Una montagna di croci
Fede religiosa e irredentismo
Nella Lituania Settentrionale, presso la città di Šiauliai, c’è una collina (chiamarla collina è un superlativo, perché è semplicemente un grande cumulo di terreno di origine artificiale che, di per se stesso, non avrebbe nessun significato). Ma ciò che lo fa distinguere da qualsiasi altro dosso sulla superficie della Terra è l’ornamentazione che per primi gli hanno fatto gli abitanti della zona trasformandone la fisionomia al punto da farlo diventare una specie di luogo sacro di interesse e valore internazionale. Infatti, oggi quel dosso, chiamato pomposamente Monte delle Croci (in lituano Kryžių Kalnas) è costellato di circa 400.000 croci o forse più (perché il numero è come l’età, cresce continuamente), costruite con i materiali più vari, dal legno al metallo, dalla plastica alla pietra, con le estremità infisse nel suolo.
Per sfortuna sua, il Paese Lituano era sotto il giogo di un regime totalitario che non condivideva e che, con la sua violenza, umiliava, avviliva, maltrattava, calpestava coloro che la pensavano diversamente; ecco il perché delle croci: ricordavano il sacrificio del Cristo Redentore, crocifisso sul Golgota. E le croci erano un simbolo della fede dei superstiti in una vita eterna dei loro cari scomparsi.
Le prime croci sono state portate dagli abitanti della zona a ricordo e in omaggio delle persone cadute sotto la prepotenza dell’Impero Russo negli scontri avvenuti nel 1831 e nel 1883. Piano piano, il pellegrinaggio divenne più frequente e sempre più numeroso anche – si dice – in seguito all’apparizione di Maria Vergine e di Gesù Bambino. Furono sempre di più coloro che portavano le croci, fissandole al suolo. Così, il luogo divenne la meta di pellegrinaggio più importante dell’intera area del Baltico.
Naturalmente, questo atto di fede era un insulto al regime sovietico e dava molto fastidio al Governo di Mosca, tanto che più volte, in diverse occasioni, le croci furono distrutte; il suolo della collina fu diverse volte spianato, ridotto a un tutto vuoto e arido, ma non appena i Russi voltavano le spalle, le croci crescevano come i funghi dopo una fresca e ristoratrice pioggerellina autunnale. Erano portate di nascosto, spesso in pezzi che venivano ricomposti al momento della loro sistemazione, e ciò soprattutto di notte, per non essere sorpresi mentre combinavano le loro «malefatte». E più i Russi le distruggevano, più se ne trovavano il giorno successivo.
In tal modo, malgrado le distruzioni, il numero delle croci era destinato ad aumentare, anche perché la popolarità del luogo si era allargata a macchia d’olio ed erano sempre più numerose le persone, e non solo lituane, a voler portare il loro contributo a quel simbolico segno della fede religiosa cristiana.
Il censimento del numero delle croci è in continuo divenire: basti pensare che, se agli inizi del XX secolo le croci erano un centinaio, nel 1990 esse erano 50.000, nel 2000 erano 100.000, per raggiungere la cifra enorme di 400.000 oggi; e, come detto, ogni giorno il numero di quelle croci è destinato ad aumentare perché il pellegrinaggio non si ferma mai ma, come l’età, cresce ogni giorno che passa.
Inizialmente, le croci servivano per ricordare tutti coloro che, sotto il regime sovietico, erano vittime del trasporto nei campi di concentramento o deportazione in Siberia o a Kolyma, la «terra dell’oro», dove trovavano sistematicamente la morte, dopo uno sfruttamento inqualificabile e inumano.
Nel 1993, la collina delle croci fu visitata dal Papa Giovanni Paolo II, che contribuì, con il dono di una statua lignea raffigurante Cristo, all’arricchimento del patrimonio di simboli religiosi e della fede cristiana; ma nello steso tempo ribadendo il concetto della libertà dei popoli e della loro legittima tendenza all’irredentismo.
Ora, quel luogo è diventato il simbolo della reazione pacifica a ogni vessazione umana ed è quello di pellegrinaggio più importante e frequentato dell’intera area del Baltico. I visitatori, provenienti da tutte le parti del mondo, portano con sé e infiggono al suolo le loro croci.