Silvio Mazzaroli, al servizio della Patria Italiana e dei valori morali
Una lezione etica nel coinvolgente affresco della sua nobile vita militare

Una vita con il cappello alpino, opera fondamentale della memorialistica militare che ha visto recentemente la luce a firma del Generale di Corpo d’Armata Silvio Mazzaroli, è stata insignita a ragion veduta di vari premi letterari, anche per avere proposto alla comune attenzione l’importanza prioritaria degli alti «valori non negoziabili» manifestata dal protagonista di questa storia durante un quarantennio di «servizio» dapprima nelle Brigate Alpine, poi alla guida della Scuola Militare di Aosta, della Regione Militare Piemonte, e infine, della Regione Militare Friuli-Venezia Giulia, nella costante fedeltà al suo impegno di «tenere dritta la schiena come una spada» onorata dalle molte decorazioni non soltanto italiane, di cui è stato insignito.

L’importanza dell’opera è testimoniata dalle parecchie presentazioni svoltesi in Italia: ultima della serie, quella svoltasi a Firenze il 24 maggio scorso nell’anniversario della Grande Guerra, con la pertinente introduzione dell’Onorevole Marco Cellai, Presidente del Centro Culturale «Firenze-Europa», alla presenza di un attento e folto pubblico, e con la coinvolgente prolusione del Professor Enrico Nistri.

Mazzaroli ha espresso con serena consapevolezza, e con ammirevole costanza, l’essenza dell’antica definizione latina del «vir bonus» proposta nella filosofia precristiana di Seneca, distante anni luce da quella moderna di un mondo in cui ogni uomo diventa «homini lupus» e che purtroppo ha trovato non pochi esempi nel comportamento collettivo, compreso quello di una compagine sociale spesso difforme dalla classica definizione della politica intesa come «arte di operare nella vita associata per il conseguimento del bene comune». In altri termini, Silvio Mazzaroli ha dimostrato che nella vita militare – al pari delle altre – è possibile, oltre che doveroso, agire nella fedeltà ai predetti valori.

Non è facile compendiare in una sintesi esaustiva una grande opera che muove dal quinquennio della formazione militare, prosegue con gli undici anni di «servizio» con la penna nera, i sedici di quello con la penna bianca, e gli ultimi sette con l’Aquila generalizia. Nondimeno, si deve affermare che Mazzaroli ha testimoniato in modo indiscutibile la validità del pensiero secondo cui gli uomini si differenziano, in primo luogo, per il valore dell’impegno volitivo, già presente nella riflessione medievale, e ripreso in forma più sistematica durante il secolo «breve» nell’idealismo italiano di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile.

Il suo pensiero, diversamente da altri casi, ha trovato conferma nell’azione di tutta la vita, e non soltanto in quella militare. Basti aggiungere che dopo il congedo dal mondo militare, in continuità con l’esempio del padre nativo di Pola, esule nel 1947 come una maggioranza quasi totalitaria dei suoi concittadini, ha operato attivamente nel mondo della lunga e dolente diaspora giuliana, istriana e dalmata. In tale ambito ha esercitato le funzioni di Sindaco del Comune di Pola in Esilio; di Consigliere dell’Unione degli Istriani; di Direttore del mensile «L’Arena di Pola» e di altre testate settoriali, e portando un contributo importante, in specie per la sua encomiabile oggettività, alle maggiori informazioni sulla tragedia dell’esodo e delle foibe, promossa dopo tanti anni di attesa dalla Legge 30 marzo 2004 numero 92 istitutiva del «Ricordo».

In buona sostanza, per Silvio Mazzaroli non è azzardato proporre il vecchio aforisma secondo cui, se non fosse stato un protagonista così alto d’impegno e di fede, si sarebbe dovuto inventarlo. Testimone di una stagione complessa come quella che dopo un lungo dopoguerra ha visto il crollo del comunismo anche nelle cosiddette democrazie popolari, il Generale ha integrato la sua opera con un comportamento da assumere a esempio, da parte di tutti e di ciascuno, e lo ha illustrato nella Vita con il cappello alpino di cui in premessa, che costituisce un riferimento importante per quanti ne condividano gli ideali e che, almeno da questo punto di vista, vogliano onorarne l’esempio con analoga dedizione nel segno della cosa pubblica e dei citati valori «non negoziabili».

