Tommaso Moro
Chiesa Cattolica Romana unica e insostituibile

Thomas More (per gli Italiani Tommaso Moro) nacque a Londra il 7 febbraio 1478, figlio del giudice John More, membro dell’Alto Tribunale Giudiziario. È stato un personaggio importante quale umanista e scrittore e pure come politico di fede cattolica, che gli procurò grossi e irreparabili guai. La sua fu una vita importante culturalmente, come umanista e scrittore, e politicamente, come lo dimostrò la sua carica di Lord Cancelliere dell’Inghilterra dal 1529 al 1532 durante il regno di Enrico VIII, alla Corte del quale era giunto nel 1520 e aveva ottenuto la nomina a cavaliere l’anno successivo.

Da ragazzo, fu al servizio del Cardinale John Morton, poi studiò a Oxford in campo umanistico, dove incontrò i più validi esponenti dell’Umanesimo dell’epoca. L’Umanesimo diede un calcio alla cultura medievale, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni. Divenne amico di Erasmo da Rotterdam, che gli dedicò il suo capolavoro Elogio della Follia.

Dal punto di vista religioso, sentiva il desiderio di farsi monaco, ma, dopo essere stato per quattro anni alla Certosa di Londra, decise diversamente, tanto che si sposò con Jane Colt, che gli diede quattro figli. Rimasto vedovo, sposò Alice Middleton, soprattutto affinché ci fosse qualcuno che li curasse.

Scrisse tantissimo e la sua opera più significativa è Utopia, un suo neologismo per descrivere in una parola un mondo ideale presente in un’isola che, purtroppo, non esiste, ma che offrirebbe il massimo che l’uomo possa desiderare: insomma, un po’ ricalcante le orme del «Giardino dell’Eden» (talora definito «Paradiso Terrestre»), un luogo paradisiaco di cui si parla nel libro biblico Genesi. E, con uguale impegno, si dedicò sia alla carriera giuridica sia a quella pubblica.

Si scagliò violentemente contro la Riforma Protestante di Martin Lutero, difendendo a spada tratta la Chiesa Cattolica Romana, tanto da meritarsi il titolo di «Difensore della Fede», attribuitogli dal Papa Leone X. Fu accusato di maltrattamenti fatti contro protestanti: nella sua opera Apologia del 1533, confessò di aver punito i malcapitati, però solamente in due casi; inoltre, altra accusa fu quella di aver tentato di bloccare l’ingresso e la diffusione in Inghilterra degli scritti riguardanti la dottrina di Lutero. E, proprio per contrastare tali possibilità, si accanì contro gli editori che erano disposti a stampare scritti di protestanti e coloro che li acquistavano. D’altra parte, Moro riteneva che i protestanti fossero eretici, per cui meritavano di essere accusati, torturati e, nei casi estremi, condannati al rogo, definito «fuoco purificatore». Durante il suo Cancellierato, i condannati al rogo furono sei.

Come ricordato più sopra, divenne Cancelliere di Inghilterra, nominato da Enrico VIII. Ma, nel 1529, ebbe a ridire sul suo divorzio da Caterina d’Aragona e sul successivo matrimonio con Anna Bolena allo scopo di avere un erede al trono, affermando che solamente il Papa Clemente VII poteva dargli il consenso; questo non avvenne, perché il Papa rispose picche. Questo diniego mandò il Sovrano Inglese su tutte le furie, tanto che provocò il famoso scisma dalla Chiesa Cattolica, con il quale lui divenne il capo della Chiesa Anglicana, che non aveva più nulla in comune con la Chiesa di Roma. Il clero dovette, con giuramento, accettare questo atto di supremazia, secondo il quale l’unico e indiscusso capo della Chiesa era lui, il Re Enrico VIII.

Questo trambusto non fu accolto favorevolmente da tutta la popolazione inglese, e nemmeno molti Paesi Europei concordarono con questo ritenuto colpo di testa, tanto che continuarono a considerare Caterina l’unica e vera Sovrana di quel Paese. Moro, al momento di giurare fedeltà al Re quale capo della Chiesa, quando comunicò la sua intenzione di sposare la Bolena, non lo fece, non accettando tale nuova situazione, perché quella scelta era troppo contraria a quanto era il suo concetto religioso, fedele come era al primato di Clemente VII.

Per tutto ciò, il 16 maggio 1532, si dimise da Cancelliere d’Inghilterra e si ritirò a vita privata a Chelsea, convinto che sarebbe stato dimenticato e lasciato in pace. Ma, reiterando il suo diniego al giuramento nel 1534, perse definitivamente la fiducia che in lui il Re aveva riposto: questi non solo non lo perdonò, ma altresì lo accusò di alto tradimento e lo fece processare.

Durante le fasi processuali, sollecitato a esprimere quanto aveva da dire in sua difesa, ancora una volta non perse l’occasione per pronunciare le sue idee in merito all’indissolubilità del matrimonio e nel ritenere che fosse la Chiesa Cattolica a professare l’unica, vera religione, senza interferenze statali.

Come era da aspettarsi, con tali premesse, non vi erano speranze per un eventuale ripensamento, e Moro fu condannato a morte per decapitazione. In attesa del tragico evento, fu incarcerato nella Torre di Londra.

Il 6 luglio 1535, fu decapitato a Tower Hill e il suo capo fu esposto sulla Torre di Londra, affinché fosse di esempio a coloro che la pensavano diversamente da Enrico VIII e dalla Corte Inglese in merito al nuovo ordinamento religioso. E non si sa per quanto tempo sarebbe rimasto là, soggetto allo scherno di buona parte dei Londinesi, se non ci fosse stato l’intervento della figlia Margaret Roper presso le autorità, che, a seguito del pagamento di un congruo riscatto, le concessero di toglierlo da quel luogo, dove era rimasto esposto per non meno di un mese.

Successivamente, ci furono tanti ripensamenti nei confronti della tragica sorte riservatagli. Infatti, nel 1886, Tommaso Moro fu beatificato da Papa Leone XIII, il 22 gennaio 1935, fu canonizzato da Papa Pio XI e, nel 2000, il Papa Giovanni Paolo II lo dichiarò «Patrono dei Politici e dei Governanti».

(aprile 2024)

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