Giorno del Ricordo nel ventesimo anniversario
(febbraio 2024)
L’antica Veroli esprime forti attenzioni
istituzionali e giovanili
La grande tragedia storica dell’Olocausto Giuliano, Istriano e Dalmata compiutasi nel corso del Secondo Conflitto Mondiale, e soprattutto a guerra conclusa, con almeno 20.000 vittime innocenti infoibate o diversamente massacrate, e con almeno 350.000 esuli, un quarto dei quali dispersi nel mondo, ha trovato nel 10 febbraio di ogni anno un «memento» di rilevante importanza etica, anche nel campo dell’informazione, con riferimento naturalmente prioritario a quella giovanile, e nella fedeltà al noto assunto secondo cui «un popolo senza memoria è un popolo senza futuro».
Da questo punto di vista l’antica città laziale di Veroli, dalle nobili tradizioni preromane, latine e medievali corroborate da esempi particolarmente illustri, ha offerto un contributo di specifico richiamo, onorando la Legge 30 marzo 2004 numero 92, istitutiva del Ricordo di quei crimini e di quella diaspora, perpetrati dai partigiani slavi titoisti a danno di un popolo dalle nobili tradizioni civili e patriottiche. Ciò si è reso possibile attraverso l’attento e partecipe concorso di 100 studenti e dei loro consapevoli maestri nell’aula magna della scuola «Caio Mario» per ascoltare le testimonianze di alcuni protagonisti di quel dramma e per acquisire una conoscenza più approfondita di una pagina di storia destinata a lasciare una traccia imperitura.
Con l’ottimo coordinamento della Dirigente Scolastica, Professoressa Angela Avarello, hanno portato il proprio contributo d’informazione diretta gli esuli Maria Luisa Bove, Laura Brussi e Carlo Cesare Montani illustrando le rispettive esperienze di protagonisti, e più generalmente, il delitto contro l’umanità compiuto in quelle tragiche circostanze da chi, per dirla con l’immaginifica definizione di Giambattista Vico, assunse il comportamento di «bestioni tutta ferocia». Si è parlato, in particolare, delle uccisioni indiscriminate a danno degli Italiani, e degli stessi Slavi anticomunisti, precedute da innominabili torture e violenze, dalla perdita generalizzata dei beni, e chiuse con la pulizia etnica del territorio grazie all’emigrazione forzata di oltre nove decimi della popolazione residente.
Quest’ultima, contestualmente, fu sostituita da immigrazioni di altra provenienza jugoslava, destinate a mutare radicalmente la geografia umana dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, in misura persino peggiore di quanto era già accaduto con le invasioni avaro-slave del VI e del VII secolo, e con le connivenze asburgiche dell’Ottocento austriaco.
Nel riferimento alle tante, o meglio troppe vittime, non è mancato quello più specifico alla Medaglia d’Oro per Merito Civile Norma Cossetto, la giovane insegnante istriana massacrata nella foiba di Villa Surani (5 ottobre 1943) da 17 aguzzini dopo lunghe quanto ignobili ed efferate violenze, ormai assurta a simbolo perenne del martirio di un intero popolo. Ciò, con l’auspicio che al nome di questa eroina, capace di rifiutare categoricamente e consapevolmente l’immonda offerta di passare dalla parte del nemico, possa essere conferito un tangibile ricordo «ad memoriam» anche dal Comune di Veroli, in aggiunta ai tanti, già presenti nel territorio nazionale.
Un arricchimento importante all’informazione di base è stato apportato dal Dirigente di «Area C», Professor Biagio Cacciola, con chiare indicazioni circa i Valori universali da promuovere e tutelare anche in occasione del Ricordo. Non sono mancati diversi autorevoli interventi, registrati dal momento politico, tra cui quelli dell’eurodeputata Maria Veronica Rossi, del consigliere regionale Daniele Maura, e del presidente del Consiglio provinciale Gianluca Quadrini. Tutti sono stati concordi nel porre in luce l’importanza maieutica dell’iniziativa, sia sul piano formativo sia su quello dell’alta cultura etica e civica (Rossi); nel puntualizzare il rilievo morale della Legge istitutiva del Ricordo, e di quella regionale del Lazio, promulgata per iniziativa dell’Onorevole Francesco Storace già in precedenza (Maura); nell’auspicare l’adesione giovanile alla conoscenza più sistematica della storia in questione (Quadrini).
