Razzi a due e tre stadi
Pioniere dei razzi

Quando si parla di razzi, si è tentati di pensare subito al barone tedesco Wernher Von Braun, Slesiano di Wirsitz, dove nacque nel 1912. Egli, in concreto, fu uno dei capostipiti degli idealisti sognatori di compiere viaggi interplanetari. Dovette, però, adeguarsi ai dettami della vita, che gli impose il compito di studiare la missilistica con l’unico scopo di far fuori fisicamente i nemici del suo Paese.

Nei primi tentativi con il gruppo «Società per la Navigazione Spaziale» di Hermann Hobert, l’autore di un libro in cui s’ipotizzavano viaggi nello spazio, capitò un incidente che tarpò le ali al gruppo stesso. Infatti, si stavano facendo sperimentazioni sul volo dei razzi nella «Raketenflugplatz» («Aeroporto dei razzi») alla periferia di Berlino, quando uno di questi, sfuggito al controllo – guarda la scalogna – finì su un capannone proprio della polizia, incendiandolo: come conseguenza, al gruppo fu intimato di «sparire».

Dopo la laurea s’iscrisse al partito nazista che fu il trampolino di lancio per Peenemünde dove, in grotte sotterranee, si costruivano le armi V («Vergeltungwaffen», ossia «armi rappresaglia»). Quando arrivò, erano già attive le V1 lanciate contro la Gran Bretagna. Egli giunse in tempo per collaborare attivamente alla costruzione e ai lanci delle V2, che erano dei missili veri e propri, contrariamente alle precedenti, che in pratica erano solo aerei senza pilota.

Nel 1945, con circa 500 altri professionisti, si consegnò all’esercito statunitense e presto divenne il tecnico di fiducia degli USA in materia di razzi. Dopo le difficoltà e le ristrettezze iniziali, al gruppo furono forniti i mezzi necessari; questi sfociarono alla fine nella costruzione del Saturno, con il quale un equipaggio poté raggiungere la luna.

Si è detto per sommi capi che cosa abbia significato Von Braun per gli studi e le realizzazioni di missilistica puntate alla conquista dello spazio, inficiati, però, dalla sua attività in campo bellico: non c’è che dire, «di necessità, virtù!», nel senso che solamente in tal modo avrebbe potuto mettere in atto i suoi studi e realizzare i relativi progetti.

Lo studio dei razzi, come mezzi di strategie militari o di possibili viaggi spaziali, di primo acchito, sembra essere un traguardo raggiunto dalla tecnologia moderna ma, andando a rispolverare ciò che è successo nel passato, ci si accorge che qualcuno ci aveva già pensato.

Per iniziare, andando molto lontano nel tempo e nello spazio, s’incontra la Cina antica, la quale, alle tante innovazioni, scoperte, invenzioni a lei riconosciute, pare che si debba aggiungere qualcosa proprio a proposito di propulsione a razzo, anche se le notizie non sono del tutto chiare. È certo, comunque, che verso il X secolo dopo Cristo, in Cina comparvero le cosiddette «frecce razzo» a polvere nera, di cui non è noto né quando furono inventate, né da chi. Solamente nel XIV secolo, nel trattato di natura militare Huolongjing (Manuale del Drago di Fuoco) è fatta luce su tante attrezzature militari, fra cui le frecce razzo, appunto, e le mine navali, oltre che il disegno progettuale di un razzo multistadio.

In Europa, nel 1405, l’ingegnere militare tedesco Konrad Kyeser pubblicò il trattato militare Bellifortis, dove sono descritti tre diversi usi dei razzi. Nel 1420, l’ingegnere e medico veneziano Giovanni Fontana descrisse, nella sua opera Bellicorum instrumentorum liber, giocattoli a forma di animali (colombe, conigli) funzionanti a razzo e un grosso siluro sagomato a forma di mostro marino, munito di testata, chiarendo che non era esplosiva. E sembra che ne abbia pure costruito qualcuno. Andando avanti nel tempo, nel 1590 s’incontra un certo Johann Schmidlap, fabbricante di fuochi d’artificio, che si racconta abbia provato a mettere in scena una grande rappresentazione, utilizzando un sistema chiamato «razzi a gradini», di cui non si sa di più. Mentre, nel 1650 ci fu uno specialista di artiglieria dell’Europa Orientale, di nome Casimir Siemieniowicz, che nella sua opera Magnae Artilleriae Artis, Pars Prima, descrisse un razzo a tre stadi.

