Strage di Vergarolla del 18 agosto 1946
Dal silenzio all’impegno istituzionale: proposta legislativa per la memoria dei martiri

La strage compiuta il 18 agosto 1946 sulla spiaggia di Vergarolla, nei pressi di Pola, in cui caddero oltre 100 persone[1] che per la maggior parte erano donne e bambini, è entrata a far parte della storia novecentesca come la più sanguinosa tra quelle che ebbero luogo in tempo di pace nel cosiddetto «secolo breve», avendo causato la morte straziante di tanti martiri italiani, e nello stesso tempo, avendo accelerato l’Esodo dal capoluogo istriano, facendolo diventare plebiscitario. Non a caso, il 15 settembre dell’anno successivo, quando la sovranità sull’Istria e sul capoluogo fu trasferita alla Jugoslavia in esecuzione del trattato di pace che aveva fatto seguito alla Seconda Guerra Mondiale, l’Esodo aveva raggiunto una quota pressoché unanime, tanto da interessare oltre nove decimi degli abitanti, mentre quanti decisero di non partire, perché vecchi, ammalati o fautori del nuovo regime comunista, furono meno di 3.000.

Con tutta evidenza si trattò di un vero e proprio plebiscito, analogo a quello già avvenuto a Fiume, a Zara e nelle altre città dell’Istria e della Dalmazia, con un’aggiunta negativa sul piano psicologico, perché a Pola, che a guerra finita era rimasta una piccola «enclave» gestita dagli Alleati Americani e Britannici, si era confidato in una soluzione favorevole all’Italia fino a quando le trattative di pace dimostrarono chiaramente, nel luglio 1946, che le scelte definitive erano state fatte a favore di Belgrado. In tale ambito, la «strage degli innocenti» di cui in premessa fu uno strumento criminale adottato da parte slava per convincere gli ultimi incerti e per accelerare l’Esodo facendo leva sulla paura e sulla disperazione.

L’Esodo da Pola, a parte la tempistica ritardata, ebbe un livello di concentrazione superiore a quelli che lo avevano preceduto, perché si sarebbe completato nel breve giro di alcuni mesi, terminando sostanzialmente entro il successivo marzo con l’utilizzo prioritario del vecchio piroscafo Toscana che fece diversi viaggi nelle direzioni rispettive di Ancona e di Venezia col suo dolente carico di profughi, costretti a lasciare le proprie abitazioni, i propri beni e persino le tombe degli avi. in quest’ultimo caso, con qualche eccezione di alto valore simbolico, come accadde per il feretro dell’Eroe Nazionale Nazario Sauro. All’inizio della primavera successiva, l’Esodo era stato pressoché completato, tanto che nel successivo settembre, quando un ufficiale britannico avrebbe consegnato simbolicamente le chiavi della città al famigerato Ivan Motika, Pola apparve pressoché deserta, e come tale, in grado di assicurare immediata ospitalità all’immigrazione slava. D’altro canto, qualsiasi ipotesi alternativa non era stata possibile, tanto più che, per promuovere le partenze, al pari di quanto era già accaduto altrove, gli Slavi non si astennero dal ricorrere alla violenza programmata, come accadde con l’eccidio di Vergarolla e con i suoi martiri immuni da ogni colpa, salvo quella di essere Italiani.

La proposta di legge formulata dall’Onorevole Nicole Matteoni e da una trentina di altri parlamentari della Camera, volta all’istituzione di una «Giornata Nazionale» in onore dei martiri di quella strage contro l’umanità, ha preso l’avvio nello scorcio conclusivo del 2024 ed è stata oggetto di presentazione alla stampa in una conferenza tenutasi a Montecitorio lo scorso 8 aprile, alla presenza della predetta prima proponente, e di vari esponenti prioritari del Gruppo di Fratelli d’Italia quali il Senatore Luca Ciriani, gli Onorevoli Galeazzo Bignami, Walter Rizzetto, Alessando Amorese, e la stessa presentatrice del nuovo disegno legislativo.

Nella sua qualità di Ministro per i Rapporti col Parlamento, Luca Ciriani ha ricordato che la strage in questione fu «una delle pagine più feroci del lungo dopoguerra» nelle zone del confine orientale, e di quelle «strappate alla storia italiana per viltà o per interesse» allo scopo di perseguire, quale obiettivo prioritario, quello di «impedire ai nostri connazionali di rimanere nel loro territorio e nelle loro case». L’iniziativa, d’inusitata crudeltà, ebbe un’evidente matrice anti italiana, tanto da rendere assolutamente impossibile l’ipotesi di continuare a vivere in siffatte condizioni, che oggi è legittimo e doveroso ricordare, tanto più che «per guardare avanti bisogna conoscere il passato». Di qui, la proposta della nuova «Giornata Nazionale» volta a far conoscere in maniera più completa e meno episodica una vera e propria tragedia nazionale.

Dopo la votazione quasi unanime dell’encomiabile Legge 30 marzo 2004 numero 92 istitutiva del Ricordo con un «passaggio certamente decisivo» per la cancellazione di una «lunghissima indifferenza» – ha proseguito Ciriani – nel Parlamento Italiano sono emerse attenzioni innovative per la tragedia del confine orientale, e più specificamente, per una strage come quella del 18 agosto 1946 ordita a Vergarolla, che «va ricordata perché volutamente anti italiana».

