Considerazioni per il XX Giorno del Ricordo
A proposito delle liberazioni e della libertà

Le diverse interpretazioni sulla «liberazione» avvenuta alla fine della Seconda Guerra Mondiale, con particolare riguardo all’Italia, sono interminabili e spesso ripetitive, cosa che rende utile, se non anche necessario, un approfondimento critico della questione, in chiave logica e storica. In proposito, una considerazione fondamentale da premettere riguarda la tipologia di quella «liberazione», che non coincise con l’avvento di una Libertà con la maiuscola, intesa come categoria dello Spirito, secondo la pertinente definizione di Benedetto Croce, ma più semplicemente, indusse il pur sofferto affrancamento della Nazione italiana dal precedente regime che l’aveva condotta in guerra, col rischio, tutt’altro che teorico, di sostituirlo con un altro assai peggiore, come avrebbero dimostrato le tristi vicende dell’Europa Orientale e della loro lunghissima e difficile liberazione dal giogo comunista.

Un esempio importante fra i tanti disponibili, se non altro per la sua riconosciuta specialità, è quello della «liberazione» di Trieste, che persevera nell’essere oggetto di discussioni, talora assimilabili a vere e proprie logomachie. Ciò, sebbene un’ampia maggioranza della storiografia e la stessa coscienza popolare ritengano che detta «liberazione» non sia avvenuta il 1° maggio 1945, come vorrebbe la minoranza slovena «nostalgica» di Tito, ma nel successivo giugno, al termine dei famigerati 40 giorni di occupazione partigiana.

In effetti, la semantica «liberazione» può significare, come vorrebbe l’etimo, affrancamento da esperienze autoritarie o totalitarie, per non dire delle vessazioni tipiche di certi sistemi militari; ma non può sottintendere né tanto meno ammettere l’avvento di un regime senza dubbio terribile, come accadde a Trieste dal 1° maggio in poi, quando i nuovi occupatori mostrarono ancora una volta il loro vero volto arrestando, uccidendo e compiendo ogni sorta di violenze. Come avrebbe detto Giuseppe Giusti, patriota del Risorgimento e poeta di chiara fama, una larga messe di documenti «è lì che parla a chi la vuol sentire», rendendo inutile ogni tentativo della minoranza di smussare gli angoli alla ricerca di improbabili assoluzioni postume.

A loro volta, gli occupanti britannici, cui fu affidata la lunga gestione del Governo Militare Alleato protrattasi fino al 1954, quando fu chiusa col sofferto ritorno all’Italia – e l’arrivo dei Bersaglieri nella città di San Giusto – furono liberatori e, nello stesso tempo, occhiuti occupatori, giacché controllavano un territorio appartenente alla sovranità altrui, almeno sul piano formale.

Ciò, senza dire che nei 40 giorni dell’iniziale dominio partigiano gli stessi Alleati (nella fattispecie, le truppe neozelandesi giunte a poche ore di distanza da quelle di Tito con un ritardo colpevolmente voluto) furono spettatori dei delitti e delle angherie di matrice slava, rendendosi sostanzialmente complici. Si può dedurne che alla duplice occupazione non corrispose alcuna reale «liberazione».

In certi casi, la storia, che non consente di fondarsi su dubbi né tanto meno su pregiudiziali, se intende essere oggettiva coma da antica definizione di Tacito, deve ammettere talune ipotesi ragionevoli. In quello di Trieste, è chiaro che, qualora il capoluogo giuliano fosse stato occupato per sempre dalle forze di Tito, il suo avvenire avrebbe uguagliato quello dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, con un esodo dalle dimensioni plebiscitarie e con la sistematica negazione dei diritti umani. In tutta sintesi, un autentico genocidio.

L’assunto non è una tesi di parte, come si vorrebbe alla luce di un negazionismo tuttora pervicace, né emerge dalla fantasia di generazioni che hanno sofferto duramente stragi, violenze ed espropri proletari, ma costituisce una realtà impossibile da mutare, che vive nelle testimonianze dell’epoca e nella stessa coscienza popolare, non disgiunta da una tradizione orale sempre viva, oltre che dai supporti storiografici, destinata a perpetuarsi.

