La persecuzione dei Cristiani nelle terre
islamiche tra passato e presente
Raffronto tra le oppressioni subite dai
credenti in Cristo negli Stati Musulmani nei secoli
precedenti con la situazione attuale
Nei manuali scolastici quando si parla del periodo islamico dell’età medievale viene molto sottolineata la sua tolleranza verso le minoranze religiose; mentre oggi, paradossalmente, sono frequenti le notizie di persecuzioni dei Cristiani in Paesi Musulmani. Che cosa è cambiato da allora a oggi? La risposta si trova nella concezione occidentale della libertà religiosa.
In epoca medievale, il concetto di laicità era sconosciuto pressoché in tutto il mondo, ed era comunemente accettato che il potere religioso fosse intrinsecamente legato a quello politico. Non stupisce perciò che in Europa vi siano stati numerosi episodi di intolleranza religiosa: basta pensare alle conversioni forzate che Carlo Magno impose ai Sassoni, alla riduzione in schiavitù dei Musulmani di Lucera o all’istituzione di ghetti nei confronti degli Ebrei. Solo a seguito dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese si fece lentamente largo in Occidente il concetto di separazione tra Stato e Chiesa, e attualmente in Europa non vi sono generalmente discriminazioni a livello religioso.
Il mondo musulmano venne invece toccato in minima parte dalla Rivoluzione, e ancora oggi molti Stati Islamici presentano nella loro legislazione forti elementi religiosi, e quindi discriminazioni verso chi professa una fede non islamica. Secondo questa logica, i Cristiani possono professare il loro culto poiché – secondo la concezione musulmana – essi possiedono una parte della rivelazione divina, ma la loro è comunque una religione sbagliata, e quindi si deve rimarcare la loro inferiorità anche a livello giuridico-sociale. Confrontata alla situazione delle minoranze religiose residenti nei territori cristiani nell’epoca medievale, la situazione dei «dhimmi» residenti in terre musulmane risultava certamente più agevole. Non va tuttavia dimenticato che, nel corso dei secoli, i Cristiani sotto i domini islamici ebbero a subire discriminazioni e persecuzioni, in modo simile a quello che avviene ancora oggi in diverse parti del mondo.
A esempio, in tempi recenti, eco internazionale aveva suscitato la vicenda della Cristiana Pakistana Asia Bibi: accusata di aver insultato Maometto da un gruppo di donne musulmane con cui aveva avuto un alterco, la donna venne condannata a morte senza prove, e fu rilasciata dopo molti anni di prigionia a seguito delle pressioni internazionali. In Pakistan, la legge sulla blasfemia punisce con il carcere o la morte chiunque offenda il Corano o il Profeta dell’Islam, ma spesso le accuse di blasfemia risultano pretestuose e motivate in realtà da interessi personali. Episodi simili avvenivano anche in passato: a Palermo, alla fine del X secolo, un medico di Corte cristiano venne denunciato da un ufficiale musulmano, invidioso del prestigio del dottore, con la falsa accusa di blasfemia verso Maometto. Dopo la mancata condanna, l’ufficiale fece sobillare un gruppo di Musulmani che linciò il medico.[1]
Un altro caso che suscitò una vasta eco internazionale fu quello della Sudanese Meriam Ishag Ibrahim, condannata a morte per apostasia. La donna, in realtà, era stata educata fin da piccola come Cristiana dalla madre, ma secondo la legge sudanese Meriam avrebbe dovuto seguire la religione del padre musulmano (anche se era stato assente fin dalla sua gioventù). Come nel caso di Asia, Meriam riuscì a salvarsi e a lasciare il Paese grazie alle proteste internazionali; e anche in questo caso vi sono precedenti storici: la martire Floria di Cordova rifiutò l’offerta di convertirsi all’Islam per aver salva la vita, spiegando che le uniche convinzioni religiose che avesse mai avuto erano cristiane; giustificazione che però non venne accettata perché secondo la legge della Spagna Musulmana la donna avrebbe dovuto professare la religione del padre di fede islamica.
