La nuova capitale dell’Egitto
Megalomania e miseria a confronto
Un fatto che, forse, è noto a una percentuale limitata di persone, riguarda la costruzione di una nuova città in Egitto, futura capitale, alla quale non è stato ancora attribuito un nome: oggi è semplicemente definita Nuova Capitale Amministrativa (New Administrative Capital – NAC). La si sta costruendo in una zona relativamente piatta del deserto, nel Governatorato del Cairo, fra il Fiume Nilo e il Canale di Suez, circa a metà strada rispetto al porto di Suez, a una quarantina di chilometri dal Cairo. È destinata a sostituire come capitale l’antico Cairo, accogliendo nel suo grembo oltre sei milioni di Egiziani.
La decisione di costruire un’altra capitale non è altro che l’ultima fase del maxi piano regolatore, risalente al 1974, dovuto ai Governanti del Paese, dopo aver conseguito, finalmente, la loro indipendenza dal dominio inglese. E lo scopo era chiaro: era necessario ridurre la pressione dovuta alla grande popolazione sui terreni fertili dell’Egitto, che sono solo quelli che fiancheggiano le sponde del corso del Nilo; infatti, questi formano un’oasi – si fa per dire – lunga sugli 850 chilometri e della larghezza da 1 a 6 chilometri, che, in effetti, rappresentano una striscia di terreno abbastanza ridotta. Il progetto prevedeva la realizzazione di 18 nuove città poste da un lato e dall’altro del Nilo; fra queste figurano la «Città del decimo Ramadan» e la «Città del 6 ottobre», per citarne un paio. Fino al 2000, sono stati portati a termine i progetti di 22 città, soprattutto durante i Governi di Anwar Sadat e Hosni Mubarak. A questo proposito si può ricordare la città «Sadat City», così chiamata in onore del Presidente Anwar Sadat. È situata a quasi 100 chilometri a Nord-Ovest del Cairo. Divenne una città industriale di prim’ordine, circondata da una verde barriera vegetale di 350 chilometri, che le ha fatto guadagnare la qualifica di «rispettosa per l’ambiente». L’intenzione era quella che il nuovo insediamento fosse tale da raggiungere il livello delle città migliori del Paese (il Cairo e Alessandria, per esempio), ma in quel senso il risultato si è dimostrato abbastanza deludente. Se si vuole, si è trattato di un quasi fallimento, se ci si riferisce al fatto che, contrariamente alle previsioni, non attirò il numero di abitanti che era stato previsto: infatti, attualmente gli abitanti sono attorno ai 150.000 e non di più. Ed è questa la ragione per la quale non tutti coloro ai quali era stato chiesto il parere sulla fondazione di una nuova megalopoli siano stati favorevoli alla «faraonica opera» – come da loro definita – ancora in atto. Molti analisti hanno espresso il loro parere negativo sull’opera, i cui costi sono previsti fra i 45 e i 58 miliardi di dollari, facendo riferimento alla situazione in cui tirano avanti le classi più povere e medie della popolazione colpite da nuove tasse, dall’inflazione (dal 2011 dal 10 al 23%), dai rincari luce, gas, petrolio e dall’annullamento dei contributi governativi sull’energia.
Ma perché si è giunti a questa epocale decisione? È stato l’esame approfondito della situazione in cui versano il Cairo e la valle e il delta del Nilo a far intendere che così non poteva continuare. La situazione è abbastanza critica, con la ventina di milioni di abitanti che circolano nelle vie del Cairo e la circa ottantina di milioni di Egiziani distribuita lungo le sponde dell’area coltivabile, che costituisce appena l’8% del territorio nazionale. Con la crescita della popolazione, prevista attorno ai 150 milioni di abitanti entro una trentina di anni, il Presidente Abdel-Fattah Al Sisi ritiene che la costruzione della megalopoli potrà rappresentare un importante sfogo per decongestionare il Cairo, considerato, oggi, una delle città maggiormente popolate e frequentate del mondo intero. Ma pure non è politicamente male un interessante avvicinamento al Canale di Suez e alla penisola del Sinai, per meglio controllare il primo e per tenere d’occhio l’altra, ritenendola abbastanza instabile.
