25 Aprile: 80° anniversario
Riflessioni e auspici

Nell’anno di grazia 2025, non a caso Santo per la Chiesa di Roma, le celebrazioni del 25 aprile si sono svolte con rinnovata visibilità, se non anche con enfasi, grazie alla coincidenza con l’ottantennio trascorso dalla conclamata «liberazione». Gli stessi interventi istituzionali sono stati più importanti del solito, coinvolgendo, oltre alla Presidenza della Repubblica nella persona di Sergio Mattarella, anche le forze politiche che in altre occasioni si erano astenute da partecipazioni attive alle cerimonie ufficiali, perché consapevoli del loro significato in termini storici e attuali, difforme dai tradizionali atteggiamenti della classe politica, con riguardo prioritario a quello di «Fratelli d’Italia», pervenuto – ormai da un triennio – a esprimere la maggioranza relativa del corpo elettorale, pari a circa un terzo dei voti.

Si sono udite, nell’occasione, talune voci poco conformiste, se non anche singolari, secondo cui l’Italia sarebbe stata «liberata» dagli eserciti anglo-americani e non dalla rivolta partigiana e popolare, il cui contributo vi è definito sostanzialmente collaterale. Del resto, nell’ambito delle forze più vicine alla Resistenza, qualcuno ha confermato la versione ormai consolidata di Luciano Violante, secondo cui bisogna dare atto ai combattenti della Repubblica Sociale Italiana di essersi battuti non senza manifestazioni di «eroismo» ma nello stesso tempo, affermando che la vittoria arrise «fortunatamente» alla «democrazia» e che la differenza di valori tra le forze in campo era tale e tanta da rendere opinabile ogni manifestazione in contrasto rilevante con il cosiddetto «pensiero unico».

Sono esempi tratti da un coro multiforme ma sostanzialmente monocorde. Da un lato, sorprende che non pochi esponenti del Centro-Destra governativo conferiscano – con tutti gli onori – il merito prioritario della «liberazione» a chi, come gli Alleati, seppe macchiarsi anche in Italia di non pochi illeciti, o meglio di delitti quali il bombardamento dei luoghi di culto o delle scuole, la fucilazione immotivata di prigionieri, o la licenza di stupro concessa ai Marocchini del Generale Juin che ebbero mano libera per diversi giorni nel perseguimento dei loro turpi disegni.

D’altra parte, è vero che i partigiani, con azioni spesso peggiori, non furono da meno, in specie dopo la fine della guerra (basti pensare al martirio indiscriminato delle Ausiliarie la cui maggioranza assoluta organizzata nel Servizio Ausiliario Femminile non aveva sparato nemmeno un colpo). In effetti, è altrettanto vero che costoro non portavano la divisa, non facevano parte di unità combattenti riconosciute, e che come tali non erano tenuti a osservare le norme internazionali belliche, senza dire che nella maggioranza dei casi non furono chiamati a rispondere dei loro atti nemmeno davanti alla giustizia delle cosiddette Corti «Straordinarie».

In tale ottica, le discriminazioni che continuano a sussistere dopo un ottantennio assumono un carattere che è lecito definire antistorico e anacronistico. C’è di più: se la lotta di «liberazione» avesse avuto davvero lo scopo di assicurare diritti universali come quelli di espressione, di opinione e di stampa, non avrebbe potuto né dovuto perseguire, se non altro ad avallo della sua presunta superiorità etica, una «conventio ad excludendum» come quelle praticate indiscriminatamente dopo il 25 aprile, quando la pace doveva trionfare, ed evidenziare la sua palese superiorità morale nei confronti del precedente, tristissimo periodo bellico quinquennale.

Si potrebbe continuare con altri esempi ma non è questo il punto. Ciò che preme porre in evidenza, invece, è la permanenza di un paralogismo secondo cui tutto il male sarebbe stato da una sola parte, fino a poterlo definire «assoluto» come nel singolare assunto di Gianfranco Fini, vecchio leader della nuova Destra. Ne consegue la cristallizzazione di una «conflittualità ideologica» che contraddice i conclamati auspici di memorie condivise e pacificate, e quel che è peggio, rischia di relegare la «sacralità» resistenziale all’interno di «steccati» pervicacemente e fortemente pregiudiziali, e alla fine, di un’oleografia per parecchi aspetti non dissimile da quella del Risorgimento o di altre glorie italiane, vere o presunte.

A quanto sembra, sono tuttora lontani i tempi in cui la celebrazione del 25 aprile, figlio dell’8 settembre e dei disastri che gli vennero dietro, possa essere compresa e accettata pienamente da tutti secondo un vecchio auspicio del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, tanto più ragguardevole vista la sua provenienza comunista. Perché ciò avvenga, occorrerebbe rimuovere ogni residua ingiustizia prima che sia troppo tardi: per dirne una, iniziando da quella che ha continuato a precludere la piena equiparazione di tutti gli ex combattenti dell’una e dell’altra parte, per lo meno a fini di trattamento economico, e persino di onorificenze per atti di valore a vantaggio altrui, come è accaduto per le Ausiliarie cui furono revocate le Medaglie al Valore concesse con sacrificio della vita per gli aiuti prestati al prossimo durante le offensive degli Alleati.

Non è forse vero che a Santa Cruz del Valle de los Caidos i caduti della guerra di Spagna, pur sanguinosa e crudele, siano stati accomunati in un solo santuario all’insegna di una «pietas» che trascende ogni polemica strumentale? È mai possibile che questo esempio non certo unico nella storia (basti pensare all’Iliade, alle onoranze per le vittime americane della Guerra di Secessione, a quelle per i caduti di Alsazia e Lorena, e via dicendo) sia disatteso soltanto in Italia? È mai possibile che il 25 aprile debba essere una festa imposta per decreto mentre il 4 novembre, ricorrenza della Vittoria, è stato pressoché cancellato dalla memoria storica ufficiale?

Un’autentica cooperazione fondata sul riconoscimento storico degli ideali e dei valori deve essere auspicata, perché promotrice di effetti positivi, anzitutto sul piano etico, e quindi su quello socio-politico: un obiettivo da perseguire sempre con priorità, a più forte ragione nell’odierno momento davvero critico, e certamente difficile, tenuto conto dei conflitti che continuano a imperversare nel mondo.

(agosto 2025)

Tag: Carlo Cesare Montani, 25 Aprile, Sergio Mattarella, Luciano Violante, Generale Alphonse Juin, Gianfranco Fini, Giorgio Napolitano, Spagna, Alsazia, Lorena, Santa Cruz del Valle de los Caidos, Chiesa di Roma, Anno Santo, Fratelli d’Italia, Resistenza, Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, Pensiero unico, Servizio Ausiliario Femminile, Corti Straordinarie, Conventio ad excludendum, Male Assoluto, Nuova Destra, Risorgimento, Ex Combattenti, Medaglie al Valore, Guerra di secessione, Vittoria italiana del 4 Novembre 1918.