Valore produttivo dei vecchi
Gli anziani visti non come un «peso», ma come un’occasione di arricchimento

La nostra società mal sopporta, anzi, non tollera l’idea di invecchiare. Per i giovani ed i meno giovani è l’anticamera della morte, non un prolungamento della vita ed è collegato all’inutile sociale, alla decrepitezza ed all’assenza di capacità.

Ogni giorno esce una statistica che ci informa del progressivo incanutire del popolo, parallelo alla denatalità, che ci rende edotti sul «peso sociale dei vecchi», sui costi divenuti un peso, poiché fuori del ciclo di produzione, ossia improduttivi. Ma, siamo certi di tutto ciò?

Nelle antiche civiltà, gli anziani, i «maiores», erano il perno su cui ruotava tutta la società. Con l’evoluzione dei tempi gli anziani hanno perso il loro prestigio. Non importa quanti sacrifici abbiano dovuto sopportare; mancando, ormai, l’energia per produrre non si è più utili.

Ricordiamo che gli anziani (o vecchi) non solo continuano ad aiutarci materialmente, ma sono, soprattutto, depositari di un ricco bagaglio socioculturale al quale continuiamo ad attingere.

Perciò massimo rispetto e grande considerazione per questa età crepuscolare della vita, che tutti siamo destinati a raggiungere, per evitare di finire come in una famosa favola: «Con una ciotola di minestra accanto al fuoco, dimenticati ed ignorati da tutti». Nel libro di James Hillmann La forza del carattere ci si svelano il significato ed il mistero della vecchiaia, che è, poi, il mistero della vita, non solo l’atto finale, ma il compimento. Le rughe sul volto non rappresentano decadimento, bensì sono «il sovrapporsi di tante maschere, quante ne può portare un uomo nel corso di una intera esistenza».

Parlare della vecchiaia per Hillmann è reintrodurre nel pensiero l’esatto concetto di «carattere» che corrisponde alla «forma» nell’accezione aristotelica del termine e, come per Tommaso, l’essenza stessa della nostra personalità. Egli ha uno stile narrativo tale che le sue pagine divengono «immagini». Ciò è conoscenza immaginativa ed esperienza di cose ed idee.

Così come Platone e lo Stagirita ancora concepivano la conoscenza perfetta, superiore e salvifica del divino, propria degli gnostici.

Hillmann, oggi, si potrebbe definire il patriarca della psicanalisi, invece ne è l’eversore, il ribelle.

Dalla lettura junghiana dei miti, giunto ad una personale riconsiderazione della tradizione, ridà ai miti il loro esatto significato.

Tralasciando Jung e Freud e seguendo i grandi filosofi greci, ha riscoperto il senso estetico della conoscenza, amore per la poesia e per i suoi poeti preferiti: Elliot, Yeats, Goethe, continuamente citati nei suoi scritti.

La sua lotta contro gli «spacciatori di materialismo», la droga che distrugge la nostra epoca, la ricerca che tende a dar risposta a quel senso terribile di morte, di terrore che oscura la nostra cultura.

In America è stato soprannominato lo «Stregone» e la nostra cultura avrebbe bisogno di tale Maestro.

Ciò che ho letto mi ha, profondamente, colpita. Il mio spirito ha ricevuto una forte sferzata. La vecchiaia è bella!

Ora so che i ricordi del mio passato saranno i miei migliori amici che mi condurranno, piano piano, al completamento di una vita vissuta con gioie e dolori, verso un’esplosione di luce ed infinita pace!

(giugno 2014)

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