Una drammatica testimonianza sulla
persecuzione del Falun Gong in Cina
Cronaca di un assurdo massacro
La Storia, checché ne dica qualcuno, non è fatta di cifre, ma di uomini, di singoli individui. Eppure, a volte le cifre lasciano sgomenti. Quelle che ho sott’occhio riguardano le vittime di alcuni regimi comunisti succedutisi nel secolo appena concluso (i dati sono stati raccolti dal professor Ennio Apeciti per il corso Storia della Chiesa 1, Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano, Anno Accademico 2009-2010, pagina 105): in Russia, a causa delle «purghe staliniane», Solgenitsin ha parlato di circa 60 milioni di vittime; in Cambogia, tra il 1975 ed il 1979 i Khmer rossi eliminarono quasi 3 milioni di Cambogiani, su una popolazione di circa 7 milioni di abitanti. Ma questo è ben poca cosa rispetto al genocidio attuato nella Cina comunista, genocidio sul quale possediamo solo dati approssimativi: nella prima fase della rivoluzione comunista in Cina (1949-1958) ci dovrebbero essere stati 50 milioni di morti e 30 milioni di contadini deportati in campi di concentramento (20 milioni circa vi morirono); nella seconda fase (1958-1960, quella del «Balzo in avanti») ci furono 50 milioni di morti di fame a seguito dell’espropriazione della terra ai contadini. Nella terza fase (1966, Rivoluzione culturale-1976, morte di Mao) la cifra è assolutamente discordante: dai 10 ai 70 milioni di morti. Quest’ultima è la più vicina alla realtà, perché computa pazzi, lebbrosi, sciancati gravi, ciechi, drogati all’ultimo stadio, eccetera che sparirono improvvisamente dalla Cina dal 1971. Tuttora però, nella Cina del XXI secolo, vi sono persone (milioni di persone) che vengono torturate e non di rado uccise. Qui di seguito parleremo di uno sterminio inconcepibile ed assurdo nella sua inutilità, quello dei praticanti del Falun Gong.
La Falun Dafa (Pratica della Ruota della Legge), o anche Falun Gong (Il Qigong della Ruota della Legge), è un movimento filosofico cinese fondato da Li Hongzhi nel 1992, una pratica che si propone di purificare corpo e mente attraverso cinque esercizi, di cui quattro con movimenti lenti ed armoniosi ed un quinto di meditazione. I praticanti cercano di migliorarsi, mettendo in pratica nella vita quotidiana i principi di Zhen (verità, autenticità), Shan (compassione, benevolenza, senso dell’umanità) e Ren (tolleranza, pazienza, sopportazione). Si richiede ai praticanti di comportarsi onestamente, di non rispondere quando si è offesi, di dedicare la massima attenzione al miglioramento della natura del cuore e della mente.
Le pratiche di Qigong erano state inizialmente proibite e represse, essendo considerate feudali e superstiziose durante la Rivoluzione Culturale. È in un contesto di allentamento delle regole economiche, subito dopo le prime riforme liberali e con le prime apparizioni del fenomeno della disoccupazione, che il Qigong comparve nuovamente in Cina. Le autorità cinesi lo trovarono un buon metodo per proporre la cultura cinese e parteciparono alla sua promozione.
Nel 1992 Li Hongzhi presentò al grande pubblico la Falun Dafa. Per sette anni le autorità cinesi rimasero indifferenti riguardo al movimento e nel 1995 Li Hongzhi cominciò a diffondere il movimento all’estero. Allora le autorità iniziarono a preoccuparsi dell’ampiezza del fenomeno, dato che il numero dei praticanti crebbe fino a divenire quasi il doppio di quello degli iscritti al Partito Comunista Cinese e continuava ad incrementarsi velocemente.
Dal 1996, iniziarono le molestie nei confronti dei praticanti ed il Governo fece vietare i libri del Falun Gong che inizialmente erano stati pubblicati da enti governativi; contemporaneamente apparvero sui media i primi articoli critici contro il Falun Gong.
Il 25 aprile 1999, in seguito ad arresti di praticanti del Falun Gong avvenuti a Tianjin, circa 10.000 membri del Falun Gong organizzarono una manifestazione davanti alla sede del Governo cinese. Una delegazione venne ricevuta da Zhu Rongji, primo ministro del Consiglio di Stato della Repubblica, che diede ampie garanzie ai delegati. La manifestazione si sciolse e tutti tornarono alle proprie abitazioni.