Dal canto loro, anche gli Italiani furono certamente occupanti, come accadde nella provincia di Lubiana dall’aprile 1941 in poi, a seguito del colpo di Stato compiuto a Belgrado ma ispirato da Londra, con cui la Jugoslavia aveva cambiato campo, costringendo le forze dell’Asse all’intervento bellico risolutivo, con l’azione concentrica di Germania, Italia, Ungheria e Bulgaria, conclusa in tempi brevissimi. Tuttavia, vale la pena di rammentare che l’accoglienza era stata mediamente positiva anche a Lubiana, se non altro perché il controllo italiano di una parte rilevante della Slovenia impediva sia pure «pro quota» l’avvento di un regime sicuramente duro come quello tedesco, senza contare che elideva l’incipiente pericolo partigiano. Ma questa è un’altra storia.

Molto si potrebbe aggiungere a proposito della «liberazione» di Trieste, e non solo di quella. Qui, si deve dire che la città, secondo i punti di vista, fu liberata «da» questa o «da» quell’altra occupazione, ma che non è ancora libera «di» esprimere compiutamente la propria anima: lo dimostrarono anche una decina d’anni or sono, fra tante altre vicende, le silenziose proteste delle «sentinelle» cattoliche (2014) per definizione non violente, e nello stesso tempo fonti di riflessione; il tutto, nel tentativo di coartare con la forza immotivata dell’oltraggio un sereno impegno civile in difesa della famiglia e della vita.

In tutta sintesi, per «Libertà» non bisogna intendere soltanto quella individuale, che termina dove necessariamente iniziano quelle degli altri, ma prima ancora, la categoria dello Spirito di cui si diceva in premessa, e che l’alta voce del filosofo aveva voluto distinguere in maniera netta e definitiva dalle altre «libertà» comunque irrinunciabili.

Tornando al capoluogo giuliano, su cui grava da 80 anni un confine evidentemente anacronistico ed economicamente pregiudizievole, eliso solo in parte dalla comune appartenenza europea, del resto ancora recente, si può trarne le conclusioni affermando che, al pari di tanti altri, soffre di un permanente limite di libertà, con particolare riguardo a quella che, secondo talune motivate valutazioni, è fra tutte la più grave, cioè la libertà «dalle» forze del male, contro le quali è legittimo e cristianamente doveroso continuare a battersi con un riferimento valido dovunque, nel ricordo delle alte parole di Monsignor Antonio Santin, l’eroico Vescovo di Trieste e Capodistria battuto a sangue dagli Slavi: «Non sono eterne le vie dell’iniquità». Ecco una profezia che dopo un ottantennio di attesa comincia a diventare meno utopistica rispetto a ciò che apparve inizialmente, e di quanto avrebbe continuato ad apparire per una lunga serie di decenni: se non altro, l’iniquità, anche se rimane ben palese sulla carta geografica e nella memoria storica attualizzata, ha finito per manifestare il suo vero volto e per testimoniare a chi ne appartengano le matrici, con annesse colpe e responsabilità oggettive.

Da questo punto di vista il «Giorno del Ricordo» celebrato a Basovizza il 10 febbraio 2024 nel XX anniversario della Legge istitutiva, col pertinente ed esauriente intervento del Capo del Governo Italiano, Giorgia Meloni, ha puntualizzato la «realtà effettuale» alla maniera di Machiavelli, mettendo in luce la realtà storica, dopo tanti silenzi infarciti di qualche pervicace negazionismo, e proponendo alla comune attenzione i valori di un «ethos» lontano anni-luce da interpretazioni avversative o dubitative non ancora totalmente esorcizzate. Se non altro, è stato un ossequio alla verità dopo un’attesa troppo lunga, con un chiaro riconoscimento dei diritti, se non altro morali, appartenenti al mondo esule, e quindi all’Italia.

(maggio 2024)

Tag: Carlo Cesare Montani, Benedetto Croce, Maresciallo Tito, Giuseppe Giusti, Publio Cornelio Tacito, Monsignor Antonio Santin, Giorgia Meloni, Nicolò Machiavelli, Europa Orientale, Trieste, Istria, Fiume, Dalmazia, Lubiana, Belgrado, Londra, Jugoslavia, Germania, Italia, Ungheria, (maggio 2024)Bulgaria, Slovenia, Capodistria, Seconda Guerra Mondiale, Risorgimento, Governo Militare Alleato, Diritti Umani, «Sentinelle» cattoliche, Categorie dello Spirito, Giorno del Ricordo, Governo Italiano.