Vinca 1944: ricordare e riflettere
Considerazioni circa la celebrazione italo-tedesca del 25 agosto
L’allocuzione pronunciata dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per il LXXV anniversario della strage di Vinca (Massa) in cui scomparvero 173 persone (in maggioranza donne, vecchi e bambini) ha assunto particolare rilevanza e visibilità per l’intervento contestuale del Presidente Tedesco Walter Steinmeier, presente assieme alla consorte, e per le sue brevi parole davanti al monumento commemorativo, con cui ha detto di «provare solo vergogna» per quanto accadde a opera dell’esercito nazista, chiedendo perdono.
Dal canto suo, il Capo dello Stato Italiano ha colto l’occasione per auspicare ancora una volta l’avvento di una nuova stagione umana e civile all’insegna del rispetto, della collaborazione e della pace, nel definitivo ripudio dell’odio e di ogni violenza. Un obiettivo tuttora lontano, come attestano gli eventi contemporanei, ma per il cui perseguimento è sempre doveroso battersi senza riserve strumentali.
Nell’occasione, la ritualità delle celebrazioni ha assunto un significato di rilievo straordinario proprio per avere superato i confini, confermando l’esistenza di auspici solidali, nel quadro di una cooperazione europea estesa al momento etico, ancor prima che a quello politico. Un significato da porre nella dovuta evidenza, e ovviamente da condividere.
Nondimeno, dopo tre quarti di secolo il giudizio storico non può prescindere da riflessioni di maggiore ampiezza e da una conoscenza oggettiva di quanto accadde nel comprensorio apuano e in tanti altri luoghi dell’Italia Centro-Settentrionale nella plumbea stagione del 1944, resa ancor più tragica dalla guerra civile che si sarebbe protratta fino alla primavera dell’anno successivo, non senza ulteriori prosecuzioni nel tempo delle vendette, dal maggio 1945 in poi.
Le cronache rammentano che nella zona di Vinca sedici soldati tedeschi avevano perso la vita in un attentato partigiano e che ne era scaturita la decisione, sostanzialmente scontata, di applicare la ferrea legge della rappresaglia, disumana quanto si vuole, ma consentita dal diritto internazionale bellico. Come era accaduto con la strage delle Fosse Ardeatine del marzo precedente, l’orribile contabilità delle vittime fu superiore alla proporzione di dieci contro uno, senza dire che in altre occasioni, come a Marzabotto, le stragi furono assolutamente indiscriminate, trascendendo i limiti giuridici della rappresaglia e assumendo il carattere indiscutibile di un vero e proprio delitto contro l’umanità, in quanto tale non soggetto a prescrizione.
Nella fattispecie, non si può fare a meno dal ricordare che a Vinca, come in altri centri delle Apuane, i partigiani usavano colpire il nemico per sganciarsi immediatamente dal contatto armato e rifugiarsi in montagna, favoriti dalla conformazione orografica della zona, abbandonando la popolazione civile a una rappresaglia tanto più utile ai fini tattici in quanto avrebbe incrementato l’odio nei confronti del Tedesco invasore, con vantaggi conseguenti per le formazioni partigiane: esempio di lucido realismo politico ma nello stesso tempo di sostanziale disinteresse per le conseguenze a carico di un popolo che ebbe il solo torto di trovarsi nel luogo sbagliato al momento sbagliato; e soprattutto, con sacrificio dei più deboli.
Dal punto di vista militare, le azioni partigiane producevano un effetto più simbolico che sostanziale, mentre quelle dei Tedeschi si ostinavano in una repressione criminale idonea ad accrescere soltanto il comprensibile odio nei loro confronti, proseguito fino ai nostri giorni come da testimonianze di superstiti e di familiari delle vittime, riportate dalla stampa anche dopo la celebrazione dell’anniversario di Vinca.
Proprio per questo, è cosa buona e giusta che il Presidente Steinmeier abbia chiesto perdono senza alcuna riserva, seguendo l’esempio storico di quanto avevano già fatto i Cancellieri della Repubblica Federale Tedesca Willy Brandt ed Helmut Kohl davanti ai monumenti per le vittime dell’Olocausto, sia in Polonia che in Germania, e dando un alto esempio di umiltà politica e di riconoscimento delle «alte non scritte e inconcusse leggi» proprie del diritto naturale sin dall’epoca precristiana, certamente prevalenti su quello positivo, sia di pace che di guerra.
Quanto all’allocuzione di Sergio Mattarella, è utile aggiungere che il suo richiamo deve essere condiviso da chiunque abbia a cuore un mondo più giusto, ma proprio per questo, capace di approfondire la realtà storica e di superarla in un consapevole contesto etico: auspicio da formulare a onta delle troppe guerre che continuano a insanguinare il nostro piccolissimo pianeta, e delle logomachie parapolitiche ricorrenti anche in Italia.