Il Cairo è in incessante, irrefrenabile espansione, ormai incontrollabile, soprattutto nei sobborghi, essendo diventato meta di tante persone che lì trovano lavoro; a dimostrazione di ciò, attualmente – come ricordato più sopra – è sede di quasi una ventina di milioni di abitanti. Ultimamente, la media e l’alta borghesia della capitale si sono allontanate dal centro città per starsene tranquille nei sobborghi, occupando grattacieli e residenze protette da recinti, servendosi di centri commerciali e di tutto quanto è impregnato di lusso.
Così, la capitale attuale si trova sempre in maggiori difficoltà, non avendo le infrastrutture necessarie per assorbire l’aumento della popolazione proveniente da fuori, per cui si rende necessario alleggerirne la presenza con il trasferimento di una buona parte dei Cairoti e dei servizi in altra sede: nella nuova capitale, appunto.
Del resto, in diversi Stati le vecchie capitali sono state sostituite da nuove modernissime: esempi sono Brasilia, che ha sostituito Rio de Janeiro in Brasile, Abuja che ha preso il posto di Lagos in Nigeria e Naypyidaw che ha soppiantato Yangon in Myanmar. Secondo le notizie che si hanno a disposizione, pare, però, che queste città non siano mai completamente decollate come si era sperato.
Comunque, il Presidente Al-Sisi, eletto per la seconda volta, desideroso di far riprendere all’Egitto la sua posizione all’avanguardia fra gli Stati Arabi, e ispirato da Dubai, è andato avanti per la sua strada e ha deciso che la nuova capitale sarebbe diventata una realtà.
E il suo pensiero non fa una grinza, convinto com’è che la nuova capitale farà da calamita per nuovi e sostanziosi investimenti dall’estero e per invogliare le aziende a stabilirsi in Egitto, facendolo emergere fra i Paesi del Golfo.
Del resto, egli non era nuovo nell’esecuzione di grandi lavori, fra cui l’allargamento del Canale di Suez, la sistemazione di molte strade, il miglioramento delle autostrade con la realizzazione dei necessari allargamenti, con la costruzione dei collegamenti con le località meno accessibili. Fra l’altro, un’opera veramente interessante è stata la realizzazione del parco di energia solare nelle vicinanze di Assuan, ritenuto il più grande del mondo.
L’annuncio della nuova costruzione del 2015 fu seguita dall’inizio dei lavori nell’anno successivo. Attualmente, i lavori procedono a pieno ritmo, tanto che fra non molto si vedranno i risultati della prima parte del progetto.
Che la nuova capitale sarà «faraonica», stando al progetto, di cui di seguito si sintetizzano i punti più salienti, non ci sono dubbi.
Il tutto è puntato sulla speranza del Governo che la nuova capitale possa dare un impulso all’economia abbastanza malmessa del Paese attraverso capitali stranieri derivanti da turismo, logicamente di lusso, giochi d’azzardo e tutto quanto può offrire moneta pregiata.
L’area territoriale interessata sarà di circa 720 chilometri quadrati in grado di accogliere sei milioni e più di abitanti e le strade avranno uno sviluppo totale di 10.000 chilometri. I distretti previsti sono 21 residenziali e 25 «dedicati» (l’attributo non è stato chiarito). Le strutture architettoniche, dovute alla matita degli Statunitensi Skidmore, Owings e Merrill, è stabilito che siano lussuose, ispirate all’antico Egitto: 20 e più grattacieli, di cui uno alto sui 400 metri, paragonabile alla Tour Eiffel e al Monumento di Washington, formeranno il quartiere affari. Ci sarà la costruzione di 663 ospedali e cliniche, mentre vedranno la luce 1.250 fra moschee, di cui una con minareti alti 140 metri, e chiese. Ci saranno un vastissimo parco, grande il doppio del Central Park di New York, un parco a tema grande quattro volte quello di Disneyland, 90 chilometri quadrati di pannelli solari, un centro commerciale fuori dalle norme, 2.000 istituti scolastici, 40.000 camere d’albergo, teatri, cinematografi e sarà scavato un fiume artificiale. Una ferrovia elettrificata collegherà la nuova capitale al Cairo, mentre un aeroporto internazionale sarà attivato dove ora si trova quello militare di Wadi al Jandali.