Del resto, si tratta di un esempio tanto più valido nell’ambito contemporaneo che si caratterizza per un soverchio individualismo, mentre Mazzaroli ha coniugato egregiamente la sua «alpinità» con un profondo sentimento comunitario e con una fede nell’aggregato sociale non disgiunta dal rispetto per quelle opposte, ma non priva di una corretta intransigenza nei confronti delle devianze improntate a falsi valori, e talvolta a colpevole violenza. In questo senso, offre una serie di esempi che sono presupposto della lezione, riassumibile nell’obbligo di coniugare il «nobile sentire» con il «forte agire»; affermare la dignità della coerenza e dei valori di un «ethos» che non ammette compromessi; e laddove necessario, onorare l’imperativo del sacrificio.

Mazzaroli, come riferisce nel suo libro, ha raccolto straordinarie e diffuse espressioni di stima, fra cui si devono menzionare prioritariamente, fra le tante, quelle dello Stato Maggiore della Difesa, dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, dell’Alto Commissariato per i Rifugiati, la Croce d’Argento al Merito dell’Esercito, la Medaglia del Pacificatore conferita dal Brasile. In nessun caso si tratta di riconoscimenti formali, talvolta sin troppo abusati, mentre nel caso di specie trovano spazio tanti attestati, conferiti a fronte della multiforme attività svolta in Italia e all’estero. Qui, basti ricordare che Mazzaroli si è distinto, fra l’altro, nella Missione di Pace in Mozambico, cui ha dedicato attenzioni particolarmente coinvolgenti anche per quanto concerne gli aspetti umanitari; e poi in quello che egli stesso ha definito il «mattatoio balcanico» dove il contingente italiano si distinse per un’azione corretta e funzionale pur tra mille difficoltà, e dove ebbe l’onore, fra l’altro, di una visita natalizia del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, accompagnato dall’allora Ministro Sergio Mattarella.

Il volume, che si avvale della prefazione di Fausto Biloslavo e dell’introduzione di Enrico Poliero, riguarda tutta la vita di Silvio Mazzaroli, muovendo dalla prima giovinezza per giungere fino ai tempi attuali, ma lasciando naturale prevalenza al suo «servizio» nel Corpo degli Alpini, con un occhio di particolare affetto per l’amatissima Brigata «Julia». Nondimeno, non indulge mai, nella fedeltà ai canoni essenziali di una corretta storiografia, alle tentazioni della retorica, né tanto meno a quelle, altrove ricorrenti, di distorcere la verità, o di interpretarla con spirito di parte.

Corredata da un’ampia documentazione fotografica e da una lunghissima «Appendice» dedicata in misura prioritaria ai documenti, molti dei quali in riproduzione degli originali, l’opera si distingue anche per i valori tradizionali che accompagnano quelli patriottici, aprendosi con una pertinente citazione paterna («Ragiona con la tua testa e sentiti sempre in primo luogo Italiano») e chiudendosi con un esemplare omaggio alla signora Tatiana, consorte di perenne vicinanza in ogni momento di vita.

Molto avvincenti sono, in particolare, le pagine in cui Mazzaroli sintetizza gli aspetti salienti della sua «destituzione» del febbraio 2000, quando fu rimosso dall’incarico di Vice Comandante del KFOR, dopo un «acceso dibattito» parlamentare nell’ambito della Commissione Difesa, in cui era stato ingiustamente accusato di avere promosso un «vulnus» nell’ambito del predetto KFOR, «incrinando il rapporto di fiducia con superiori, colleghi e dipendenti». Una storia amara, le cui reali motivazioni politiche, basate su assunti privi di fondamento, furono conosciute dall’interessato soltanto diciotto anni più tardi, in maniera quasi casuale, vanificando anche formalmente le false voci con cui, a suo tempo, era stata diffusa la presunzione che a volere la sostituzione di Mazzaroli fosse stata una decisione militare autonoma: tesi smentita dalla piena solidarietà delle alte sfere di comando italiane ed estere.

In effetti, il provvedimento ebbe carattere esclusivamente politico, a nuova dimostrazione del fatto che in tale ambito si sono perduti il senso e la sostanza di quella vecchia definizione della politica, riportata in premessa. Qui, è inutile dire che, sia pure con tanto ritardo, e con infondate ipotesi di responsabilità a carico di altri esponenti del momento governativo, la verità è venuta finalmente alla luce, sia pure in tempi troppo lunghi, e tuttavia, idonei a promuovere il suo nella Vita con il cappello alpino. Ciò, giungendo a coinvolgere l’attuale massima Magistratura della Repubblica e confermando ancora una volta, se per caso fosse necessario, che Mazzaroli è stato sempre paladino della verità, e lontano da ogni interesse personale.

