La Medaglia d’Oro a Norma Cossetto
(1920-1943)
Nel XVIII anniversario del conferimento
alla memoria (2006-2024)
In concomitanza con la terza edizione del «Giorno del Ricordo» di Esodo e Foibe, e delle «complesse vicende del confine orientale», tenutasi nel 2006, il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi si fece premura di conferire la Medaglia d’Oro al Merito Civile in memoria di Norma Cossetto, la giovane patriota istriana assassinata dopo indicibili torture e violenze di ogni genere nella notte del 5 ottobre 1943, e passata alla storia quale esempio probante del martirio di un intero popolo.
Quello del Capo dello Stato fu un atto dovuto in primo luogo eticamente, ma nello stesso tempo un meritorio gesto riparatore, perché al momento erano trascorsi 63 anni dall’olocausto di Norma nella foiba di Villa Surani, e 57 anni dal conferimento della laurea «honoris causa» alla memoria della vittima, statuito dall’Università di Padova e dal suo Rettore Concetto Marchesi in ossequio alla studentessa che stava già preparando la tesi di geografia quale omaggio alla propria terra, alternando lo studio a un insegnamento nella scuola media, rimasto sempre nel ricordo degli allievi, alcuni dei quali tuttora in vita (Apollonio, Sicconi, Usco).
La Medaglia d’Oro in questione fu consegnata alla sorella Licia che sarebbe scomparsa proprio nel 70° anniversario dell’estremo sacrificio di Norma (5 ottobre 2013), grazie a un «motu proprio» del Presidente, indotto dalla sensibilità nei confronti di una tragedia italiana davvero straordinaria, con cui lo stesso Ciampi volle onorare la sua gestione della massima magistratura repubblicana dopo l’insediamento al Quirinale. Ora, quella Medaglia diventa simbolicamente «maggiorenne» perché compie 18 anni dalla consegna, ma è cosa buona e giusta rammentare che nell’occasione fu proprio Licia, dopo aver ringraziato il Presidente, a confermare il disagio di un’attesa troppo lunga, motivata da ragioni politiche, e non certo da strozzature burocratiche peraltro ricorrenti.
Del resto, la Medaglia d’Oro di Norma si propone come un personalissimo «quid sui» nella pur vasta schiera dei 20.000 Italiani uccisi dai partigiani titoisti per la sola «colpa» di essere tali, avendo meritato il riconoscimento per i nobili comportamenti assunti davanti ai suoi 17 aguzzini, anche attraverso il categorico rifiuto di passare dalla loro parte, e per avere onorato l’impegno accademico d’insegnante italiana e patriottica, anche se le condizioni familiari le avrebbero potuto consentire di prescinderne. Ciò significa, tuttavia, che a diverse altre vittime sarebbe stato possibile, se non anche doveroso, riservare riconoscimenti analoghi, proprio per l’atteggiamento assunto nei confronti dei persecutori, e per l’ultimo grido uscito dai loro cuori prima della morte, correttamente tramandato alla memoria dei posteri: «Viva l’Italia!»
In ogni caso, l’esempio di Norma ha assunto un significato collettivo di grande valenza morale ed emotiva, perché riassume nella sua significante storia personale quella di un intero popolo chiamato a confrontarsi con un destino avverso e sommamente ingiusto, e tuttavia capace di affrontarlo in modo cristiano e consapevole. A parte le vittime di cui si diceva, furono almeno 350.000 (senza contare gli esuli da territori non italiani del comprensorio adriatico) quanti scelsero la via della diaspora anche in Paesi lontani, abbandonando ciò che avevano di più caro, iniziando dalla terra nativa e dai sepolcri degli avi, mentre quelli che rimasero, in buona parte perché vecchi, malati e soli, furono meno di un decimo, ivi compresi i comunisti di provata estrazione marxista.
A 18 anni dal conferimento della Medaglia d’Oro a Norma, quel popolo ha trovato nella sua icona e nelle proprie bandiere una rinnovata forza morale che nella maggioranza dei casi ha consentito di superare le delusioni di troppi ostracismi, le accoglienze non sempre ottimali ricevute in Italia o altrove, e le difficoltà incontrate nella ricostruzione di una vita ripartita necessariamente da «zero» ma supportata dalla fede, dalla speranza, e dalla certezza di avere operato per il bene comune, nonostante una lunga serie di difficoltà e sacrifici.
La vicenda di Norma è oltremodo nota, anche nei dettagli, alla luce di una cospicua bibliografia e di una memorialistica non meno esaustiva, ma qui si è ritenuto ugualmente opportuno memorizzare la tempistica non certo ottimale e spesso trascurata dei riconoscimenti «ad memoriam», quasi a dimostrare che in certe occasioni sono proprio gli eroi a piangere.
La storia non è maestra di vita, perché in caso contrario non si continuerebbe a iterare gli errori del passato. Nondimeno, esprime un contenuto di valori e di memorie che costituisce un patrimonio insostituibile e che, opportunamente trasmesso alle nuove generazioni, pone le basi di rinnovate certezze, di apprezzamento per le decisioni assunte dai padri protagonisti, e per quanto consentito dalle circostanze, di un impegno volto a tenere alte quelle bandiere. E con esse, la fiducia civile in un Giustizia conforme al celebre auspicio di Monsignor Antonio Santin, ultimo eroico Vescovo di Trieste e di Capodistria dei tempi bui, secondo cui «le vie dell’iniquità non possono essere eterne». Ecco un presagio che si è tradotto in realtà, se non altro con la Legge 30 marzo 2004 numero 92, istitutiva del Ricordo di Esodo e Foibe, e delle lunghe vicende che hanno contrassegnato la storia del confine orientale italiano.
Proprio per questo, la Medaglia d’Oro di Norma trascende il tempo e lo spazio, e diventa un riferimento in primo luogo etico, idoneo a promuovere la perseveranza che è virtù dei forti, e la fiducia che è prerogativa dei giusti.
AA.VV., Norma Cossetto Rosa d’Italia, a cura del Movimento Dieci Febbraio, Eclettica Edizioni, Massa 2021, 295 pagine (con ampia bibliografia)
Fausto Biloslavo-Matteo Carnieletto, Verità infoibate: le vittime, i carnefici, i silenzi della politica, Signs Books, Milano 2021, 240 pagine
Padre Flaminio Rocchi, L’Esodo dei 350.000 Giuliani Fiumani e Dalmati, quarta edizione, Editrice «Difesa Adriatica», Roma 1998, 716 pagine
Guido Rumici, Infoibati (1943-1945). I nomi, i luoghi, i testimoni, i documenti, Gruppo Ugo Mursia Editore, Milano 2002, 498 pagine
Dino Messina, Italiani due volte: dalle foibe all’esodo una ferita aperta della storia italiana, Inchieste «Corriere della Sera», Milano 2020, 296 pagine.