Poesie di Ucraina a cavallo tra i secoli XIX
e XX
L’anelito alla libertà
Lesya Ukrainka, pseudonimo di Larysa Petrivna Kosač-Kvitka, era nata a Novohrad-Volyns’kyj, in Ucraina, nel febbraio 1871. Già a età giovanissima, ebbe un grande successo come poetessa e poi patriota contro l’imperialismo russo. Il suo impegno, la sua poesia, stimolarono il popolo ucraino a scollarsi di dosso l’apatia e il compromesso con l’Impero Moscovita che per lungo tempo l’aveva condizionato. Qui di seguito riportiamo il suo debutto poetico. Nadija, «speranza», costituì il suo primo successo. Sorprende l essenza della profondità in questa breve poesia che indica già un percorso e un destino della vita come dedicata al sacrificio di patriottica vestale al «risveglio» del popolo e del suo Paese. Seguirono, tra le altre, poesie e poemi, quali Blakytna troyanda e Contra spem, che le dettero gran fama anche all’estero. Cosa rilevante, da autodidatta e poliglotta, fu il suo impegno nella traduzione in ucraino delle opere di Gogol che, sia pure lui ucraino, scrisse sempre in russo per motivi di impiego in San Pietroburgo e per i divieti degli Zar verso la lingua ucraina, assai più antica e diffusa della neo lingua russa, che alla sua epoca aveva appena 100 anni. Lesya aderì nel 1909 al «Club ucraino» del musicista Lysenko, di cui parleremo in un’altra occasione, e al quale partecipò anche Franko. Malata di tubercolosi, visse anche in Italia a Sanremo. Morì a Surami in Georgia nel 1913, pochi anni prima della nascita della Prima Repubblica Indipendente di Ucraina. La sua effigie è presente sulla banconota da 200 «Grivnie» ucraine.
«Non ho il destino né la libertà,
Mi resta solo un po’ di speranza:
Speranza di tornare ancora in Ucraina
, Veder la mia terra sentirla vicina…
Vedere ancora una volta il Dnieper
E non mi importa se morrò o vivrò;
Vedere le tombe, nelle steppe andare…
Per l’ultima volta amor ricordare…
Non ho né il destino né la libertà,
mi resta solo un po’ di speranza».
Della stessa epoca di Lesya Ukraina, nipote del Professore Dragomanov, è Ivan Franko, grande e celebre economista, poeta, giornalista, scrittore. Ivan Franko è tra i poeti ucraini più rappresentativi, o comunque significativi, di questo gentile e martoriato popolo slavo. Di sicuro, come in ogni traduzione si perde parecchio del suo valore estetico, ma non di meno si possono apprezzare nel testo il sentimento e la sua forza espressiva.
Ivan Franko è forse il letterato poeta ed economista più conosciuto non solo in Ucraina. Fu designato al Premio Nobel, ma morì poco prima nel maggio del 1916 a Leopoli in pieno conflitto mondiale.
Fautore e scrittore della lingua ucraina e del suo risveglio, Franko ebbe un prestigio tale da non poter essere perseguitato per l’uso della lingua materna. Il giornalista sostenne sempre le posizioni di Kostomarov e di Dragomanov, entrambi consapevoli del «Risveglio» ucraino e più ampiamente di quello slavo. Il patriottismo di Franko esortava il popolo ucraino a unirsi evidenziando il limite, prima che verso i loro oppressori, verso una unità ricercata per secoli e mai ottenuta. Polacchi e Moscoviti in epoche anche recenti e a lui contemporanee, avevano vessato il popolo dominando in gran parte il territorio tra Dniester e il Dnepr, i due fiumi dove storicamente gli Ucraini vivevano e vivono. Va detto che il territorio ucraino, però, raggiungeva a Est quasi il fiume Don e a Sud-Est, oltre il Mar d’Azov, attraverso il Kuban fino al Caucaso e all’amica Georgia. Ivan Franko fu tra coloro che risvegliarono la propria lingua, molto più antica di almeno 800 anni di quella moscovita e molto più simile al polacco, che solo per motivi religiosi e politici sono distinte dalle lettere di alfabeti differenti. Franko incita in questa poesia all’unione e alla lotta per una identità e libertà che sarà per breve tempo realizzata poco dopo la sua morte, nella Prima Repubblica di Ucraina di Petliura e poi in antitesi a Skoropadskij del 1917-1921.
«Non è il tempo, non è l’ora e non è il momento
Per servire i Polacchi e i Moscoviti!
Non è il tempo, non è l’ora e non è il momento
Per gli stolti versare il sangue dal cuore
E amare lo zar, che deruba la gente,
Per l’Ucraina diamo il nostro amore.
Non è il tempo, non è l’ora e non è il momento
Dentro la propria casa tra di noi litigare!
La differenza fra noi porti via il vento!
La bandiera ucraina ci dovrà radunare!
E adesso è giunta quest’ora:
Nella lotta pesante e attiva
Noi moriamo, ma la libertà e l’onore,
Conquistiamo la terra natia!»
Sembrano e sono le parole di oggi, di ogni buon Ucraino. Sono parole sincere che riscontrano il sentimento di un popolo, della sua unità sociale e di pensiero, contro l’eterno nemico che fin dai tempi di Batu Kan, ha vessato il popolo slavo di Kyiv e dei Ruteri lungo il grande Dnepr, anima e spina dorsale secolare.
