La scienza del Rinascimento
Medici, astronomi, ingegneri: dalle «auctoritates» all’osservazione diretta del reale

Una delle cose più difficili, quando si compiono ricerche storiche, è capire in che modo devono essere intesi termini ed espressioni: così, quando diciamo che «nel Rinascimento nasce la scienza», si sarebbe portati ad immaginare che il Medioevo fosse pieno di emeriti imbecilli che si beavano della loro ignoranza, mentre nel Rinascimento sia sbocciata tutto d’un colpo una folta schiera di insigni studiosi del mondo.

Ovviamente, non v’è nulla di più sbagliato: prima di tutto, i «secoli bui» del Medioevo non furono affatto bui, ma ebbero le loro luci e le loro innovazioni, anche in campo scientifico (pensiamo, a titolo di esempio, alla Scuola Salernitana ed alle sue ricerche in campo medico e farmaceutico); in secondo luogo, proprio le scienze occulte medievali prepararono l’avvento della scienza moderna: dall’alchimia prese avvio la chimica, dall’astrologia si distaccò l’astronomia – gli scopi erano diversi, ma gli esperimenti sui metalli per farvi scaturire l’oro o l’osservazione dei moti degli astri per scorgervi previsioni per l’avvenire denotavano già un approccio di tipo empirico, che è il primo passo per l’acquisizione di un sapere scientifico inteso in senso moderno.

Piuttosto, ciò che cambiò radicalmente in Occidente fu l’orientamento della ricerca, che si spostò dalla consultazione acritica delle «auctoritates» all’esame diretto della realtà. Si cominciò ad indagare il mondo che ci circonda, le cose accanto a noi, senza la mediazione degli antichi.

Facciamo un esempio, per spiegarci meglio. Se ci chiedessimo quante zampe ha una mosca, la cosa più logica da fare sarebbe prenderne una e contare le sue zampe: scopriremmo così, senza margine di errore, che le zampe sono sei. Invece Alberto Magno, un famoso saggio del Duecento, non la pensava affatto così: dovendo parlare della mosca in un suo trattato, affermò tranquillamente che aveva otto zampe, perché così era scritto (probabilmente per un errore) in un altro trattato, quello del grande filosofo e scienziato greco Aristotele; non gli era mai passato per la testa di controllare su una mosca la verità di quanto diceva. E il suo non era un caso isolato.

Gli intellettuali del Medioevo riconoscevano che i dotti dell’antichità greco-romana erano superiori a loro, e di molto: ne conseguì che tutto, ma proprio tutto quello che avevano detto doveva per forza essere vero. Controllarne la veridicità equivaleva ad insultarli. Aristotele, poi, godeva di un’autorevolezza addirittura maggiore di quella del Vangelo. Aveva detto che gli organi interni dell’uomo e quelli del maiale sono identici? Allora, doveva essere vero. Dovranno passare secoli prima che ci si accorga che non è così.

(Una simile mentalità è ancora ben viva: molte persone, dovendo documentarsi per qualche ricerca, ricorrono alle «social encyclopedias» su internet anziché ai testi di persone competenti conservati nelle biblioteche, cosicché danno fede alle parole di perfetti sconosciuti che non hanno dalla loro parte neppure il prestigio delle antiche «auctoritates»).

Era stata l’arte ad andare per prima alla scoperta della natura, ed un simile realismo lo si nota già con Giotto (fine del XIII – inizi del XIV secolo). Seguendo il suo esempio, i pittori avevano cominciato a dipingere le scene dei loro quadri con più aderenza alla verità, preoccupandosi delle proporzioni e adottando una tecnica nuova, quella della prospettiva. Gli oggetti e gli uomini non venivano più dipinti in modo fantasioso, grandi se erano importanti e piccoli se erano secondari, ma erano posti alla distanza e nell’angolazione giusta per riprodurre più fedelmente la realtà.

Questo sforzo di andare a scoprire in prima persona come fosse davvero la realtà, lo troviamo agli inizi del XV secolo anche negli uomini di scienza: finalmente essi si sentivano spinti a conoscere il mondo e le creature che lo popolavano. I filosofi non si dedicavano più a dispute lunghissime su problemi di poca o nessuna importanza pratica, chiedendosi ad esempio se gli angeli sono maschi e femmine, o se un topo che mangia l’ostia consacrata ha fatto la comunione. I matematici applicarono le leggi del calcolo a problemi pratici, come il commercio: un celebre trattato del tempo, l’Aritmetica di Treviso, porta nell’introduzione una frase dell’Autore che afferma di aver scritto il libro perché serva «ad alchuni zovani a mi molto dilectissimi, li quali pretendevano a dover fare la mercandantia» – si tratta cioè di quello che oggi definiremmo un manuale di computisteria.

