Il rancore e la speranza
Bruno Vespa dipinge il ritratto di una Nazione dal dopoguerra a Giorgia Meloni, in un mondo macchiato di sangue

Bruno Vespa è un giornalista, non uno storico, e i suoi libri hanno il taglio tipico della cronaca giornalistica: uno stile asciutto, partecipato ma senza fronzoli, puntuale, preciso, sicuro nella costruzione delle frasi e nell’uso dei termini. Ma Bruno Vespa è anche un giornalista «prestato» alla Storia: un giornalista che tratta gli argomenti storici come se fossero un’inchiesta, con numerose testimonianze di chi ha assistito agli eventi trattati – quando possibile – e con l’ausilio di una mole veramente impressionante di documenti di ogni genere. Il tutto trasformato in una lettura adatta sia al lettore specialista, sia a chi è interessato all’argomento o è semplicemente «curioso».

Il rancore e la speranza

Copertina del saggio Il rancore e la speranza

Il rancore e la speranza, edito nel 2023 da Mondadori, intreccia eventi dell’attualità con fatti del recente passato, per mostrare che esiste una sorta di «filo rosso» che unisce l’oggi con lo ieri, e che anche esperienze che si vorrebbero concluse (per esempio, il fascismo e la lotta partigiana) sono ancora ben vive nella memoria e determinano alcune nostre scelte quotidiane.

Il primo capitolo è dedicato a Un orrore che dura da 75 anni, ovvero la ricerca di una pace molto difficile, per non dire impossibile, tra Israeliani e Palestinesi: Vespa traccia le origini storiche del conflitto, gli errori dell’una e dell’altra parte, gli omicidi, le violenze. Il fulcro, naturalmente, è la macelleria del 7 ottobre 2023: una strage preparata a tavolino, attuata senza provocazione e contro villaggi che si trovavano sul territorio israeliano, con una violenza che neppure l’ISIS ha mai mostrato (numerosi bambini, anche neonati, sono stati bruciati vivi, ragazze denudate e sgozzate, madri violentate davanti ai figli…). Tutto al solo scopo di provocare da parte israeliana una reazione tale da far fallire gli «Accordi di Abramo» che stavano portando l’Arabia Saudita – e, in seguito, l’intero mondo islamico – a riconoscere la legittimità dell’esistenza dello Stato d’Israele, cosa che l’Iran e diversi gruppi terroristici ed estremisti musulmani ritengono inaccettabile. (Ci sarebbero molte altre questioni da trattare, come le ingenti somme versate dal Qatar a Gaza e usate non per aiutare i poveri, ma per rifornire Hamas di armamenti, ma per queste rimando alla lettura del volume).

Il secondo capitolo è dedicato a un’altra questione di attualità: Ucraina, la guerra infinita. Anche in questo caso si parte da molto prima della guerra, dal ricordo di numerosi oppositori a Putin (molti giornalisti) che sono stati assassinati negli ultimi 20 anni per ordine di quello che viene definito «lo Zar».

Quasi metà del volume è dedicato alla guerra civile che ha insanguinato l’Italia dopo l’8 settembre 1943: si tratta del terzo capitolo (A Schio è ancora viva la seconda guerra civile), del quinto (Prima ti ammazzo e poi ti sparo ancora; il quarto, E intanto vince la Repubblica e trionfa la Democrazia Cristiana, è dedicato ai primi eventi politici del dopoguerra, in particolare alla discussa vittoria della Repubblica sulla Monarchia, di cui si svelano alcuni retroscena), del sesto (I cimiteri di Praga, le stragi partigiane e i ragazzi di Salò), del settimo (I delitti nei «triangoli rossi» scoperti con l’arrivo di Scelba) e dell’ottavo, dedicato alle complesse questioni del confine orientale d’Italia, dalle foibe al trattato di Osimo (Quel lembo d’Italia tradito e perduto). Bruno Vespa non fa sconti: indaga, raccoglie testimonianze, scava alla ricerca di documenti, poi ci mette tutto sotto gli occhi, e il giudizio viene da sé. Tratta di argomenti spinosi, per molti aspetti ancora tabù, senza timore e senza reticenze, dato che quegli eventi non sono un capitolo chiuso da consegnare alla memoria perché le nuove generazioni ne traggano insegnamenti, ma una sorta di lungo epilogo di un romanzo non ancora concluso, che si trascina stancamente perpetuando dei «miti» (soprattutto quello sulla superiorità etica dei partigiani, sul loro essere alieni da odii di parte) che non servono all’edificazione dei giovani, ma a impedire una lettura senza pregiudizi, corretta e completa, della nostra Storia.