Il 20 luglio 1999 il Presidente Jiang Zemin affermò che il movimento rappresentava una minaccia alla stabilità sociale e politica della Cina, lanciò una campagna di repressione su grande scala e istituì l’Ufficio 610, la cui organizzazione e lo status extra-costituzionale erano simili al Comitato Centrale della Rivoluzione Culturale, oppure alla Gestapo nazista, e il cui compito principale era quello di sradicare il Falun Gong. Il Partito Comunista Cinese affermò che la pratica aveva spostato il suo obiettivo dalla coltivazione spirituale al movimento politico, basando questa affermazione sull’esistenza di numerosi siti web di sostegno al Falun Gong: ma gli insegnamenti del Falun Gong proibiscono qualunque attività politica e i praticanti hanno sempre affermato di non essere interessati al potere.
Nell’ottobre 1999 una legge legalizzò la repressione e rese illegali tutte le organizzazioni definite eretiche.
Il 23 gennaio 2001 cinque pseudo-praticanti del Falun Gong si auto-immolarono con il fuoco nella piazza Tienanmen. Tra queste una bambina di 12 anni, Liu Siyang, che morì due mesi dopo per le ferite riportate. Fece in tempo a denunciare le manipolazioni che Li Hongzhi avrebbe fatto nei confronti della madre, che morì lo stesso giorno del rogo. Il movimento del Falun Gong sostiene che è stata una messa in scena da parte del regime cinese e ci sono numerose prove a sostegno di questo.
Non è possibile determinare con precisione quante siano state le vittime della repressione del Falun Gong, vista l’impossibilità di fare investigazioni accurate nei campi di detenzione. Inoltre, le fonti sulla persecuzione del Falun Gong provengono per la massima parte dal Falun Gong stesso, cosicché è ancor più difficile disporre di notizie obiettive sul fenomeno. Le morti di migliaia di persone aderenti al Falun Gong nelle carceri sono dovute secondo i sostenitori del Falun Gong alle torture perpetrate dalle guardie carcerarie (si parla di scariche elettriche, aborti procurati, alimentazione forzata e centinaia di altre sevizie, come in un immenso museo dell’orrore). Le autorità cinesi sostengono che queste morti sono frutto dei suicidi o del rifiuto di cure mediche e di cibo da parte dei praticanti.
La persecuzione del Falun Gong è denunciata (tra gli altri) da Amnesty International, Human Rights Watch, Freedom House, la Commissione Diritti Umani dell’ONU, Reporters sans frontières, Nessuno tocchi Caino, l’MRAP e anche dalla Fondazione Laogai, dai Governi degli Stati Uniti, del Canada, della stessa Unione Europea.
La resistenza dei praticanti del Falun Gong è pacifica, e impiega mezzi di comunicazione moderni con lo scopo di affermare lo slogan: «Falun Dafa è Bene». I praticanti del Falun Gong sono identificabili dai colori del loro abbigliamento: le T-shirt gialle, le giacche a vento azzurre, le sciarpe azzurre o gialle.
Il Partito Comunista Cinese accusa il movimento di avere un culto di venerazione per Li Hongzhi, e rimprovera delle credenze superstiziose. In effetti, Li Hongzhi sostiene che i praticanti del Falun Gong hanno la facoltà di levitare, afferma la presenza di esseri venuti da altri pianeti, che sarebbero responsabili di certe invenzioni come i computer e gli aerei. Per quanto queste idee possano essere quantomeno bizzarre, questo basterebbe a giustificare uno sterminio di massa? Chiunque, in Occidente, rimarrebbe inorridito! Per il resto, Li Hongzhi sostiene che l’omosessualità, la pornografia, l’uso di sostanze stupefacenti e il crimine sono di ostacolo all’acquisizione della virtù morale.
L’accusa più grave al Falun Gong riguarda il disinteresse verso i medicinali: gli scritti del movimento indicano che la pratica del Falun Gong ha un effetto terapeutico sufficiente e che se qualcuno pratica veramente il Falun Gong non avrà più bisogno di medicinali. Il Governo cinese stima che il Falun Gong sia responsabile della morte di almeno 1.600 persone, convinte a non prendere medicine e a praticare il suicidio in carcere; ma nessuna denuncia formale è stata mossa al Falun Gong su questo punto.