Un’altra persona che rischiò di essere condannata a morte per apostasia fu l’Afghano Sayed Mussa, rinchiuso per mesi in prigione per essersi convertito al Cristianesimo (quando i talebani non avevano ancora ripreso il potere!). L’abbandono dell’Islam è considerato secondo la Sharia un reato punibile con la pena capitale, e si hanno notizie nel corso dei secoli di parecchi Cristiani uccisi per aver abiurato la religione islamica: a esempio, storici arabi riferiscono dell’uccisione, a Baghdad, nell’857 di un profumiere fatto uccidere dal Califfo al-Mutawakkil perché, convertitosi all’Islam, aveva deciso di ritornare al Cristianesimo.[2]
In Italia famosa è stata la campagna per la liberazione dello studente egiziano Patrick Zaki, processato per «diffusione di notizie false» e «incitamento alle proteste». Tra i motivi dell’arresto vi erano anche le denunce fatte su Facebook della persecuzione a cui erano sottoposti i copti in Egitto, come il rifiuto delle loro testimonianze in tribunale. Tale concezione trova eco nella credenza che un «infedele», essendo per principio iniquo, non possa essere attendibile. Questo sistema, come ovvio, diede luogo a grandi ingiustizie e arbitrarietà: ad Aleppo, nel Settecento, un Musulmano che uccise un Cristiano dopo una lite non fu nemmeno processato poiché i testimoni dell’omicidio non erano islamici.[3]
Nei territori iracheni e siriani governati dall’Isis ha fatto scalpore la notizia dell’istituzione della Jizya. Questa tassa è stata imposta per secoli ai dhimmi come condizione obbligatoria per poter praticare la propria religione. Dato tuttavia che i non musulmani pagavano imposte più onerose rispetto agli abitanti di fede islamica, molti Cristiani finirono per convertirsi per sfuggire a questo fardello. Vi furono anche frequenti rivolte contro le pesanti tasse gravanti sui Cristiani, come avvenne in Egitto nell’VIII secolo.[4]
In Turchia, sebbene lo Stato sia ufficialmente laico, si è assistito negli scorsi anni ad aggressioni contro esponenti cristiani oltre a preclusioni sociali, come discriminazioni nell’assunzione di impiegati statali. Tale pratica in Turchia ha forse ragioni più nazionaliste che religiose, ma secondo la Sharia un Cristiano non può aspirare a importanti incarichi pubblici che lo mettano in posizione di superiorità rispetto a un Musulmano. Tuttavia, bisogna rilevare che vi sono state parecchie eccezioni nel corso della Storia poiché ai Governanti Musulmani occorrevano le conoscenze e le abilità dei dhimmi. Ciò però provocava spesso insurrezioni popolari volte a rimettere gli infedeli al loro posto: in Egitto, nel XIV secolo, vi furono molte violenze anticristiane causate dalla straordinaria ricchezza dei burocrati copti del Sultano.[5]
In Algeria le minoranze religiose cristiane sono scoraggiate dal fare opera missionaria. Fare proselitismo tra i Musulmani è stato infatti considerato per lungo tempo un reato che poteva essere passibile della prigione, o anche della morte. Famoso è l’episodio dell’incontro tra San Francesco e il Sultano al-Malik al-Kamil, tanto da essere additato come simbolo del dialogo tra le religioni. Ciò che si dimentica, tuttavia, è che ciò rappresenta solo un’eccezione, e altri monaci non ebbero lo stesso trattamento di riguardo: una decina di Francescani trovarono il martirio in Oriente, tra il 1265 e il 1269, per aver cercato di fare proselitismo tra i Musulmani.[6]
L’Arabia Saudita è tra gli Stati più repressivi in fatto di libertà religiosa, al punto che possedere una Bibbia o indossare un crocifisso viene considerato reato. Ciò in base alla concezione che nella penisola non possono esistere religioni al di fuori dell’Islam. In base a questo principio, il Califfo Omar fece espellere dall’Arabia Saudita nel 642 i Cristiani di Najran e gli Ebrei dell’oasi di Khaybar.[7]
In Somalia, i miliziani di al-Shabaab sono stati protagonisti di diversi attacchi contro i Cristiani: nel novembre del 2014, a Mandera, un gruppo di terroristi fermò un pullman e, dopo aver separato i Cristiani dai Musulmani, uccise gli «infedeli» (nel massacro morirono anche Musulmani che tentarono di difendere i Cristiani). Sebbene in teoria i Cristiani dovessero essere tollerati, non era raro che gruppi di fanatici si abbandonassero a saccheggi e violenze, come nel 1317 nella città di Âmid che fu teatro di un attacco anticristiano durante il quale le chiese vennero distrutte, i maschi adulti uccisi, e migliaia di donne e bambini venduti come schiavi.[8]