Anche la tecnica andava facendo progressi: oltre alla forza animale meglio sfruttata con nuovi finimenti, si cominciò ad utilizzare l’energia naturale dell’acqua e del vento; particolare successo ottenne il mulino ad acqua a ruota verticale, introdotto in Francia intorno al 500, in Gran Bretagna nell’838 e in Scandinavia intorno al XII secolo. Si iniziò a costruire delle pompe aspiranti che facilitavano la bonifica delle paludi. Si diffuse l’acciaio: oltre ai centri siderurgici indiani di Mysore e Aiderabad, sorsero quelli arabi di Baghdad e Ispahan e quindi quelli di Solingen e Passau in Germania, Siviglia e Toledo in Spagna. A Siegen, nella Ruhr, all’inizio del XIII secolo venne prodotta per la prima volta la ghisa. La prima gru, di legno, venne costruita a Luneburg, in Germania, nel 1330. Alle fabbriche di armi si richiedevano nuovi sistemi di fusione dei metalli perché le continue guerre imponevano l’uso di armature robuste, di cannoni che non si fondessero col calore, di picche ben temprate.

Ma le scienze che progredirono di più furono quelle riguardanti direttamente l’uomo e la natura: anatomia e medicina, zoologia e botanica. Non vi furono molte scoperte vere e proprie, nulla di veramente sbalorditivo, ma accadde qualcosa di importanza maggiore: mutò la mentalità degli uomini di scienza di fronte ai problemi da affrontare. Durante il lungo millennio medievale, le scienze in Occidente avevano languito perché la convinzione che non si potesse sapere di più dei maestri dell’antichità aveva impedito l’affermarsi di nuove idee. Adesso, finalmente, tirava un’aria nuova: per la prima volta i dotti si dedicavano alla ricerca non per fare un inutile sfoggio di saggezza libresca, ma per ottenere dei risultati che potessero aumentare le conoscenze realmente utili all’uomo.

Leonardo da Vinci (1452-1519) rappresenta il prototipo dell’uomo di studi del Rinascimento, per il quale ogni ramo della scienza era un mondo da scoprire: compì dissezioni anatomiche, osservò gli strati geologici del suolo, studiò l’anatomia e la fisiologia vegetale, costruì una camera oscura e ne intuì la somiglianza con l’occhio umano...

Non fu un esempio isolato. Ne citeremo alcuni tra i più importanti, perché anche un semplice elenco di tutti occuperebbe svariate pagine.

Gutenberg inventò i caratteri mobili da stampa (1440): fu una scoperta fondamentale per l’avvenire delle conoscenze scientifiche, che non saranno più il privilegio di pochi, anche se per l’acquisizione di un sapere diffuso occorreranno ancora alcuni secoli.

Temone, un fisico tedesco, già nel Trecento stabilì che «l’acqua non può innalzarsi sopra il livello d’origine»: dimostrava così che le sorgenti non sono costituite da acqua che sale dalle profondità della Terra, ma nascono dal rifluire dell’acqua piovana. Luca Pacioli di Arezzo pubblicò il trattato Summa de Arithmetica, in cui applicava il calcolo algebrico alle figure geometriche (1494). Christopher Rudolf introdusse l’uso della «virgola» nel calcolo aritmetico (1530).

Il progresso della matematica ebbe come conseguenza quello dell’astronomia: il Tedesco Giovanni Müller, detto Regiomontano, iniziò l’osservazione delle comete, notando quella che sarà poi detta di Halley, e compì anche i primi studi per la riforma del calendario (1472); il suo astrolabio serviva a misurare le altezze e le distanze angolari degli astri. Mentre Niccolò Copernico (1473-1543), astronomo polacco e professore di matematica e astronomia, dopo avere frequentato le Università di Bologna, Padova e Ferrara, stabilì – in antitesi con le posizioni dell’antico Tolomeo – che il Sole è il centro di un sistema ruotante del quale fanno parte la Terra e gli altri pianeti: lo capì passando notti e notti a fissare gli astri, calcolando, guardando, scrivendo; non era una teoria nuova, era già stata prospettata da Aristarco di Samo nel 280 avanti Cristo e ripresa poi da Leonardo da Vinci; Copernico ne parlò soltanto nel suo classico trattato De revolutionibus orbium, la cui prima copia gli venne recata sul letto di morte, nel 1453, e che fu accolto con scetticismo dai primi che lo lessero – ma esso segnò la nascita della nuova astronomia, una vera rivoluzione.