A seguire, è stato proposto alla comune attenzione il documentario realizzato nel 1992 con efficace realismo a cura del Professor Claudio Schwarzemberg, presidente del Libero Comune di Fiume in Esilio (d’intesa con l’Associazione Nazionale Dalmata) allo scopo di informare in maniera esaustiva circa la tragedia dell’Esodo e delle Foibe: un filmato coinvolgente, che si apre con le immagini delle tante decine di luoghi carsici, istriani e dalmati in cui fu attuato tale turpe disegno di «pulizia etnica» e che si chiude con la triste affermazione secondo cui «i vinti hanno sempre torto». La proiezione è stata oggetto, naturalmente, di viva e commossa partecipazione, ma non senza notare che, nel frattempo, sta iniziando ad avverarsi la lucida previsione del compianto Vescovo di Trieste e Capodistria degli anni bui, Monsignor Antonio Santin, secondo cui «le vie dell’iniquità non possono essere eterne».
Non è mancata un’interlocuzione non meno fondamentale di parecchi studenti, che hanno posto ai rappresentanti del movimento esule diversi quesiti circa le loro esperienze personali, generalmente tristi, se non anche tragiche, ma nello stesso tempo di segno opposto, seppure nel solo momento in cui riuscivano a sfuggire alla protervia degli assassini ritrovando la libertà, e quindi la vita, sull’amato suolo della Patria.
In particolare, Maria Luisa Bove ha voluto esprimere sentiti ringraziamenti per l’affettuosa attenzione ricevuta da tutti nel raccontare la tragedia del suo giovane zio, e di sua moglie appena sposata, infoibati solo perché Italiani, mentre il loro piccolo cane corse dietro di loro fino alla foiba, tornando a casa dopo una settimana senza trovarli, perché erano rimasti in fondo all’abisso. Tutti i relatori hanno ascoltato Maria Luisa con grande commozione mentre il Professor Cacciola, seduto accanto a lei, aveva gli occhi visibilmente lucidi. Queste particolari emozioni sono diventate un patrimonio spirituale di tutti i presenti, che hanno partecipato alla rievocazione rivivendo la medesima, tragica vicenda.
Dal canto suo, Laura Brussi ha fatto diversi accenni al dramma di un esilio confortato, sia pure in misura naturalmente minoritaria, dalla paziente attesa di un futuro migliore, e dall’accettazione di una «prova» voluta da una Volontà trascendente nell’intento di testimoniare la loro fede, e nello stesso tempo, di consentirne il reinserimento nella vita, agevolato dalle loro doti di civismo, di laboriosità e di prudente diligenza, come quella del «buon padre di famiglia».
L’ottima riuscita dell’iniziativa, oltre agli interlocutori di cui si è detto, si deve, in particolare, alla commovente tenacia dell’organizzazione, ispirata dal giornalista locale Gian Matteo Fascina, grazie all’appassionato conferimento della sua competenza specifica.
In conclusione, il Giorno del Ricordo del 2024 proposto a Veroli merita di essere considerato alla stregua di un paradigma di riferimento, sia per l’importanza e la qualificazione degli interventi, sia per l’invito a riflettere che ne è scaturito, unitamente a quello non meno fondamentale di «trarre gli auspici», tanto più che la storia non è finita ieri, non finisce oggi, non finirà domani, e costituisce un perenne divenire di pensiero, di azione, e soprattutto di speranza.
Non a caso, su tale ultimo spunto si è soffermato il Professor Cacciola, quando ha espresso l’intenzione di promuovere un’iniziativa di approfondimento storico a livello di Consiglio provinciale, mentre la Professoressa Avarello, nel chiudere l’importante giornata di studio, e dopo avere ringraziato i relatori, e tutti gli interlocutori, ha condiviso l’assunto di un’indomita speranza, conforme alla comune buona volontà, trasferito nel minuto di silenzio conclusivo in Ricordo delle Vittime, osservato nel commosso raccoglimento di tutti e di ciascuno.