Cenni di storia del ricamo
Una tecnica che si è trasformata in arte raffinata

Trattando dei temi legati all’abbigliamento e alla moda, si rischia di passare sotto silenzio qualcosa di assai importante, una tecnica che è diventata col passare del tempo un’arte estremamente complessa e raffinata: quella del ricamo. Sebbene oggi gli articoli ricamati siano entrati negli usi del pubblico più vasto (contribuendo all’evoluzione del lavoro manuale, denso di tradizione, e allo sviluppo di un’industria vera e propria che impiega macchine adatte allo scopo), il ricamo è nato probabilmente dal desiderio degli uomini di differenziarsi mettendo in risalto il proprio abbigliamento, personalizzandolo: ecco perché il ricamo ha rappresentato per lungo tempo un segno di distinzione della gente di Corte, dei vari sovrintendenti o del clero.

È verosimile che gli uomini della Preistoria, che amavano adornarsi con gioielli, abbiano anche avuto abiti con elaborati ricami, magari con valore magico. Ma i riscontri archeologici permettono di far partire la storia del ricamo solo in epoca storica dall’Egitto, dove gli scavi effettuati hanno dimostrato che quest’arte era già nota 3.000 anni fa. Anche i Babilonesi, i Fenici e gli Ebrei eseguivano ricami: essi ne adornavano le loro vesti e propagavano quest’abilità a tutti i popoli assoggettati e a quelli con cui operavano scambi commerciali. Gli Etruschi dimostrarono una bravura particolare, dal momento che impreziosivano i ricami più fini con fili d’oro e d’argento.

Per lo sviluppo del ricamo in Europa è stata determinante l’influenza moresca: è stato infatti attraverso la Sicilia e la Spagna, terre di insediamento arabo nei secoli di mezzo dell’Era Volgare, che l’arte del ricamo prese piede in Francia e, da qui, in Inghilterra; esperti linguisti ritengono che la terminologia francese ed inglese utilizzata nel settore del ricamo affondi le sue origini proprio nella lingua araba.

Nel Medioevo si assistette ad un rapido incremento del ricamo grazie all’espansione del commercio ed alla conseguente circolazione monetaria. I borghesi e i ricchi mercanti non volevano rinunciare al lusso di abiti ricamati come quelli dei nobili, e in più le massime figure della Chiesa diventarono clienti di questo settore in misura sempre crescente.

Il Rinascimento diede un ulteriore impulso all’arte del ricamo: oltre agli abiti, esso trovò infatti impiego in nuovi campi di applicazione, quali gobelin, merletti, tovaglie, tendaggi e coperte, rinnovando lo stile della vita del tempo. In ogni Paese d’Europa, personaggi influenti diedero al ricamo una particolare impronta di sviluppo: in Francia fu Colbert, Ministro del Re, a fondare la scuola di ricamo di Alençon, che pose le basi per un’espansione sistematica del ricamo in Francia; nel 1517 l’Inghilterra fu teatro di un’insurrezione delle ricamatrici immigrate; sempre in Inghilterra, con l’abolizione del blocco delle importazioni per i ricami, avvenuto durante il regno di Enrico VIII, le importazioni subirono un incremento tale da preoccupare intensamente il Ministro delle Finanze sotto Elisabetta I per il continuo deflusso d’oro registrato in quell’epoca; durante il regno di Caterina II di Russia, Pietroburgo assistette alla nascita di dodici aziende di ricamo, la cui produzione veniva interamente assorbita dalla Corte Imperiale.

Tra il 1597 e il 1640 visse colui che era destinato a diventare il Santo protettore dei ricamatori, San Francesco Regis: rampollo di un’antica famiglia nobile della Francia Meridionale, percorse la sua patria come messaggero della Compagnia di Gesù. Non era soltanto un uomo pio, ma anche pratico del mondo ed amante dei bei pizzi. Quando le ricamatrici d’Alvernia rischiarono di perdere il posto di lavoro per una disposizione poco felice dovuta alla miopia dei loro governanti, Francesco Regis le rassicurò: «Abbiate fiducia in Dio; il pizzo non perirà!». Dopo oltre 300 anni queste parole sono rimaste vive attraverso i tempi, e per di più hanno mostrato molte volte la loro esattezza.

Anche l’opera lirica si è in qualche modo interessata al ricamo: Mimì, l’indimenticabile protagonista de La Bohème di Puccini, ragazza dolcissima e sensibile, è infatti una ricamatrice.