La medicina, lo abbiamo ricordato più sopra, compì grandi passi. Si tratta di una delle scienze più antiche: il primo testo medico sembra risalire alla metà del III millennio avanti Cristo, in Cina. In Egitto e in Grecia essa fu particolarmente in auge: ancor oggi i medici iniziano la professione pronunciando il famoso «giuramento di Ippocrate», che li vincola a fare tutto il possibile per salvare le vite umane (per questo sono esentati, se lo desiderano, dall’obbligo di praticare aborti che – essendo soppressioni di vite umane – contraddicono il loro giuramento). La medicina moderna nacque nei Paesi Islamici con i trattati di Mosè Maimonide e di Averroè. La prima dissezione di cadaveri (operazione considerata sacrilega) venne permessa da Federico II nel 1240, fu poi praticata da Gian Galeazzo di Santa Sofia, un medico padovano, agli inizi del XV secolo, e Bartolomeo da Varignana eseguì nel 1302 a Bologna la prima autopsia medico-legale: erano cose vietate dalla religione islamica ed una delle cause del superamento dei pur floridi Paesi del Levante da parte dell’Occidente. Alessandro Achillini, di Bologna, medico e filosofo, nel XV secolo scoprì l’incudine e il martello, minuscoli ed importanti ossicini dell’orecchio medio, e studiò la circolazione sanguigna; egli osò criticare le teorie di Galeno (il più grande medico greco dopo Ippocrate, morto più di mille anni prima). La tecnica della dissezione venne studiata dal 1489 al 1510 da Leonardo da Vinci, che illustrò le spiegazioni con disegni dello scheletro, dei muscoli e dei nervi. A Padova Alessandro Benedetti fece costruire nel 1493 il primo teatro anatomico e tentò la conservazione a secco dei muscoli e dei vasi sanguigni. Il primo ministero di Sanità Pubblica venne costituito a Venezia nel 1495. Vesalio, uno scienziato e medico fiammingo, aveva notato che nelle lezioni tenute nelle Università il professore si limitava a leggere i libri di Galeno, mentre l’alunno doveva seguire sul corpo umano la descrizione, e a sezionare il cadavere erano deputati i «barbieri»; Vesalio prese invece a dissezionare i cadaveri, li studiò, notò com’erano fatti, e il libro che pubblicò, il De humani corporis fabrica libri septem (1543) fu frutto delle sue esperienze – nacque con lui la chirurgia, sia pure una chirurgia primitiva. L’Italiano Girolamo Fracastoro, nato a Verona nel 1483 da una famiglia patrizia che aveva già protetto medici eminenti, studiò a Padova e si occupò di quasi tutte le malattie: il Medioevo e il Cinquecento furono pieni di epidemie, delle quali la più temuta era la peste (pesti famose sono state quella del 1348 che ha dimezzato la popolazione europea, e quella del 1476 che ha mietuto migliaia di vittime); il Fracastoro studiò non solo la peste, ma anche il tifo che si diffondeva in un baleno, la sifilide (scrisse un buon poema intitolato Syphilis, sive de morbo gallico nel 1521) e avanzò l’idea della malattia contagiosa, ne ricercò anche le cause, dimostrò come la guerra e la fame determinassero l’insorgenza e la diffusione di queste gravi malattie. Lo Spagnolo Serveto scoprì invece la circolazione del sangue che verrà più tardi ristudiata e chiarita.

Autopsia rinascimentale

Un'autopsia rinascimentale fatta coi metodi di Varignana

Lo «spirito rinascimentale» spinse anche i principi ad incoraggiare le scienze: Enrico il Navigatore, Re del Portogallo, fondò a Sagres un istituto di ricerche zoologiche e botaniche. Alla metà del Cinquecento a Norimberga, città nota per la fabbricazione di strumenti scientifici e chirurgici, apparì chiara l’importanza di poter disporre di strumenti adatti e perfezionati per la ricerca scientifica.

Certo, non bisogna far lo sbaglio di credere che tutti gli studiosi fossero diventati da un giorno all’altro degli scienziati nel senso moderno della parola. La scienza e la magia si compenetravano e confondevano ancora: sebbene gli intellettuali italiani avessero mezzo secolo e più di vantaggio sui loro corrispettivi transalpini, il Poggio si compiaceva di portenti come quelli di cavalli senza testa che andavano da Como in Germania o di tritoni barbuti che sorgevano dal mare per afferrare le belle donne ch’erano sulla spiaggia, il Machiavelli ammetteva la possibilità che l’aria fosse popolata di spiriti e dichiarava la propria convinzione che i grandi avvenimenti fossero annunziati da prodigi, profezie, rivelazioni e segni della volta celeste; in quanto a Marsilio Ficino, scrisse in difesa della divinazione, dell’astrologia e della demonologia. Gli esempi potrebbero continuare ancora a lungo. Non sono certo edificanti, come non fu edificante la difesa a spada tratta che fu fatta da alcuni (e dalla superstizione popolare) delle idee e teorie delle «auctoritates», anche quando esse risultavano del tutto superate. Ma bisogna tener conto che, nel clima dell’epoca, ci voleva un grande coraggio, ed anche una grande umiltà, per convincersi che le vecchie basi, su cui la scienza era stata fondata per secoli, non reggevano più. Non doveva essere facile persuadersi che molto di ciò che si riteneva per vero era da rivedere e da correggere. Attraverso molti errori, e con idee che oggi ci possono sembrare assurde od infantili, ci furono uomini che intrapresero l’avventuroso viaggio nel mondo della scienza. Il loro lavoro, anche quando portò a risultati sbagliati, aprì la strada su cui avrebbero poi progredito gli scienziati moderni, quelli che hanno gettato le basi delle attuali conoscenze umane. Era l’inizio di una strada destinata a divenire, col tempo, sempre più ampia.

(dicembre 2015)

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