Presentiamo qui di seguito la testimonianza di Dong Jingzhe, una designer di pubblicità di 30 anni che a causa della sua appartenenza al Falun Gong è stata arrestata al suo posto di lavoro dalla polizia di Jixian, nella città di Shenyang, e condannata a due anni di lavori forzati da scontare al Campo di lavoro di Longshan, dov’è arrivata il 4 luglio 2001. Le autorità l’hanno rilasciata il 30 dicembre dello stesso anno, quando si trovava in punto di morte nell’Ospedale della Prigione di Dabei, dopo sofferenze inaudite. Il racconto di Dong Jingzhe sulla sua terribile esperienza al Campo di lavoro di Longshan è stato pubblicato sul sito internet del Falun Gong it.clearharmony.net:
«Dopo aver sopportato il lavaggio del cervello, la privazione del sonno e l’essere forzata a rimanere accovacciata per lunghi periodi di tempo, per costringermi a rinunciare al Falun Gong, il direttore del campo e il dirigente del primo Gruppo, hanno cominciato a fare pressione sui “collaboratori”» (i «collaboratori» sono ex praticanti di Falun Gong, «rieducati» attraverso il lavaggio del cervello e la tortura). «Dovevano intensificare i loro sforzi per forzare i praticanti risoluti a rinunciare al Falun Gong. Li Fengshi ordinò loro di affrettare la trasformazione su di me. Dopo di che, quaranta o cinquanta “collaboratori”, hanno iniziato a maltrattarmi a gruppi, ogni turno durava circa un’ora.
Una ventina di loro mi giravano intorno e mi attaccavano, urlando e minacciando. In quel caos, mi ordinarono di accovacciarmi, poi si sedettero tutt’intorno a me. Mi rifiutai di eseguire l’ordine, ma mi spinsero violentemente, obbligandomi ad assumere la posizione rannicchiata.
Nella notte del 6 luglio 2001, più di una dozzina di loro mi forzarono ad accovacciarmi.
I miei persecutori, da ambo i lati, premettero le mie spalle verso il basso, una persona dietro di me tirava la mia testa verso l’alto; quella davanti a me ha afferrato il collo; due di loro tenevano le mie gambe allargate nei due lati e qualcun altro teneva immobilizzati i miei piedi; da dietro, mi tiravano verso l’alto le braccia. In quel momento credevo che le giunture delle braccia, i polsi e le caviglie fossero rotti.
Dong Jingzhe, dopo il rilascio, ricostruisce le torture a cui fu sottoposta
Più tardi, le braccia e le gambe diventarono completamente intorpidite. Il mio collo era saldamente serrato, ero imbavagliata e vomitavo in continuazione, ma i miei carcerieri non si sono fermati. Soffrivo terribilmente, con grandi sforzi cercavo di parlare.
Faceva molto caldo e il sudore colava copioso; quella cella era piena di persone e la porta ermeticamente chiusa. Con le gambe tirate verso l’esterno e i piedi girati verso l’interno, la torsione dei piedi raggiunse l’estremo, provocando, più tardi, la rottura di una stringa.
Il 10 luglio 2001, mi sentivo stordita, perché privata del sonno da parecchi giorni. L’assistente del dirigente del terzo Gruppo entrò nella Cella Orientale Numero 3. Mi indicò e si mise a urlare con i “collaboratori”, “Guardate là! Non funziona così! Voi dovete farcela, svelti!”. Immediatamente, i miei aguzzini chiusero la porta e mi forzarono nuovamente nella posizione accovacciata. Le braccia tirate in alto dietro di me, le gambe allargate verso l’esterno e i piedi torti all’interno, poi mi imbavagliarono con un asciugamano, per impedirmi di urlare. I miei aguzzini spinsero la mia testa con forza, finché la faccia non toccò il pavimento di cemento. Molte giunture in tutto il corpo si lussarono. Infine mi coprirono con una trapunta.
Dong Jingzhe, dopo il rilascio, ricostruisce le torture a cui fu sottoposta
Nella cella, la temperatura era molto elevata, sotto alla trapunta, in quella posizione dolorosa, mi sentivo soffocare. I vestiti si conficcavano nel corpo e i miei capelli erano bagnati, come se li avessi appena lavati. La mia testa era stordita e ho avuto una congestione. Ero quasi priva di sensi, la mia bocca ed il naso erano semibloccati e stavo soffocando. Mi minacciavano e bestemmiavano, i torturatori che mi bloccavano non mi consentirono di muovermi. Avrei preferito morire piuttosto che continuare a vivere in quella situazione, la mia volontà era quasi spezzata. Un’ora dopo, le mie gambe erano ancora insensibili e non ero in grado di camminare. La testa era tutta un dolore, mi avevano strappato molti capelli, il cuoio capelluto era lacerato e qualche giorno più tardi si sarebbero sviluppate un’infinità di croste. Una contusione all’occhio destro mi causò un gonfiore impressionante.