E non si deve dimenticare che i Ministeri e il Parlamento, triplicato nei confronti di quello attuale, troveranno asilo in grandi palazzi, mentre a parte sarà costruita la residenza del Presidente e il quartiere diplomatico. Sicuramente ci sarà tanto altro, che ora sfugge. In giro sono previsti segnalatori di fumo o incendi e il traffico sarà «intelligente» (si vedrà cosa si è inteso con questo termine). L’esercito sarà nel centro di controllo e qualche maligno ritiene che sia una manovra per mettere al sicuro il Governo dalla minaccia di sommosse popolari.
I lavori procedono con celerità, ma la data del loro completamento non è stata ancora comunicata, per cui non è noto quando si potrà pensare all’inaugurazione. Si sa che, comunque, molte costruzioni sono state parzialmente completate. I Ministeri sono completati per oltre la metà, per metà è stata approntata la residenza presidenziale, mentre nel frattempo è stata inaugurata la più grande moschea del Paese insieme con la più grande basilica cristiana dell’Egitto, quest’ultima dedicata alla Natività di Cristo. Alle cerimonie di inaugurazione non mancò la presenza del Presidente Al-Sisi, naturalmente con la scorta di varie personalità. Nel progetto era stato stabilito che si sarebbero riservati locali agli Stati Uniti, alla Cina, al Brasile e ad altri Stati ancora, ma pare che le cifre da affrontare abbiano messo in difficoltà vari Paesi, al momento di decidere se mandare o meno il corpo diplomatico, in previsione di costi tanto pepati.
D’altra parte, i costi degli appartamenti sono affrontabili solamente da gente ricca, cioè al di fuori della portata della maggior parte della popolazione, se si considerano gli stipendi medi mensili egiziani di appena 200 o 300 dollari. In effetti, il Paese ha uno stato di povertà elevato, perché è relativo a un 30% dell’intera popolazione che non sa come tirare avanti, giacché vive – o meglio sopravvive – con due dollari al giorno, secondo quanto riportato dalla Banca Mondiale, e un’altra buona fetta lo fa con difficoltà; in definitiva, alla luce dei fatti, si potrebbe arguire che il progetto sia il frutto, più che altro, della megalomania. In effetti, sembra – insisto con «sembra» – di poter arguire che la nuova capitale sia stata pensata per soddisfare le esigenze dei più ricchi, senza attentamente valutare la situazione dei più deboli.
Finora, si è parlato della parte costruttiva del progetto, senza analizzare da dove provengano i fondi per realizzarlo, per cui un’occhiata a questa parte sembra sia necessaria. Stando alle notizie di cui si dispone, sicuramente molto vaghe, se qualcuno riferisce che l’intera opera verrà a costare 21 miliardi di dollari, altri sono dell’avviso che si starà (come è stato anticipato più sopra) tra i 45 e i 58 miliardi di dollari: gli ampi intervalli fra le cifre lasciano un po’ perplessi, nel senso che nella valutazione di un progetto si deve cercare di essere il più vicini possibile alla realtà, con discordanze meno evidenti.
Per cominciare, il Governo Egiziano ha annunciato che la vendita a privati dei terreni e delle aree lasciate libere insieme con i palazzi per il trasferimento dei Ministeri al Cairo, sarà in grado di soddisfare la copertura di tutte le spese: lo afferma il Colonnello Khaled el Husseini dell’agenzia che si interessa dello sviluppo urbano della nuova città.