In Iran, la piccola comunità cristiana dispone di scuole e luoghi di culto, ma non può testimoniare la sua fede al di fuori della comunità. La tolleranza religiosa per i dhimmi si poteva esprimere infatti solamente in forma privata e senza ostentazioni. La violazione di questa regola poteva portare a pesanti sanzioni: a Sofia, nel Seicento, un gruppo di Cristiani che aveva pregato a voce alta venne costretto a vendere la propria casa.[9]
In Nigeria, dopo che 12 Stati della Federazione adottarono la Sharia nel loro codice penale, si è assistito a gravi atti di intolleranza contro i Cristiani; inoltre gruppi di jhadisti come Boko Haram si sono resi responsabili di vari crimini comprendenti attentati, rapimenti di donne e conversioni forzate all’Islam. In teoria, le conversioni forzate sono proibite dal Corano, ma non è raro che questa regola sia stata infranta nel corso dei secoli: a esempio, a Tunisi, nel 1159, gli Ebrei e i Cristiani dovettero scegliere tra la conversione o la morte; una parte si fece musulmana, gli altri vennero invece giustiziati.[10]
In Indonesia le richieste dei Cristiani di ottenere l’autorizzazione per costruire nuovi edifici di culto cadono spesso nel vuoto. La costruzione di nuove chiese, sinagoghe o monasteri in territori musulmani era proibita, ed era solamente consentito riparare i vecchi edifici già presenti prima della conquista islamica, a patto che non fossero ingranditi o modificati. Per ragioni politiche, questa norma non fu sempre attuata, ma vi fu anche chi l’attuò severamente come il Califfo al-Walīd (705-715) che ordinò la demolizione dei luoghi di culto eretti dopo la conquista.[11]
In definitiva, si può dunque affermare che le persecuzioni contro i Cristiani in terra islamica non sono una novità recente, e non sono causate dalla politica occidentale o dalle guerre compiute dagli USA. Esse si collocano invece in linea con quanto già accadeva negli Imperi Musulmani dei secoli passati e sono dovute al rifiuto di trattare alla pari tutti i cittadini di fronte alla legge, indipendentemente dalla loro fede religiosa. Tuttavia, non si vuole qui sostenere che l’Islam sia incompatibile con la democrazia e i diritti umani. Non si può dimenticare, del resto, che anche il Cristianesimo ebbe le sue pagine buie al punto che fino al 1870, ovvero fino alla conquista piemontese, nella Roma Papale gli Ebrei erano relegati nei ghetti; e solo durante il Concilio Vaticano II la Chiesa Cattolica ribadì il diritto alla libertà di coscienza. Né si può poi ignorare che vi sono Paesi Islamici in cui Cristiani e Musulmani convivono pacificamente, come in Senegal.
L’intolleranza religiosa di certi Paesi dipende quindi esclusivamente da motivazioni storico-politiche, e si auspica quindi che un giorno possa essere applicato in tutti gli Stati l’articolo 18 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel 1948, la quale afferma: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti».
1 Confronta Luigi Andrea Berto, Sudditi di un altro Dio. Cristiani sotto la Mezzaluna, Musulmani sotto la Croce, Salerno Editrice, Roma 2022, pagina 156.
2 Confronta Camille Eid, A morte in nome di Allah. I martiri cristiani dalle origini dell’Islam ad oggi, Piemme 2004, pagina 53.
3 Sudditi di un altro Dio, pagina 17.
4 Confronta Jules Leroy, Le Chiese Orientali non ortodosse, in Henri-Charles Puech, Storia del Cristianesimo, Mondadori, 1992, pagina 358.
5 Confronta Rodney Stark, Il trionfo del Cristianesimo. Come la religione di Gesù ha cambiato la storia dell’uomo ed è diventata la più diffusa al mondo, Lindau, pagina 276.
6 Confronta Jean Flori, Le Crociate, Bologna 2003, pagina 113.
7 A morte in nome di Allah, pagine 25-26.
8 Il trionfo del Cristianesimo, pagina 278.
9 Sudditi di un altro Dio, pagina 17.
10 Confronta Bat Ye’Or, Il declino della Cristianità sotto l’Islam. Dalla Jhad alla dhimmitudine, Lindau, Torino, pagina 110.
11 Il declino della Cristianità sotto l’Islam, pagine 103-104.