Israele e l’antisemitismo
Brevi considerazioni sul rapporto tra lo Stato d’Israele e l’odio verso gli Ebrei

L’obiettivo che si proponeva la creazione di uno Stato Ebraico era quello di costruire un focolare sicuro per i Giudei in modo da metterli al riparo dalle persecuzioni avvenute in Europa. Eppure, paradossalmente, con la nascita dello Stato d’Israele si assistette a un’ulteriore diffusione dell’antisemitismo nel mondo.

Occorre chiarire un punto: le critiche contro le politiche dello Stato d’Israele non possono essere catalogate come antisemitismo. I crimini contro i Palestinesi non sono un’invenzione antisemita, ma una realtà storica, e questi si verificarono fin dai primi anni della nascita dello Stato Ebraico: centinaia di migliaia di Palestinesi furono costretti a fuggire dalle loro case perché minacciati dalle truppe israeliane, mentre i Palestinesi rimasti diventarono sì cittadini del nuovo Stato, ma ebbero a subire anche una serie di discriminazioni.[1] Recentemente, crimini di guerra israeliani sono stati commessi durante l’assedio di Gaza a seguito dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, anche se è discutibile parlare di questo come genocidio (sebbene diversi studiosi e anche organizzazioni internazionali come Amnesty International ritengano corretto quest’appellativo).

Tuttavia, è un dato di fatto che spesso l’attacco contro Israele si è tradotto contro un attacco agli Ebrei in generale, e anche questo si verificò fin dalla creazione dello Stato Ebraico. La dimostrazione più evidente riguarda quella dei Paesi Arabi[2]: dopo la guerra arabo-israeliana del 1948, la situazione già dura degli Ebrei residenti in molti Paesi Islamici divenne assai critica; in Egitto, Iraq e Siria furono oggetto di numerosi provvedimenti comprendenti arresti arbitrari, confische di beni e licenziamenti dai posti di lavoro. Vi furono inoltre violenti tumulti antigiudaici in molti Paesi del Medio Oriente e dell’Africa, come a Oujda e Jéradai in Marocco nel giugno del 1948. Le discriminazioni e i pogrom costrinsero parecchi Ebrei alla partenza, e ciò comportò la drastica diminuzione, o persino la scomparsa, delle comunità ebraiche lì residenti da secoli. Inoltre, i Paesi Arabi rimasti senza Ebrei rifiutarono spesso di ammetterne altri, anche come visitatori (vi furono persino casi di diplomatici rifiutati in Arabia Saudita e in Indonesia perché di origine ebraica). Nei decenni successivi, la propaganda antisemita diffusa in precedenza in Europa ebbe una rapida diffusione anche nei Paesi Musulmani: la lettura dei Protocolli dei savi anziani di Sion fu pubblicamente consigliata da vari politici arabi tra cui Re Faisal dell’Arabia Saudita, i Presidenti Egiziani Nasser e Sadat, e il Colonnello Libico Gheddafi. Al clima antisemita non furono estranei neppure i Paesi Musulmani non Arabi; in Iran l’Ayatollah Khomeini ebbe a dichiarare: «Sin dal principio il movimento islamico è stato afflitto dagli Ebrei […]. E tutto ciò è continuato fino a oggi».[3]

Che la lotta contro lo Stato d’Israele sia spesso identificata nella lotta contro gli Ebrei in generale, lo si può notare anche in ambito palestinese: la Carta Costitutiva di Hamas del 1988, oltre a rifiutare il riconoscimento di uno Stato Israeliano in quanto l’intera Palestina veniva considerata una terra sacra islamica da custodire fino al Giorno del Giudizio, conteneva numerose teorie cospirative che vedevano gli Ebrei dietro a vari fenomeni storici come la Rivoluzione Russa e la Seconda Guerra Mondiale.[4] Il massacro del 7 ottobre 2023 (da molti definito un pogrom) ha visto l’uccisione di Israeliani in quanto Ebrei: significativa a proposito è la telefonata di un miliziano di Hamas che prese parte all’eccidio dove si vantava di aver ucciso dieci Ebrei.[5]

Anche in Europa, a seguito dei bombardamenti di Israele su Gaza, si sono registrati un numero sempre più crescente di atti antisemiti comprendenti attacchi a sinagoghe, sfregi a monumenti che commemoravano la Shoah, vandalismi a cimiteri ebraici e vessazioni contro ragazzi ebrei che non nascondevano la loro appartenenza religiosa.[6] Da cosa deriva questo nuovo clima di antisemitismo? È improbabile che ciò dipenda esclusivamente da come Israele tratta i Palestinesi: non si sono registrate ostilità di simili livelli contro altre etnie per quanto riguarda altri contesti bellici (basta pensare alla guerra in Ucraina dove è stato accertato che le truppe russe hanno compiuto uccisioni di civili, stupri di donne e deportazione di bambini)[7], e neppure quando a opprimere i Palestinesi sono stati i Paesi Arabi.[8]

È probabile invece che ciò derivi in buona parte dal tradizionale clima di antisemitismo (spesso ammantato con antisionismo) che imputava agli Ebrei la responsabilità collettiva per le azioni commesse da alcuni: «Se un Cristiano compie una cattiva azione, la responsabilità è soltanto sua; se un Ebreo compie una cattiva azione, la colpa ricade su tutti gli Ebrei» scriveva Anna Frank. Allo stesso modo si può dire che l’attuale antisemitismo imputi agli Ebrei le azioni commesse dallo Stato d’Israele in quanto «Stato degli Ebrei». Ovviamente, è superfluo dire che non tutti gli Ebrei sono Israeliani (anzi, non pochi hanno espresso posizioni profondamente negative verso le politiche di Israele), come non tutti gli Israeliani sono Ebrei, essendo che là vivono anche altre consistenti minoranze.