Dal canto suo, il Capo Gruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, Galeazzo Bignami, ha definito quello della strage in questione come un «momento profondo di storia nazionale» di cui si è perduta per troppo tempo una memoria condivisa, al pari di quanto è accaduto per la lunga e angosciosa vicenda delle foibe, anche alla luce delle analoghe espressioni di una «dinamica particolarmente cruenta e criminale». Proprio per questo, appare oggettivamente necessario proporre una memoria nazionale per quanto possibile condivisa, alla luce di un’identità e di una cultura patriottica presenti come non mai nello spirito del popolo, e in ogni caso, da diffondere e da insegnare ulteriormente.

Walter Rizzetto, Presidente della Commissione Lavoro di Montecitorio, ha parlato di «evento tragico» occorso a due soli mesi dalla nascita della Repubblica Italiana, che non avendo ancora ottenuto i doverosi e necessari riconoscimenti, ha bisogno di una nuova legge come quella in fase di proposizione, che s’inserisce «nel più vasto contesto della testimonianza di un eccidio come quello degli Italiani di Venezia Giulia e Dalmazia» e nel suo ambito, dell’opera altamente meritoria svolta dal compianto Dottor Geppino Micheletti, primario dell’Ospedale di Pola distintosi, nonostante la perdita dei due figlioletti, nell’alacre ed eroica opera di assistenza ai feriti di Vergarolla.

Sempre nell’ambito di una memoria da condividere e da promuovere, Rizzetto ha accennato ai Tremila anni di storia giuliana e dalmata di Carlo Cesare Montani quale utile strumento di consultazione e valutazione storiografica[2] chiudendo il proprio intervento nel senso che le istituzioni «hanno il dovere di ricordare» e di promuovere la conoscenza della storia.

Infine, Rizzetto ha aggiunto che esiste un’altra proposta, presentata in tempi precedenti d’intesa con il Senatore Roberto Menia, primo proponente della Legge istitutiva del Ricordo, dove è stata inserita nel titolo stesso del provvedimento la definizione di «Martiri» sostitutiva di quella riferita a «Vittime» perché proprio di questo si è oggettivamente trattato, col conseguente obbligo di tramandare la verità storica a futura memoria.

Ha fatto seguito l’intervento di Emanuele Merlino, che ha portato il saluto del mondo esule ringraziando il momento politico per la particolare sensibilità manifestata nei confronti del popolo giuliano, istriano e dalmata.

Il Capo Gruppo di Fratelli d’Italia nella Commissione Cultura della stessa Montecitorio, Alessandro Amorese, premesso che il grande Esodo giuliano e dalmata sta diventando un patrimonio comune del popolo italiano, ha formulato la proposta di un adeguato riconoscimento pubblico per il Dottor Micheletti, nell’ambito delle iniziative «in fieri», spiegando che si tratta di iniziative fondamentali perché inserite «nel lungo lavoro per riempire le pagine di storia con i capitoli strappati, per toglierli dall’oblio e dalla polvere». Oltre all’idea del Museo dell’Esodo, già approvata, ne scaturisce anche quella di una «rete d’archivi sull’Esodo e sul centinaio di campi profughi» esistiti nel lunghissimo dopoguerra dei profughi giuliani e dalmati.

Infine, Nicole Matteoni ha spiegato il significato della proposta di legge che reca la sua firma di prima proponente. Dopo avere ricordato la triste priorità della strage di Vergarolla nella storia della Repubblica uscita dal referendum istituzionale del 2 giugno 1946, ha rammentato che nell’esplosione di decine di ordigni che avrebbe cancellato tante vite incolpevoli nell’orrenda giornata del successivo 18 agosto, scomparvero oltre 100 persone, di cui soltanto 64 ebbero la possibilità di essere identificate, stante la violenza della deflagrazione. Ebbene, proprio «per avere una memoria nazionale condivisa» si è ritenuto congruo e funzionale presentare una proposta di legge[3] in grado di dare «finalmente giustizia e verità a una pagina di storia italiana dimenticata», tanto più necessaria approssimandosi l’ottantesimo anniversario di quel terribile delitto collettivo, che sottolinea, a più forte motivo, quanto sia necessario e condivisibile promuovere la definitiva istituzionalizzazione della memoria.


Note

1 In base alla storiografia più recente e aggiornata, le vittime della strage assommerebbero tra le 110 e le 116, cui si deve aggiungere anche la morte di uno tra i 54 feriti operati dal Dottor Micheletti, che del resto era giunto nella sala operatoria in stato ormai agonico. Giova ricordare che il medesimo medico, impegnato per due giorni e due notti in interventi pressoché ininterrotti, fu costretto a evitare le normali precauzioni per la sua persona, con la successiva conseguenza di perdere alcune dita delle mani a causa delle complicazioni sopraggiunte. Fra le proposte dell’Onoravole Matteoni si deve menzionare anche quella di intitolare alla memoria del Dottir Micheletti un’aula dell’Università degli Studi di Trieste.

2 Confronta Carlo Cesare Montani, Venezia Giulia Istria Dalmazia: Pensiero e vita morale, seconda edizione ampliata, Aviani & Aviani Editore, Udine 2024, 416 pagine (per la strage di Vergarolla si veda in modo particolare il capitolo 16 della seconda parte, pagine 183-186).

3 Conviene aggiungere che nella presentazione del disegno di legge si accenna, per completezza, a qualche residua riserva circa le matrici dell’attentato, in conformità a talune espressioni della storiografia più datata; nondimeno, a tale ultimo riguardo conviene rammentare che, dopo l’apertura degli archivi britannici avvenuta nel sessantennio dalla strage, ogni residua interpretazione difforme fu accantonata, confermando quella che la «vox populi» aveva anticipato sin dal momento della strage.

(agosto 2025)

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