I due capitoli successivi, il nono (Senza Berlusconi, dopo trent’anni) e il decimo (I figli, Marta e l’eredità del Cavaliere) sono dedicati a Silvio Berlusconi, alla sua figura, a ciò che lui ha significato per la sua famiglia (che in parte ne ha raccolto il testimone) e per l’Italia intera. Bruno Vespa, giornalista cattolico liberale in forza alla Rai, ha sempre declinato le più che generose offerte di Berlusconi per lavorare a Mediaset, ma lo conosceva da anni, era suo amico e lo stimava: «Mi manca Berlusconi. Mi mancano il suo coraggio di fronte alle infinite difficoltà, la sua generosità, la sua capacità di progettare, il suo spirito libertario. Mi mancano persino le sue clamorose bugie, che cercava di tenere in piedi con l’improntitudine di uno scolaretto». Pagina dopo pagina, Vespa delinea l’ascesa elettorale del Cavaliere, le sue cadute, la capacità di rialzarsi, i vari maneggi per distruggerlo messi in campo non appena ebbe annunciato la sua entrata in politica, in un’Italia che stava diventando monocolore: «Una Rai (e un Paese intero) completamente controllati soltanto dagli ex comunisti». La storia di Berlusconi non è la storia di un uomo, o di un partito politico, ma investe la storia di tutti e in molti campi fondamentali della nostra vita.

Con gli ultimi due capitoli, L’ambizione del primo Governo di legislatura e Un’opposizione lacerata, si torna all’attualità: essi riguardano le figure, rispettivamente, di Giorgia Meloni e di Elly Schlein. Bruno Vespa non ha mai fatto mistero della sua grande ammirazione per Berlusconi e, scorrendo le pagine, si nota senza troppa fatica a quale delle due donne vadano le sue preferenze: eppure si dimostra di una straordinaria obiettività e di un rispetto che, nei politici di professione e – ancor più – nei giornalisti ideologicamente schierati, è qualità assai rara per non dire quasi introvabile.

A prima vista, sembra che nel libro manchi una sintesi, una conclusione che ricapitoli tutto quanto si è detto in precedenza e indichi la prossima tappa del percorso intrapreso. Si parte dal «rancore» degli ultimi anni del Secondo Conflitto Mondiale, delle stragi partigiane, di una pacificazione nazionale sbandierata ma mai effettuata in concreto, per approdare, nel corso dei decenni, alla «speranza» in un futuro migliore senza che l’oggi, con i suoi problemi che affondano le loro radici nel passato, ci dia molte ragioni per sperare. Bruno Vespa mostra però che ci sono molte vie che possiamo ancora imboccare nei tempi a venire, e che non tutte conducono verso il baratro: non sappiamo quale inizieremo a percorrere, né se sarà un cammino agevole (i percorsi migliori sono di solito quelli che si prospettano lunghi e irti di difficoltà, perché – per esempio – è più facile sparare contro il nostro nemico piuttosto che sederci con lui a un tavolo e cercare una soluzione comune), ma dobbiamo avere la consapevolezza che nulla è ancora definito o definitivo. Il futuro non è un libro già scritto. È un presente in perenne divenire.

(dicembre 2024)

Tag: Simone Valtorta, Bruno Vespa, il rancore e la speranza, guerra in Israele, guerra in Ucraina, stragi partigiane, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Elly Schlein.