Purtroppo, attualmente la pace tra Israeliani e Palestinesi sembra ancora un lontano miraggio. Anzi, la situazione attuale ha probabilmente scavato un ulteriore fossato tra le due parti, e ha fatto sorgere timori fondati: da parte palestinese, si teme che i bombardamenti su Gaza portino a una nuova Nakba con l’espulsione di centinaia di migliaia di persone dalla loro terra; mentre, da parte israeliana, il trauma del 7 ottobre e i continui attacchi missilistici dei suoi nemici fanno temere un nuovo Olocausto nel caso dovessero perdere il conflitto. In futuro, per una pace stabile tra i due popoli, non si può prescindere da questi fattori: il ritiro di Israele dai territori occupati nel 1967 e la sua accettazione di uno Stato Palestinese indipendente e sovrano; e dall’altra parte, l’accettazione dei Palestinesi dello Stato d’Israele e del suo diritto a vivere un’esistenza pacifica.


Note

1 Fino al 1966 i Palestinesi cittadini di Israele erano sottoposti a un regime militare ed erano quindi assoggettati a diverse limitazioni, come il divieto di servire nell’esercito (che dava diritto a maggiori benefici), o di potersi spostare liberamente dal proprio villaggio. Dopo la guerra del 1967, saranno i Palestinesi residenti in Gaza e in Cisgiordania a essere sottoposti a giurisdizione militare. Oltre a ciò, si sono registrate anche una serie di disparità in campo amministrativo, come il concedere meno fondi alle municipalità arabe rispetto a quelle ebree. Si veda Arturo Marzano, Questa terra è nostra da sempre. Israele e Palestina, Editori Laterza, Bari-Roma, 2024, pagine 131-151.

2 Occorre sfatare un luogo comune troppo spesso ricorrente: quello di una pacifica coesistenza tra Ebrei e Arabi che venne distrutta con la nascita dello Stato d’Israele. In realtà, i Giudei nei Paesi Arabi vissero per secoli come «dhimmi», sottoposti a diverse discriminazioni e a volte anche a persecuzioni. Anche quando il sistema della «dhimma» venne abolito non cessarono episodi di violenza contro di loro, come nel 1929 a Hebron (Palestina), nel 1934 a Costantina (Algeria), nel 1941 a Baghdad (Iraq), nel 1945 in Tripolitania (Libia) o nel 1947 ad Aleppo (Siria).

3 Confronta Bernard Lewis, Semiti e antisemiti. Le origini dell’odio arabo per gli Ebrei, Rizzoli, Milano, 2003, pagine 213-264.

4 Nel nuovo statuto di Hamas del 2017 tuttavia si affermava che la lotta per la Palestina non riguardava gli Ebrei, ma i sionisti che la occupavano, e chiedeva la creazione di uno Stato Palestinese basato sui confini del 1967. Diversi studiosi considerano tuttavia simili asserzioni come propaganda e dubitano che ci sia stato un reale cambiamento nell’obiettivo perseguito da Hamas di distruggere Israele.

5 Israele, l’audio di un miliziano di Hamas: «Papà, ho ucciso dieci Ebrei con le mie mani!», ANSA, 25 ottobre 2023.

6 Si veda l’articolo di Paolo Mieli, Quegli atti di violenza antisemita, «Corriere della Sera», 26 agosto 2024.

7 Per testimonianza personale, ho trovato su internet non poche persone che mentre definivano Israele genocida, erano al contrario pronte a giustificare Putin e a negare i crimini russi in Ucraina.

8 Basta pensare agli eccidi avvenuti durante il «Settembre Nero» in Giordania o al massacro di Tel-al-Zatar in Libano nel 1976. Il Palestinese Mahmoud Darwish scrisse in una delle sue poesie: «Noi sappiamo in che modo siamo diventati Arabi nelle prigioni israeliane; sappiamo in che modo siamo diventati Palestinesi nelle prigioni arabe…».

(gennaio 2025)

Tag: Mattia Ferrari, antisemitismo, Stato di Israele, Paesi Arabi, Protocolli dei savi anziani di Sion, Egitto, Iraq, Siria, Arabia Saudita, Indonesia, genocidio, pogrom 7 ottobre, Gaza, Hamas, Medio Oriente, Re Faisal, Nasser, Sadat, Gheddafi, Khomeini, Anna Frank, Nakba, Olocausto, Russia, Ucraina, Mahmoud Darwish, Shoah.