaganda sovietica fosse sul continente europeo martellante, l’odierna Russia se la pone, eccome. Terminata la guerra fredda, sono rientrate in gioco vecchie dinamiche.
Anche per tale ragione le affinità tra la Russia Zarista e l’attuale Russia sono del tutto evidenti.
Difficile addentrarsi in localismi che solo un esperto potrebbe descrivere. Una Russia che combatte tra vecchio e nuovo, che vede una oligarchia nata in pochi anni e che vuole rispecchiare certe dinamiche del passato. Rivendicazioni territoriali come la Crimea, illustrano il quadro. Ma anche il richiamo alle milizie naziste ucraine come comunione a quanto la lotta tra Hitler e Stalin volle proporre nel XX secolo.
Non intendo assolutamente descrivere nulla di tali argomenti ma solo accennare a quanto la contaminazione tra XIX e XX secolo produca la situazione presente.
A essa aggiungerei la nuova condizione cinese e asiatica complessiva. Mai come oggi la Russia è schiacciata dalla Cina, che con la sua politica attendista vuole a ogni costo colonizzarla, sul piano commerciale prima ancora che politico. La questione è globale, certamente non solo russa. Ma la Russia con i suoi territori asiatici si trova marcatamente invischiata nelle mire espansionistiche cinesi. Un quadro complicato e uno Zar, Putin, che non ha ben calcolato l’intervento ucraino e le sue conseguenze.
Dopo la crisi col mondo arabo, innescata dall’attentato delle Torri Gemelle a New York, e la successiva crisi economica del 2008, quella di oggi è sicuramente per l’Occidente la crisi politica più grave. Dove i mediatori all’orizzonte appaiono davvero scarsi se non inesistenti e dove il serrato confronto a distanza tra Stati Uniti e Cina non ha saputo scongiurare il corso degli eventi ucraini.
Non vogliamo certamente prestare il fianco né a dietrologie né a possibili scenari futuri di difficile definizione. Ci auguriamo solo di non dover incorrere né in conflitti planetari, né tanto meno in esperienze analoghe a quelle prospettate da La fattoria degli animali, che destrutturavano cose e persone, città e paesi.