Roland Garros
Un grande pilota di aerei da caccia
Quando si sente parlare di Roland Garros, immediatamente il pensiero va al Grande Slam, cioè al torneo di tennis a lui intitolato, che ogni anno è organizzato a Parigi; per coloro che non si intendono di quel gioco, il nome apparterrebbe a un grande tennista. E invece non è così, perché Roland Garros, pur essendo un amatore di quello sport e praticandolo, era un grande appassionato per l’aviazione, diventando un grande pilota che si fece onore durante la Prima Guerra Mondiale quale protagonista di imprese memorabili. Suo fu il primato mondiale per aver raggiunto con l’aereo, nel 1911, la quota di 3.910 metri.
Eugène Adrien Roland Georges Garros nacque l’8 ottobre 1888 a Saint Denis e fin da giovane, come anticipato più sopra, era entusiasta per il nuovo mezzo aereo, tanto che non gli sfuggiva l’occasione per partecipare a tutte le manifestazioni in cui gli aerei erano gli attori principali. Vinse molte gare come, per esempio, il volo da Parigi a Madrid del 1911.
E giorno per giorno diventava sempre più esperto nel pilotare i mezzi volanti, con la preferenza per i monoplani sui biplani, anche se questi erano prediletti dalla maggioranza dei piloti, perché più sicuri. E ciò a tal punto che, nel 1913, fece per primo in solitaria la traversata del Mare Mediterraneo dalla località francese del Frejus a Biserta in Tunisia, facendolo considerare un pioniere del volo a motore. Questa impresa lo rese famoso in Francia e quando scoppiò la Prima Guerra Mondiale nel 1914, non esitò ad arruolarsi immediatamente nell’aviazione, naturalmente come volontario. Ben presto si rivelò un abile pilota, capace di imprese eccezionali, tanto da farlo ritenere un vero e proprio eroe.
Allora, gli aerei erano ancora troppo leggeri per potervi montare delle pesanti mitragliatrici e non venivano utilizzati in attacchi contro il nemico, bensì servivano solamente per ricognizione, e i piloti avevano come unica arma di difesa od offesa la pistola: onestamente, non molto, anche se, in presenza di un eventuale copilota, questi era armato di fucile.
Quando cominciarono a uscire aerei più robusti, si pensò di installarvi sopra una mitragliatrice, posta sul davanti immediatamente dietro l’elica del motore, con il rischio che le pallottole sparate dall’arma potessero spezzare rovinosamente le pale. E a questo proposito, proprio Roland e l’ingegnere Raymond Saulnier riuscirono nella realizzazione di un sistema che consentiva di far passare le pallottole della mitragliatrice fra le pale dell’elica senza interferire con il loro moto. Questa soluzione era di grande vantaggio per gli aerei francesi quando si trovavano di fronte quelli tedeschi.
Poi, successe il guaio: infatti, questo avvenne quando, il 18 aprile 1918, durante un’operazione di attacco sopra il territorio nemico, l’aereo di Roland fu colpito al serbatoio dalla contraerea nemica; egli riuscì a raggiungere il suolo in modo non troppo disastroso, tanto da non farsi nessun male, ma fu catturato prima che avesse il tempo di distruggere con il fuoco il relitto del suo velivolo, che fu portato in un capannone, dove l’ingegnere olandese Anthony Fokker ebbe sotto mano il sistema di cui si è detto. Questa favorevole evenienza non solo diede a quest’ultimo il modo per pareggiare le possibilità di vittoria dei piloti tedeschi su quelli francesi, ma addirittura di superarla con le migliorie e le innovazioni aggiunte, facendo diventare i caccia tedeschi, a loro volta, un incubo per gli avversari.
Roland fu inoltrato nel campo di concentramento di Magdeburgo in Germania, dove rimase per tre anni, finché non gli riuscì di fuggire insieme con un altro pilota, Anselme Marchal. Fu una fuga rocambolesca, perché con l’inganno riuscirono a impadronirsi delle divise di due guardie e, sfacciatamente, fu loro facile confondersi con gli altri militari. Attraversata la Germania, si imbarcarono per Londra e successivamente raggiunsero Parigi, dove furono accolti come due grandi eroi.
Roland tornò a combattere fra le forze aeree del suo Paese, finché il 5 ottobre 1918 si scontrò con un Fokker D VII, pilotato forse dall’asso dell’aria tedesco Herman Habich e il risultato dello scontro, avvenuto sopra le Ardenne, fu che l’aereo di Roland fu abbattuto e cadde dietro le linee nemiche, mentre lui rimase ucciso.
Il giornale «ABC» rese noto il suo abbattimento con le seguenti parole: «L’agenzia Wolf riporta che l’aviatore francese Roland Garros, ferito a morte, è caduto tra le linee tedesche il 5 ottobre».
Peccato che un giovane come lui, non ancora trentenne (come del resto è capitato a tantissimi altri giovani), abbia perso la vita a poco più di un mese della fine della guerra.
Ma com’è successo che a uno dei campi da tennis fra i più famosi di tutto il mondo sia stato dato il nome di un pilota di aerei che si è fatto onore nei cieli durante la Prima Guerra Mondiale e per il quale quello sport era un passatempo? La risposa è semplice. Nel 1927, cioè a nove anni dalla fine del conflitto, i tennisti Jean Borotra, Jacques Brugnon, Herni Cochet e René Lacoste, vinsero la Coppa Davis sul suolo nordamericano proprio contro gli Stati Uniti. Ci furono diverse proposte puntate alla costruzione di un prestigioso campo da tennis a Parigi, degno di ospitare la finale della Coppa Davis dell’anno successivo e fra queste ebbe successo quella dell’ex giocatore di rugby Émile Lesieur, amico di Roland Garros, entrato nella storia dello sport per essere stato l’autore della prima meta nel torneo delle Cinque Nazioni, che richiese che il nuovo stadio, con la capienza di 10.000 spettatori, fosse dedicato a Garros.
Così, il nome di un pilota da caccia, forse uno dei migliori del mondo, fu attribuito al nuovo centro sportivo. Quell’anno, la squadra francese vinse ancora con un doppio. Così, la Francia ebbe quella vittoria e, in più, uno dei più famosi impianti sportivi, vale a dire l’Open di Francia.