Il ricamo in Svizzera risale all’anno 1801. Si sviluppò grazie all’influenza operata dai commercianti genovesi e dalla produzione artigianale dei tessuti; questo ricamo manuale venne accolto nella zona di Appenzell e da lì si propagò nel mondo con il nome di «ricamo di Appenzell». Nella seconda metà del secolo alcuni profughi francesi fondarono diverse aziende di ricamo anche nella zona del Giura: il centro della produzione venne stabilito a Neuenburg, che fece un’accesa concorrenza a Bruxelles e a Bruges. Ma con il passare del tempo l’industria elvetica del ricamo si concentrò sempre più nella Svizzera Orientale, centro dell’industria tessile, con San Gallo come nucleo principale. Proprio qui avvenne la prima applicazione del «ricamo delle macchine a mano» grazie a Josua Heilman di Müllhausen, che nel 1829 vendette qui due esemplari di macchina di ricamo a mano da lui ideata. Seguì il «ricamo a navette» e il «ricamo a punto catenella» finché il «ricamo a navette» sorpassò le altre tecniche: i suoi inizi risalgono agli anni Sessanta dell’Ottocento per merito dello straordinario mastro tessitore Isaak Gröbli di Uzwill (Cantone di San Gallo) che, ispirato dalle prestazioni fornite dalla macchina per cucire, si occupò per primo dell’idea di una macchina per ricamo operante mediante navette. La ditta Benninger di Uzwill fu la prima a mettere in pratica la geniale invenzione, seguita dalla ditta Saurer nel 1869; altre società sfruttarono quest’opportunità ed entrarono nell’attività delle macchine da ricamo, così che nel giro di poco tempo solo in Svizzera si potevano contare ben quattordici aziende che lavoravano per conto di vari clienti. Dopo la prima crisi del ricamo, nel 1889, il numero dei fornitori scese a quattro e dopo la seconda crisi, iniziata nel 1920, in Svizzera rimase attiva solo la ditta Saurer, che continuò la produzione in questo settore. Il movimento del telaio, inizialmente gestito a mano utilizzando direttamente il pantografo seguendo il disegno originale, fu in seguito automatizzato con un dispositivo a scheda perforata in nastro continuo e infine – dal 1990 – gestito da un elaboratore elettronico, che comandava ogni singolo ago per poter utilizzare in contemporanea fili di diversa natura o colore; dal 1908 al 1990 si è sviluppato anche un sistema di macchine multitesta, ottenuto collegando alcune macchine da cucire tradizionali a braccio servite da un telaio orizzontale unico: sono dedicate a ricami da eseguire su capi tagliati o già confezionati e sono particolarmente utili nelle piccole quantità di ricami elaborati con un elevato numero di colori. Oggi nel mondo esistono solo due aziende che producono macchine da ricamo e sono la Saurer e la Laesser; una terza, la Comerio Eredi di Busto Arsizio, ha cessato la produzione recentemente.

La vicinanza con la Confederazione Elvetica, patria del ricamo e Paese guida in fatto di ricerche in questo campo, può aver in qualche modo creato le condizioni storiche perché quest’attività trovasse sviluppo nei territori fra Busto Arsizio e Gallarate. Risulta che, proprio a Gallarate, sorse la prima azienda italiana per ricamo a macchina nell’anno 1872, attività impiantata da Francesco Reiser, cittadino svizzero del Cantone di San Gallo; questa società comprendeva dieci macchine da ricamo a mano che erano state importate in Italia appunto da San Gallo. Fino al 1908, l’azienda continuò la propria attività aprendo anche alcune succursali in zona; dopo la chiusura della fabbrica le macchine da ricamo installate furono cedute agli operai dell’azienda e quindi, attraverso questa distribuzione, iniziò nella Penisola la diffusione dell’industria del ricamo a macchina.

Abiti ricamati 1

Abiti ricamati in una mostra sul tema a Busto Arsizio (Italia); fotografia di Simone Valtorta, 2013

Abiti ricamati 2

Macchina da cucire ed abito ricamato in una mostra sul tema a Busto Arsizio (Italia); fotografia di Simone Valtorta, 2013

Attualmente il settore del ricamo italiano assume una particolare importanza nel contesto della produzione europea, potendo contare su di un numero abbastanza elevato di macchine installate. I dati che sono stati raccolti – non senza difficoltà a causa della notevole frantumazione del settore – confermano l’esistenza di circa 650 macchine funzionanti per un totale di produzione di circa 18.000-19.000 Yards per ora. Il comparto ricami, pur essendo una modesta realtà nell’ambito della produzione industriale nazionale, coinvolge un discreto numero di addetti: si considera infatti che, fra il personale diretto e l’indotto, siano interessati 4.500 lavoratori.

(marzo 2017)

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