Risultava che la costruzione della città fosse stata affidata alla Capital City Partners, un’azienda di investitori immobiliari privati con alla testa Mohamed Alabbar, un grande imprenditore degli Emirati Arabi, ma nel 2015 il Governo ha annullato l’incarico e ha avviato le trattative con la China State Construction Engineering Corporation (CSCEC) per valutare il progetto costruttivo e i relativi finanziamenti, e più tardi insieme hanno firmato gli accordi per realizzare parti dell’intero progetto. Infatti, l’11 ottobre 2017, è stata concordata con la stessa la costruzione di un enorme Distretto Centrale di Affari (Central Business District – CBD) del costo di 3 miliardi di dollari, su un’area di mezzo chilometro quadrato, in cui un grattacielo di 245 metri di altezza dominerà il territorio; gli faranno da aureola 12 complessi commerciali, 5 edifici residenziali e 2 hotel. L’accordo, alla presenza del Presidente Egiziano e dell’Ambasciatore Cinese in Egitto Song Aiguo, è stato sottoscritto dal Vicepresidente dell’azienda Zheng Xuexuane e dal Ministro Egiziano Mostafa Madbouly.
La stampa locale ha comunicato che gli impianti per la fornitura dell’acqua e le fognature sono state affidate alla Arab Contractors, compagnia di costruzioni egiziana. Per quanto riguarda la fornitura dell’acqua, molti osservatori sono contrari alla nuova capitale, fra l’altro anche a causa dell’enorme difficoltà nel reperimento della quantità utile, valutata in 950.000 metri cubi al giorno, anche in considerazione del fatto che, con tutte le dighe costruite lungo il corso del Nilo, il volume di acqua verso il Mediterraneo è decisamente calato. Inoltre, l’agricoltura usa l’86% dell’acqua disponibile, ma almeno la metà risulta sprecata, come è stato riconosciuto dallo stesso Governo qualche anno fa.
Comunque, imperterriti i lavori continuano. Il 6 gennaio 2019, il Presidente ha inaugurato la cattedrale copta consacrata alla Natività di Cristo, la più grande dell’Egitto e dei Paesi limitrofi, e una grande moschea, inferiore solamente alla Grande Moschea della Mecca, che si trova in Arabia Saudita. I lavori continuano e una parte dei Ministeri è già stata trasferita nella nuova sede nel 2020. Nel frattempo, la società canadese di costruzioni Bombardier Transportation sta stendendo una monorotaia con 21 stazioni all’interno della nuova capitale e una ferrovia per collegarla al Cairo; secondo il suo Presidente, Danny Di Perna, questa linea sarà in grado di trasportare 45.000 passeggeri l’ora, che è la durata del percorso.
Tornando ai fondi da cui prelevare il denaro occorrente per portare a termine la macro opera, è noto che l’Egitto ha un debito di 12 miliardi di dollari, naturalmente più gli interessi, contratto con il Fondo Monetario Internazionale nel 2016, ancora in atto.
La mancanza di elementi sicuri a proposito dei finanziamenti, delle risorse ottenute sotto forma di prestiti, delle modalità di restituzione e di tutto quanto è legato alla realizzazione di un’opera che, forse definire «faraonica» è ampiamente riduttivo, non offre spazio alla formulazione di un parere positivo o negativo in merito ai possibili risultati. Certo, considerando la situazione abbastanza precaria della maggior parte della popolazione egiziana e le spese incontrate per costruire una città, che per molti non solo è inutile, ma dannosa per l’economia nazionale, è in contrasto con una soluzione ragionevole quale quella di impegnarsi per rendere migliore ciò di cui lo Stato dispone, «in primis» il Cairo, come vorrebbero diversi analisti.
Solamente il futuro, magari non prossimo, sarà in grado di consentirlo. Filosoficamente, si può concludere che «chi vivrà vedrà!»