Anche in quell’occasione il Generale Silvio Mazzaroli avrebbe onorato la tradizione militare con un nobile «Obbedisco» che torna a suo merito, ricordando quello di Giuseppe Garibaldi a Bezzecca, e quello più recente del Generale Santi Ceccherini nella Fiume della Reggenza Italiana sotto l’egida di Gabriele d’Annunzio[1], in ossequio al principio di autorità come elemento necessario, non tanto al vincolo gerarchico, quanto alla tutela di valori destinati a trascendere il tempo e lo spazio. Questi accenni pur necessariamente sintetici inducono riflessioni feconde per tutti, e convincimenti non effimeri circa il senso dello Stato e quelli di Patria e della Famiglia – a quest’ultima[2] sono dedicate pagine non meno elette – e prima ancora, circa la fedeltà agli impegni, lo spirito di corpo, il ruolo fondante della disciplina e la capacità di essere buon pilota, come avrebbe detto Giovanni Verga, anche durante la burrasca.

Firenze, 24 maggio 2024

Convegno dell’Associazione Nazionale Alpini e del Centro culturale «Firenze-Europa» per la presentazione dell’opera di Silvio Mazzaroli.


Note

1 L’ubbidienza di Mazzaroli nel momento delle decisioni solenni costituisce un valore profondamente sentito e certamente sofferto, come era accaduto per i suoi importanti predecessori, sia pure in circostanze assai diverse, e tempi altrettanto antitetici: un solo momento nel caso dell’Eroe dei due mondi, messo di fronte all’ordine sovrano di sospendere operazioni militari di successo, e una lunga riflessione nel caso di colui che fu Capo di Stato Maggiore nell’organizzazione militare della Reggenza del Carnaro dopo avere rischiato la corte marziale per avere abbracciato l’epopea legionaria, ma che quindici mesi più tardi, dopo il Trattato di Rapallo che istituiva lo Stato Libero di Fiume pur destinato a breve vita, ritenne di dover ubbidire alle direttive di Roma, ritirandosi nel culto dei ricordi con la morte nel cuore. In realtà, la nuova Italia uscita dalla Grande Guerra suffragata dalla Vittoria sembrava propensa a seguire l’attivismo dannunziano, anteponendolo al legittimismo monarchico, ma nel caso di Sante Ceccherini (il solo Generale – assieme a Corrado Tamajo – presente a Fiume durante la Reggenza) non fu così, nonostante la sua partecipazione all’Impresa sin dai tempi di Ronchi, con un ripensamento dell’ultima ora che la dice lunga sul carattere particolarmente sofferto delle sue decisioni finali.

2 I valori familiari costituiscono, per Silvio Mazzaroli, una matrice di riferimento imprescindibile. Non a caso, la dedica dell’opera riguarda le persone più importanti della sua vita: in primo luogo il padre «che con la scelta dell’esilio» gli ha consentito di «vivere da Italiano in un Paese non perfetto ma libero e democratico»; la madre cui va il merito di avere cresciuto il figlio nella logica dell’amore; la moglie che gli «è stata accanto per tutta la vita»; i figli, cui confida di «essere riuscito a trasmettere i valori che rendono la vita meritevole di essere vissuta». Quella dedica è chiaramente formulata all’insegna della tradizione, e di un’idea della comunità familiare intesa alla maniera degli antichi come «consorzio di vita» e prima ancora, quale sintesi di riferimenti umani e divini.

(luglio 2024)

Tag: Carlo Cesare Montani, Generale di Corpo d’Armata Silvio Mazzaroli, Marco Cellai, Enrico Nistri, Lucio Anneo Seneca, Benedetto Croce, Giovanni Gentile, Carlo Azeglio Ciampi, Sergio Mattarella, Tatiana Cosulich Mazzaroli, Fausto Biloslavo, Enrico Poliero, Giuseppe Garibaldi, Sante Ceccherini, Corrado Tamajo, Gabriele d’Annunzio, Giovanni Verga, Pola, Brasile, Italia, Mozambico, Bezzecca, Carnaro, Ronchi dei Legionari, Brigate Alpine, Scuola Militare di Aosta, Regione Militare del Piemonte, Regione Militare del Friuli-Venezia Giulia, Penna Nera Alpina, Penna Bianca Alpina, Aquila Generalizia, Comune di Pola in Esilio, Unione degli Istriani, L’Arena di Pola, Legge 30 marzo 2004 numero 92, Stato Maggiore della Difesa, Organizzazione delle Nazioni Unite, Alto Commissariato per i Rifugiati, Croce d’Argento al Merito dell’Esercito, Medaglia del Pacificatore, Missione di Pace in Africa, Brigata Julia, Comando del KFOR, Commissione Parlamentare della Difesa, Reggenza Italiana del Carnaro, Trattato di Rapallo, Stato Libero di Fiume.