In generale, la mia volontà di vivere era molto forte, ma queste torture provocarono in me il desiderio di morire. Se non avessi avuto bene impressi nella mente i principi della Falun Dafa, che vietano ogni tipo di uccisione, suicidio incluso, mi sarei suicidata.
Alla fine di luglio del 2001, Zhao Yan, il capo del secondo Gruppo mi trasferì alla Sezione Occidentale Numero 2, perché i prigionieri della Sezione Orientale Numero 3 cominciavano ad avere chiara in mente la differenza tra il bene e il male, rifiutandosi di torturare i praticanti di Falun Gong, agli ordini dei dirigenti del campo. Un “capo-squadra” mi assicurò in un colloquio, che nella Sezione Orientale Numero 3, non avrebbero più picchiato nessun altro. Dopo questo, la sezione fu svuotata ed i prigionieri inviati nella Sezione Numero 2.
Il 7 agosto 2001, l’assistente del comandante di sezione, Li Yuansheng, mi forzò ad accovacciarmi accanto alla porta del suo ufficio, dopo avermi privata del sonno per 24 ore. Quando gli chiarii la verità, cominciò a gridare e mi afferrò la testa. Usando un libro, mi picchiò sulla faccia più di una dozzina di volte, causandomi un immediato rigonfiamento. Appena tornati alla mia cella, egli chiese la collaborazione ai detenuti, quindi afferrò i miei capelli e iniziò a sbattere la mia testa contro il pavimento di cemento, poi picchiò nuovamente la mia faccia con un libro, più di una dozzina di volte, lasciando la mia faccia insanguinata e la mia fronte tumefatta.
Nella prima metà del dicembre 2001, avendo sperimentato il tormento fisico e mentale per lungo tempo in quel campo, cominciai a soffrire per forti dolori al sistema nervoso, mal di denti e vomito. Il lato destro della mia faccia si era gonfiato in modo preoccupante ed ero incapace di mangiare. Il 20 dicembre 2001, la sezione medica del campo mi fece una trasfusione di sangue e mi diagnosticò un’insufficienza renale.
Il direttore Li Fengshi, ordinò al suo assistente, che dirigeva il primo Gruppo, di portarmi all’Ospedale della Prigione di Dabei. Non avevo un capo di biancheria di ricambio, ma fortunatamente, gli internati nella mia sezione che conoscevano la verità sul Falun Gong mi diedero alcuni capi. Io non mangiavo da 15 giorni e perdevo conoscenza in continuazione. Gli esami medici indicarono che soffrivo di disturbi cardiaci, insufficienza renale, di un serio avvelenamento dell’urea, e mille altri problemi. Non volendo assumersi la responsabilità per la mia morte, le autorità del campo mi rilasciarono dall’Ospedale della Prigione il 30 dicembre 2001.
Dopo essere tornata a casa, ho recuperato le mie forze praticando il Falun Gong. In seguito, fui costretta a lasciare la mia casa, perché la polizia del Campo di lavoro di Longshan, nella figura del suo direttore Li Fengshi, continuava a molestarmi.
In confronto a Wang Hong e Wang Xiuyuan, torturati a morte nel campo, io ero stata molto fortunata. Gao Rongrong, quando morì, aveva la faccia devastata dalle scosse elettriche, mentre veniva torturato all’interno del campo. Io mi sentivo molto fortunata. Come persona che seguiva i principi: Verità, Compassione e Tolleranza, non avrei dovuto sentirmi fortunata per aver superato una persecuzione così severa, perché nel XXI secolo, nella Cina contemporanea, i diritti umani e le leggi dovrebbero essere protetti dalla Costituzione Cinese. Le persone buone non dovrebbero mai sopportare ciò che i praticanti di Falun Gong stanno affrontando. Ma il regime di Jiang ha manipolato le risorse della nazione intera per mantenere questi cinque anni di persecuzione del Falun Gong. Cento milioni di praticanti Falun Gong – persone gentili e cittadini esemplari – sono ancora, purtroppo, soggiogati a questa persecuzione».