E questo sarebbe stato il documento più antico a riportare ragionamenti di missilistica, se non fosse successo qualcosa d’inaspettato, che ha sovvertito tutti i ragionamenti portati avanti fino allora. Infatti, ci fu qualcuno che scombussolò il tutto.

Nel 1961, l’ingegnere Doru Todericiu, studioso, storico e ricercatore rumeno, nell’Archivio di Stato di Hermannstadt, stava approfondendo la conoscenza del contenuto di un antico manoscritto di 450 pagine, redatto fra il 1529 e il 1569 che, sicuramente, era stato fino allora, se non ignorato, sicuramente trascurato. Il manoscritto, che è un vero e proprio trattato di missilistica, è formato di tre parti, di cui le prime due riguardano problemi di artiglieria e balistica, mentre la terza fa riferimento specificamente a razzi. Sicuramente la terza parte è uscita dalle mani dell’ingegnere militare austriaco Conrad Haas, delle altre due non si sa con precisione. Haas nacque in Austria, a Dornbach, nel 1529, e lavorò sotto le dipendenze dell’Imperatore del Sacro Romano Impero Ferdinando I. Più tardi, nel 1551, fu invitato dal principe Stephen Bàthory della Transilvania a Hermannstadt, dove ricoprì la carica d’ingegnere dedito alle armi e fu pure insegnante a Klausenburg.

Il documento fu scritto mentre egli si trovava nella città di Sibiu, in Romania, dove visse fino al 1570, tanto che oggi è ricordato come il «Manoscritto di Sibiu sulla missilistica». Haas non si accontentava di scrivere sui problemi legati ai razzi, ma si esponeva in prima persona facendo sperimentazioni alle quali aveva come interessata spettatrice la gente comune. E ciò dopo qualche anno da quando era giunto a Sibiu. Nel 1555 divenne famoso quando, davanti alla popolazione della città, fece lanciare un razzo (forse a tre stadi) con un risultato spettacolarmente riuscito. E questo fu il primo di una lunga serie, che durò una quindicina di anni.

Ciò che distinse Haas dai tentativi precedenti sono state le idee e intuizioni tecnologiche che, sicuramente innovative ai suoi tempi, oggi trovano riscontro per quanto attiene ai progressi missilistici moderni. Nella terza parte del manoscritto, fra l’altro, è descritto come combinare insieme ai razzi anche le armi e i fuochi d’artificio. Non mancano gli accenni ad ali stabilizzatrici a delta e a ugelli a campana.

Si possono ricordare alcune delle anticipazioni riscontrabili oggidì.

I suoi razzi a due o tre stadi, di cui un disegno mostra nella parte ogivale un alloggiamento per il pilota, erano intesi come e vere e proprie astronavi. Studiò quale carburante sarebbe stato il migliore, sì da sfruttare al massimo la spinta e di ottimizzare il consumo. Studiò pure l’uso di carburante liquido, ma non se ne conosce l’esito. Sperimentò pure l’uso della polvere pirica, tenendo conto della forma, della gittata e della funzione del razzo. Comunque, in merito al combustibile liquido, sembra corretto ricordare che solamente nel 1926 ci fu il lancio di Robert H. Goddard, che fu il primo esperimento a indicare la via per lo spazio secondo precetti moderni.

Haas era innamorato della missilistica, però tutto quanto da lui descritto doveva servire per la realizzazione di opere di bene e non di distruzione e di morte; insomma, tutto al servizio dell’umanità e non contro. Tutto ciò è stato dimostrato dal pensiero da lui messo nero su bianco: «Ma il mio consiglio è per più pace e niente guerra, lasciando i fucili in deposito con calma, così il proiettile non è sparato, la polvere da sparo non è bruciata o bagnata, quindi il principe tiene i suoi soldi, l’arsenale domina la sua vita; questo è il consiglio di Conrad Haas».

Con lo studio di Doru Todericiu, Conrad Haas dal dimenticatoio della storia è ritornato a vivere, riportando alla luce quella che fu la sua invenzione; lui, ignoto ai moderni purtroppo, aprì in anteprima sulla carta e con applicazioni pratiche, quella via verso il cielo, attraverso la propulsione a razzo, riscoperta indipendentemente da lui, da altri, molto più tardi. Fu un pioniere, non c’è che dire!

(luglio 2021)

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